Archivio per Banca d’Italia
L’Emerito
Posted in Kulturkampf with tags Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, Italia, Liberthalia, Politica, Quirinale, Repubblica on 16 settembre 2016 by SendivogiusLa sua presenza emerita è così forte e sentita, che viene dato per morto senza che nessuno si accorga della mancata dipartita.
Una Modesta Proposta
Posted in Kulturkampf with tags Annelise Gertrude Walter Wenger, Argentina, Banca d'Italia, Criminali di guerra, Daniel J. Goldhagen, Ebrei, Erich Priebke, Germania, Helmut Schmidt, Herbert Kappler, HIAG, Italia, Nazismo, Olocausto, Oro, SPD, SS, Willy Brandt on 16 ottobre 2013 by SendivogiusCosa fare della salma di Erich Priebke?
L’Argentina, che dopo il 1945 ha offerto rifugio e protezione a migliaia di criminali nazi-fascisti, a chi chiede di riprendersi colui che ha ospitato per quasi 50 anni, dichiara a bocca del suo ministro degli esteri: “l’Argentina non può accettare un tale affronto alla dignità umana”. Evidentemente il nazista Priebke creava loro meno imbarazzi in vita, piuttosto che da morto. Fintanto che Priebke gironzolava nella più totale impunità a Bariloche e dintorni, “l’affronto alla dignità umana” non si poneva minimamente.
La Germania, dove il capitano delle SS è nato (Hennigsdorf, 29/07/1913) e del quale è a pieno titolo un cittadino, fa platealmente finta che la faccenda non la riguardi, fingendo di non sapere che Erich Priebke non era un killer psicopatico ricercato dall’Interpol, ma un funzionario di polizia in regolare servizio presso l’ambasciata tedesca a Roma, su esplicito mandato del governo tedesco.
Si tratta di un vizietto antico, a quanto pare assai diffuso dalle parti dell’algida Germania dalle grosse coalizioni (e dai miserabili ipocriti), abilissima a declinare le proprie responsabilità e nascondere le colpe, salvo crocifiggere il resto d’Europa ai dogmi teutonici dell’austerità, nella ritrovata supremazia a spese del resto del continente.
«Nel corso dell’Olocausto i tedeschi tolsero la vita a sei milioni di ebrei e, se la Germania non fosse stata sconfitta, ne avrebbero annientati altri milioni.
Gli uomini e le donne che insieme davano vita a quelle inerti forme istituzionali, che occupavano le strutture del genocidio…. erano in larghissima e schiacciante maggioranza tedeschi. Se è vero che nello sterminio degli ebrei furono affiancati da esponenti di diverse comunità nazionali, questi però non furono indispensabili per il compimento del genocidio, né venne da loro l’iniziativa e la spinta a portarlo avanti. Certo, se i tedeschi non avessero trovato negli altri paesi d’Europa (soprattutto orientale) persone disposte ad aiutarli, l’Olocausto si sarebbe svolto in maniera differente ed è probabile che essi non sarebbero riusciti ad uccidere tanti ebrei. Ma furono comunque tedesche le decisioni, la pianificazione e le risorse organizzative; tedeschi la maggior parte degli organizzatori […] perché quello che vale per loro non vale per nessun’altra singola nazione né per tutte le altre nazioni considerate insieme: cioè, senza tedeschi non si dà l’Olocausto.
[…] Alcuni erano “nazisti” perché iscritti al partito nazionalsocialista o per convinzione ideologica; altri non lo erano. Alcuni appartenevano alle SS; altri no. Il minimo comun denominatore tra loro era di essere tedeschi, impegnati a realizzare gli obiettivi nazionali della Germania, che in questo caso coincidevano con il genocidio degli ebrei.»Daniel J. Goldhagen
“I volenterosi carnefici di Hitler”
(Mondadori, 1998)
Dimmi chi sono e non chi sono stato. Ai tedeschi in genere non piace si faccia riferimento al loro passato recente… Tutt’al più, hanno un’inclinazione insuperabile a reputarsi vittime delle circostanze.
L’accoglienza nella patria d’origine del feretro del nazista Erich Priebke è motivo di imbarazzo, perché ricorda un passato scomodo e rammenta ai tedeschi il lato oscuro della Germania, opportunamente sopito e celato dietro la patina di un benessere fittizio.
