Nell’Eccezione permanente di un’Italietta ormai dispersa nella sua deriva neo-weimeriana, capita che un Presidente della Repubblica, investito di poteri regali da un parlamento inconsistente, blindi un governo che non dispone più di una maggioranza certificata alle Camere, senza che ciò implichi una verifica parlamentare o un rimpasto di governo. Questo perché due (PdL e Scelta civica) dei tre partiti che compongono l’immonda maggioranza di fatto non esistono più, mentre l’innominabile partito bestemmia è dilaniato al suo interno dalla fronda maggioritaria di coloro che delle Laide Intese non ne possono proprio più.
Dalla grosse koalition alla tedesca, al gran bollito all’italiana con tanto di stallo alla messicana incorporato, l’ammucchiata è servita! Dinanzi ad una cesura con pochi eguali tra Istituzioni e Cittadinanza, che rischia di degenerare in una frattura irriducibile, la soluzione migliore elaborata dall’ottuagenario Presidente che volle farsi Re è puntellare un governo artificiale, senza più alcun radicamento sociale e con un consenso popolare ridotto ai minimi storici (ma compensato dalle cariche di polizia), tramite l’inamovibilità dei suoi ministri più screditati. E per questo ridotto a vegetare in uno stato comatoso, nell’immobilismo più totale, perché al minimo sommovimento al suo interno la fragilissima costruzione imposta dal Nonno sul Colle rischia di franare come un effimero castello di carte, nella prosecuzione ad oltranza di un’esperienza perniciosa ancor prima che fallimentare.
In tale ambito, la fiducia (imposta sotto ricatto) ad un Guardasigilli dai rapporti quantomeno chiacchierati ricorda di molto le formule del compromesso dilatorio, così care a quel Carl Schmitt che della democrazia di Weimar vergò compiaciuto l’epitaffio, e che lasciano completamente irresolute le divergenze di fondo attraverso la dilazione delle risoluzioni nella perseveranza dell’errore.
A simile compagine governativa alla perenne ricerca di un senso che non ha, cristallizzata com’è nella sua immutabilità fondata sull’eterno rinvio, si dovrebbe demandare la riforma della Costituzione, peraltro in deroga alle norme previste dall’Art.138 che tale revisione disciplina, con una serie interminabile di anomalie giuridiche che fanno dell’eccezione alla norma la regola condivisa. Nonché la “riforma della giustizia” affidata ad un ministro screditato, su pressione di un pregiudicato abusivamente insediato al Senato!
Il risultato è un’Esecutivo immobilizzato da una paralisi istituzionale senza precedenti, ridotto a mero esecutore testamentario delle ultime volontà dettate dalle tecnoburocrazie eurocratiche: la soluzione finale per una politica economica dei “compiti a casa” e delle caramelle, in un Paese prostrato dalla recessione, avvitato in un declino senza uscita nella persistenza di una cura fallimentare. La persistenza della “Crisi” è più che altro una scusa per legittimare uno stato di necessità fondato su una serie di deroghe costituzionali nella preservazione del potere.
Alimenta la minaccia del populismo fascistoide ed al contempo se ne serve per prorogare la permanenza di una anomalia giuridica preminente, in una costante materializzazione ectoplasmatica di oscure presenze, un’inquietante galleria di ‘anime morte’ degna dell’Overlook Hotel…
“Il governo ha l’oro in bocca”
Alessandra Daniele
(10/11/13)«Non è una novità che la giustizia italiana sia schifosamente classista, né che lo siano i suoi presunti giustizieri: Giancarlo Caselli non sarebbe certo stato altrettanto assolutorio verso la Cancellieri, se la ministra avesse fatto scarcerare un’attivista No-TAV, anziché una palazzinara.
Ma cosa c’è rimasto in Italia ad essere una novità? Tutto continua a ripetersi ossessivamente sempre uguale.
Questo secondo governo di Grossolana Coalizione, spacciato per quello che avrebbe finalmente restituito al paese rispettabilità e credibilità internazionale, mantiene alla Giustizia una ministra che s’è dichiarata e dimostrata “a disposizione” della famiglia di palazzinari bancarottieri che rivendica d’averla piazzata al ministero.
E tutta la Grossolana Coalizione la difende: la testa della Cancellieri non si tocca, perché per il governo sarebbe esplosiva come quella della robottona di Total Recall alla quale la ministra somiglia. Dentro quella robottona si nascondeva Schwarzenegger, dentro la Cancellieri c’è Ligresti.
Niente è davvero cambiato. Mani Pulite è stata rivoluzionaria quanto Second Life.
Siamo ancora ai tempi della DC dei Gava e dei Lima. Siamo ancora nel regno dei Borboni, con una sottile riverniciatura Savoiarda che cambia tutto per non cambiare niente.
L’Italia rimane bloccata nell’interminabile ultimo valzer del Gattopardo, cristallizzata in un immutabile inferno vintage di sorrisi fasulli e autentico orrore, come Jack Torrance nell’ultimo fotogramma di Shining.
Un inferno in bottiglia, nel quale i partiti al governo, come virus, cercano di scindersi per moltiplicarsi e occupare anche lo spazio dell’opposizione: Renzi piccona il PD per scalarlo meglio, Casini abbandona Monti sull’autostrada, Berlusconi scarica la colpa delle tasse sui governisti integralisti di Alfaida. E progetta di riesumare Forza Italia con lo stesso identico slogan truffaldino di vent’anni fa: meno tasse per tutti.
Un inferno in rovina come l’economia, che le razzie dei saccomanni riescono solo a devastare ulteriormente. Dopo la TRISE è in arrivo la TARFU, acronimo militare USA per Totally And Royally Fucked Up.
L’ISTAT si sbaglia, l’economia italiana non è tornata agli anni 70.
È in coma.»