Un plebiscito! Tale è stata l’adesione popolare ai quesiti referendari: dimostrazione lampante che un’altra Italia è possibile. Certamente, il risultato dei referendum non porrà fine alla recessione economica in corso; non cambierà nell’immediato la stagnazione sociale in atto; non scioglierà il nodo delle dinamiche occupazionali, bloccate in una precarietà senza prospettive; non rivoluzionerà le nostre esistenze nell’arco di una notte… Ma è un fatto che una simile partecipazione collettiva segni un atto epocale, rilanciando la funzione storica e, a suo modo, ‘rivoluzionaria’ dell’istituto referendario, che sembrava avviato verso un inesorabile declino, come momento di democrazia diretta. Non si raggiungeva il famigerato quorum dal lontano 11/06/1995. E’ un fatto che i cittadini italiani abbiano ribadito il loro diritto ad essere interpellati su temi fondamentali come la gestione dei beni comuni sul territorio, la definizione delle scelte energetiche, e l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. È un fatto che non si può imporre la privatizzazioni dei beni primari tramite decreto governativo. Né la realizzazione di centrali nucleari può essere imposta con voto di fiducia ad un Parlamento asservito agli interessi confindustriali ed alle grandi corporation private che monopolizzano il mercato dell’atomo, ma con capitali rigorosamente pubblici. È un fatto che la quasi totalità del mondo finanziario e politico ed editoriale abbia osteggiato non il referendum in quanto tale, ma la stessa possibilità della consultazione popolare in tutti i modi possibili: il sostanziale oblio televisivo sui quesiti referendari, con spot relegati ad orari di minimo ascolto; il tentativo di boicottare il ricorso al referendum, con la stesura di un nuovo decreto governativo; i ricorsi alla Corte di Cassazione prima e alla Corte Costituzionale poi, per invalidare la consultazione; l’ostilità patente di grandi testate nazionali come il “Corriere della Sera”. E’ un fatto che l’intero Governo del Bunga-Bunga era schierato compatto contro i referenda; che l’evanescente Ministro dell’Ambiente, l’algida e solitamente loquace Stefania Prestigiacomo, si sia liquefatta senza lasciare traccia. Ed è un fatto che siano i grandi sconfitti con la sonora bocciatura delle loro principali politiche economiche, nel rigetto popolare dell’oppio neo-liberista.
La misura era ormai colma… Ed è un fatto incontrovertibile che la stragrande maggioranza degli italiani di ogni ceto e colore politico abbia detto BASTA! A noi piace pensare che si sia finalmente risvegliata dal suo lungo torpore un’Italia consapevole dei propri diritti e capace di levare alta la propria voce contro l’arroganza di un “potere” sempre più lontano ed esclusivo. Ci piace pensare che l’esito del referendum segni in parallelo un trionfo delle reti informali e dei nuovi media. Ci piace altresì pensare, con i nostri articoli e le nostre parole, di aver fornito in minima parte almeno un contributo infinitesimale (non è così ma lasciateci l’illusione) alla riuscita di questo straordinario risultato. E, nonostante le legittime obiezioni, ci piace credere che il successo di questo referendum costituisca il prodromo di una speranza in fieri per un’Italia migliore e più libera, capace di porre un freno alle speculazioni di un turbo-capitalismo famelico, dove i diritti della collettività sono più forti delle pretese degli azionisti, dove la società civile esiste ed è più forte di un dividendo azionario. Oggi, hanno vinto gli italiani.
«Ho sempre saputo che in questo paese è pericoloso avere delle opinioni. Un pericolo sottile ma controllabile... Almeno fin quando non ci inciampi»
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«…conto su pochi lettori e ambisco a poche approvazioni. Se questi pensieri non piaceranno a nessuno, non potranno che essere cattivi, ma se dovessero piacere a tutti li considererei detestabili…»
I commenti sono liberi, ma voi non ve ne approfittate o verrete trattati di conseguenza. E senza troppi complimenti.
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«Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto»
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«Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza»
(R.Bradbury – “Fahrenheit 451”)
«Nel sogno c’è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch’è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare»
(D.Buzzati – “Il Deserto dei Tartari”)
«Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni…»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«…Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio»
(J.L.Borges)
“Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni manutengoli.”
(A.Gramsci - 'Lettere dal carcere')
“Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza, se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero degno di ogni più scandalosa ricerca”
(P.P.Pasolini)
“Nulla potrebbe essere più irragionevole che dare potere al popolo, privandolo tuttavia dell’informazione senza la quale si commettono gli abusi di potere. Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che procura l’informazione. Un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse a entrambe”
(J. MADISON - 4 Agosto 1822. Lettera a W.T. Barry)
“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”
(Joseph Pulitzer)
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