Ma le reticenze tedesche sono ancor più ipocrite (e ignobili), se si pensa che Priebke, per quanto zelante, fu innanzitutto un gregario: un ufficiale subalterno agli ordini del ben più famigerato Herbert Kappler.
Sarà il caso di ricordare le pesanti pressioni che negli anni ’70 le autorità tedesche, ed in particolar modo del cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, esercitarono con ripetuta insistenza sul governo italiano per allentare il regime di custodia applicato al criminale Kappler.
Nel 1977, il premio nobel ed ex cancelliere Willy Brandt firma una petizione per la liberazione di Kappler insieme ad altri 232 deputati tedeschi. È nota l’amicizia di Brandt con Annelise Gertrude Walter Wenger, moglie di Kappler ed influente attivista della SPD.
Pare che la liberazione di Kappler fosse tra le condizioni implicite imposte dalla Germania all’Italia, oggi come allora alle prese con una crisi spaventosa ed in disperata ricerca di liquidità, per un prestito capestro su base biennale per due miliardi di dollari, pretendendo come garanzia il trasferimento del 40% delle riserve auree della Banca d’Italia in Germania (quasi 1200 tonnellate in lingotti d’oro) ad un tasso di interessi dell’8%. E la vergognosa fuga di Kappler sarà il prezzo da pagare per la concessione del credito teutonico.
Ovviamente Kappler troverà rifugio e accoglienza in Germania, che rifiuterà categoricamente ogni (timida) richiesta di estradizione e sepolto senza alcun problema nel cimitero di Lüneburg. Il criminale nazista verrà celebrato con tutti gli onori dall’HIAG: associazione filo-nazista di ex reduci delle SS, assolutamente legale e regolarmente finanziata dal governo di Bonn.
In parte la vicenda ricorda la sottrazione dell’oro della Banca d’Italia, da parte dei nazisti dopo l’armistizio dell’8 Settembre. È superfluo dire che l’operazione di rapina venne affidata proprio ad Herbert Kappler, che al contempo si distinguerà nel saccheggio del Ghetto di Roma. All’epoca, l’oro sottratto (rubato) dalla Banca consisteva in ‘sole’ 120 tonnellate, che peraltro finiranno di essere restituite soltanto nel 1958 dalla nuova Germania democratizzata. Ovviamente senza corresponsione di interessi per l’indebito trattenimento.
E torniamo al dunque: cosa fare del feretro di Priebke…
Caricarlo su un aereo e sganciarlo direttamente sopra il Bundestag, tanto per ricordare alla nuova razza sedicente padrona l’eredità del nonno!
(51) Cazzata o Stronzata
Posted in Zì Baldone with tags Banca d'Italia, Crescita, Crisi, Domenico Scilipoti, Economia, Gianni Alemanno, Giorgio Napolitano, Governo Letta, Governo Monti, Ignazio Visco, ISTAT, Italia, Liberthalia, Mario Monti, Michaela Biancofiore, Recessione, Rigore, Società on 31 Maggio 2013 by Sendivogius“Classifica MAGGIO 2013”
In concomitanza con l’ennesimo monito presidenziale (l’ultimo di una corposa collezione retorica), giunge il rapporto dell’ISTAT, sulla catastrofica situazione della disoccupazione in Italia, e soprattutto la relazione del governatore della Banca d’Italia, che nella sostanza invita a persistere nella prosecuzione ad oltranza delle ricette terminali che ci hanno condotto ad una recessione più devastante di quella del lontano 1929.
È alquanto straniante ascoltare le parole del governatore Ignazio Visco mentre parla di una crisi economica, che si voleva inesistente [QUI] ad eccezione degli avvertimenti di qualche “disfattista”, e mentre denuncia con ampio ritardo i disastri della cura monetarista made in Monti: quella che doveva rilanciare economia e occupazione in nome del rigore, stroncando nei fatti ogni prospettiva di crescita tramite la distruzione progressiva del tessuto sociale e produttivo. Tanto che ora si parla addirittura di “crisi strutturale”, nella reiterata incapacità di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici, in corso soltanto da un paio di decenni, a tal punto da rimpiombare il Paese indietro di 35 anni… Proprio in concomitanza con la fallimentare esperienza del primo “governo di larghe intese” (quello del 1978 con Andreotti premier), giustamente riproposto in riedizione aggiornata al trapasso dei tempi. Ma non si potevano certo scontentare le pretese del Monitore dall’alto del Colle, che adesso bofonchia qualcosa sullo scollamento dei cittadini dalle istituzioni, sul crollo di credibilità dei partiti, e sui rischi nella tenuta della coesione sociale, contro il rischio dei quali la grande ammucchiata neo-democristiana (miracolata da un’opposizione inconcludente come quella dei 5 Stelle) è certamente la migliore delle risposte possibili, dopo la letale esperienza del direttorio tecnocratico a guida Monti.
