Di tutte le ricorrenze religiose, la “pasqua” è di certo la più incredibile.
Nata sulla falsariga della Pesach ebraica, si innesta sui più antichi miti (pagani) di rinascita e rigenerazione, in un
bricolage di tradizioni sovrapposte a strati (come un millefoglie) che il Cristianesimo riadatta alle proprie esigenze liturgiche, trasformandole in “verità rivelate”.
Più che un “mistero della fede” costituisce uno scherzo dell’intelligenza ed una negazione costante della medesima, a dimostrazione di quanto l’illogico prevalga sul razionale nella prevalenza dell’assurdo. Non per niente, la “resurrezione della carne” costituisce uno dei fondamenti della
dottrina cristiana, perché come dice l’apostolo Paolo nella sua prima Lettera ai Corinzi: “Se Cristo non è risorto allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede”.
E dunque non è dato comprendere come un cadavere tumulato in un sepolcro, vigilato a vista da un nutrito corpo di guardia, possa resuscitare con gran fragore, annunciato da un terremoto percepito in mezza Giudea, ma non tale da svegliare
le guardie che se la dormono di grossa. Quindi, quello che prosaicamente è un morto vivente, se ne va tranquillamente a spasso tra i mortali e incontra i suoi discepoli che sulle prime non lo riconoscono (!), salvo scomparire del tutto quando tra gli scettici viene richiesta la riprova dell’avvenuta resurrezione, di cui ogni anno si celebra la ricorrenza in un giorno sempre diverso.
«Ora, nella versione originale del più antico Vangelo canonico, e cioè in Marco, la resurrezione… non c’è! Semplicemente, il racconto dice che tre pie donne si recarono al sepolcro la domenica mattina presto e “videro un giovane seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura”. Il giovane disse loro che Gesù era risorto “ed esse fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento, e non dissero niente a nessuno perché avevano paura”.
Secondo la stessa edizione ufficiale della CEI (Conferenza episcopale italiana) i dodici versetti successivi che raccontano frettolosamente le apparizioni del risorto e la sua assunzione in cielo “sono un supplemento aggiunto in seguito” (di cui esistono almeno nove versioni): il che, tradotto, significa che l’unico “fatto”, che in origine veniva riportato, era che il sepolcro era vuoto. Ammesso naturalmente che non lo fosse sempre stato.
[…] Quanto all’interpretazione che la gente dava al fatto che il sepolcro fosse vuoto, così come l’interpretazione che i cristiani diedero a questa interpretazione, esse sono entrambe riportate dal Vangelo di Matteo:
Alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: ‘Dichiarate che i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia’.
Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata tra i Giudei fino ad oggi.Matteo (XXVIII, 11-15)
In altre parole, la gente pensava che se un sepolcro era vuoto, qualcuno doveva aver portato via il corpo.»
Piergiorgio Odifreddi
“Perché non possiamo essere cristiani”
(Longanesi, 2007)
Ovviamente, tra la maggior parte dei contemporanei (e non
solo), la storiella del Risorto provocava ilarità e sarcasmi a non finire, tanto da costituire argomento conviviale da trivio; soprattutto tra i ben più smaliziati Romani che, in anticipo sui tempi, si attenevano pragmaticamente alle evidenze del Rasoio di Occam, secondo cui la spiegazione più semplice è sempre la migliore: se un cadavere scompare, è ovvio che qualcuno abbia trafugato la salma, comprando la complicità dei custodi.
Il fatto che sia stata scelta invece l’ipotesi più assurda e improbabile dimostra invece come la scala dell’evoluzione segua percorsi niente affatto lineari; così come lascia pensare su quanto un eccessivo consumo di sale e una dieta carente di proteine abbiano effetti drammatici sullo sviluppo delle capacità cognitive.
«I Cristiani credevano invece che quest’ovvia e sensata interpretazione dovesse per forza essere il risultato di un’opera di disinformazione prezzolata: come se di norma i cadaveri si alzassero e lasciassero il sepolcro da soli, e non ci volesse semmai un’opera di informazione fattuale e circostanziata per convincere qualcuno al proposito. E invece su questo evento non solo straordinario, ma cruciale per il Cristianesimo, l’informazione evangelica è estremamente fantasiosa e confusa.
Anzitutto, Gesù aveva infatti annunciato che “come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra”.
E invece i racconti evangelici sono concordi nel dire che egli morì il venerdì e risorse la domenica: dunque rimase nella tomba soltanto un giorno intero e due notti.
Evidentemente, è più facile fare miracoli e risorgere che essere in grado di contare correttamente.
Inoltre, non ci sono nei Vangeli testimoni oculare della resurrezione, né ci sono resoconti storici del “gran terremoto” che secondo Matteo avrebbe accompagnato l’apertura della tomba: tra l’altro nel suo racconto le tre donne di Marco diventano due, che invece di scappare impaurite “corsero con gioia grande a dare l’annuncio ai discepoli”.
In Luca il loro numero è cresciuto in maniera imprecisata, ma certo pari almeno a cinque (tre individuate per nome, più “altre” al plurale) e pure l’angelo si è sdoppiato. Ad aumentare la confusione, Giovanni dice che la donna era una sola […] Sulle apparizioni del Risorto, la confusione è, se possibile, ancora più grande….»
Piergiorgio Odifreddi
“Perché non possiamo essere cristiani”
(Longanesi, 2007)