Ovviamente, la risoluzione dei problemi è stata rimessa alla riproposizione dei medesimi schemi all’origine della catastrofe finanziaria, piuttosto che nella rimozione delle cause, secondo una visione macroeconomica quantomeno discutibile.
Tra i successi della ferale accoppiata Monti-Fornero vale la pena ricordare le eccezionali controriforme [QUI]: dal “mercato del lavoro” (trasformatasi in un’inarrestabile fabbrica di disoccupati), all’ennesima revisione pensionistica (con la catastrofe sociale degli “esodati”), passando per quella forma estrema di eutanasia sociale chiamata “fiscal compact”…
Tuttavia, a volerli ascoltare, i segnali di allarme c’erano tutti. E non era difficile accorgersene, tant’è che persino noi, dal fondo della nostra ignoranza, ne avevamo accennato ripetutamente:
Dalle inquietanti analogie coi disastrosi esperimenti ultraliberisti nell’Argentina di Felipe Cavallo [QUI];
All’annunciato crollo del prodotto interno [QUI], perché ‘crescita’ non fa rima con ‘rigore’;
Al costante stato confusionale del Governo Monti [QUI], nell’evidente dissociazione tra il trionfalismo dei proclami e la miseria dei fatti [QUI], precipitati in un tunnel senza luce [QUI] nella manipolazione costante dei dati [QUI], in nome di un più ampio disegno poco economico e molto ideologico [QUI].
A giudicare dalla caratura politica ed etica dei protagonisti vecchi e nuovi, la notte sarà ancora lunga e terribilmente buia…
Hit Parade del mese:
01. TRAUMI
[28 Mag.] «Ho sottovalutato il derby Roma-Lazio. È stato un trauma impressionante per la città, e non abbiamo ben valutato il tifo calcistico, che ha bloccato 200 mila persone. Il derby ha danneggiato noi del centrodestra per la tipologia delle candidature: quella di Marino è più lontana dallo stadio»
(Gianni Alemanno, il Podestà)
02. INDIGENZE
[17 Mag.] «Sicuramente io appartengo alla gente povera, perché anche se il “Corriere della Sera” ci descrive come casta, noi facciamo parte degli italiani meno abbienti. Io sicuramente non sono una persona abbiente, noi parlamentari siamo ceto medio.»
(Gianfranco Rotondi, il nuovo povero)
03. SENSO DI RESPONSABILITÀ
[20 Mag.] «La politica dovrebbe fare quello che ho fatto io, mettere gli interessi dei cittadini prima di quelli dei partiti. Oggi c’è un governo di grande responsabilità: quello che cercavo di dire io tre anni fa e nessuno mi ascoltava.»
(Domenico Scilipoti, l’Incompreso)
04. QUESTIONI DI STILE
[03 Mag.] «I 710 mila euro che ho dato al movimento di Monti? Ho sentito questa urgenza, ma non per questo mi aspettavo un posto da ministro. Come potrei ambire ad una poltrona? Non è nel mio stile.»
(Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua in Buitoni, la Sobria al governo)
05. SPIRITO DI CARITÀ
[16 Mag.] «Sapete che vi dico? Che se quelle di Berlusconi sono prostitute, allora io sono lesbica! Perché io mantengo due giovani donne in difficoltà economica, e ogni mese pago loro uno stipendio. Sono lesbica!»
(Daniela Santanché, la Filantropa)
05.bis PARI OPPORTUNITÀ
[04 Mag.] «Sono le associazioni gay ad autoghettizzarsi, la loro è una casta. Io non sono mai stata omofoba: chiunque abbia un amico gay conosce la sofferenza di quando ti fanno giocare a soldatini, da piccolo, o con le pistole. Io odio le discriminazioni verso gli animali, si figuri verso le persone! Sa qual è la verità? La verità è che certe mie posizioni personali sono uguali a quelle di Papa Francesco! Solo che da lui si genuflettono… mentre con me?»
(Michaela Biancofiore, Immancabile)
06. ASSENZE
[22 Mag.] «Don Gallo uno di noi, ci mancherai!»
(Flavio Briatore, il Compagno)
07. DE-CRESCITA
[28 Mag.] «Siamo in lenta ma costante e inesorabile crescita… A Portici siamo quasi al 9%!»
(Roberto Fico, Pasdaran 5 Stelle)
08. SI VIS PACEM PARA BELLA
[23 Mag.] «Credo che siamo tutti quanti d’accordo nel riconoscere che il valore più importante che condividiamo nella nostra civile convivenza sia la pace. Sistemi di difesa avanzati, come i caccia F35, servono per fare la pace.»
(Mario Mauro, il Pacificatore)
09. SOBRIETÀ
[23 Mag.] «In questi tempi difficili un matrimonio fa sognare, e richiama valori importanti quali l’incontro col Signore e la consacrazione dell’amore. Non solo la diretta Rai1 delle mie nozze è stata un’operazione intelligente, ma da parte del servizio pubblico anche doverosa.»
(Valeria Marini, The Bride)
10. MEMENTO
[08 Mag.] «Non dimentichiamoci che delle leggi ad personam di Berlusconi hanno goduto anche tutti gli italiani.»
(Alessandro Sallusti, delinquente abituale)
MISERERE
Posted in Masters of Universe with tags Alessandro Sallusti, Banca d'Italia, Casa, Confesercenti, Curzio Maltese, Editoria, Giornalismo, Il Giornale, Indro Montanelli, Liberthalia, Mutui, Pignoramenti, Povertà, Stampa on 9 dicembre 2010 by Sendivogius
Nell’Italia felix, dove la crisi è solo una “percezione psicologica” alimentata dai soliti kommunisti, secondo un’indagine della Confesercenti l’84% degli italiani ha grosse difficoltà a corrispondere le rate del mutuo o ad onorare il pagamento dell’affitto a fine mese. Sulla questione, gli studi della Banca d’Italia certificano l’insolvenza del 5% delle famiglie italiane.
La notizia, riportata dai maggiori quotidiani, è ripresa in uno stringato ed eloquente articolo pubblicato su un noto giornale bolscevico [QUI].
Le conseguenze pratiche consistono in un record delle iscrizioni ipotecarie e del pignoramento di immobili [QUI], che sembrano colpire soprattutto l’Italia settentrionale ed il florido Nord-Est [QUI]. Tuttavia, il dramma di non potersi più permettere un alloggio, o di vedersi venduta all’asta la propria abitazione, è altresì oggetto di raffinate considerazioni da parte di pensatori compassionevoli:
«Se uno a 37 anni non è in grado di pagarsi un mutuo o un affitto è un fallito!»
Lo afferma Alessandro Sallusti con la boriosa sicumera che lo contraddistingue, dall’alto della sua poltroncina blindata di giornalista organico da regime, durante la trasmissione EXIT del 01/12/10 in onda su La7. Al personaggio avevamo già dedicato un piccolo ‘cammeo’ [QUI] nell’ambito di un discorso più esteso.
Nipote di uno dei tanti fucilatori di Salò (ricambiato con la legge del contrappasso), il vincente Sallusti è il tipico esponente di certo cattolicesimo integralista che si batte per il conferimento dello status giuridico ad un grumo di cellule chiamato “embrione” e considera un’esaltante esperienza di vita lo stato vegetativo di coloro che versano in coma irreversibile, negando ogni ipotesi di “testamento biologico”. Però non perde occasione per esibire tutto il proprio disprezzo per coloro che, vegeti e senzienti, hanno la gravissima colpa di essere poveri, o stranieri, ovvero “noti omosessuali attenzionati”, contro i quali ci si compiace di essere ‘cattivi’.
Cresciuto all’ombra degli amichetti della parrocchietta, per il bravo Sallusti c’è sempre un posto pronto nei giornalini editi dalla Curia ma rigorosamente pagati dallo Stato.
In alternativa, bazzica le testate ultra-reazionarie del gruppo Monti-Riffeser, collegate alla famiglia dell’ex “petroliere nero” Attilio Monti.
A livello professionale, si fa le ossa come giornalista di cronaca al Messaggero, quindi al Corriere della Sera (dove diventa caporedattore), e soprattutto bruca al pascolo di Indro Montanelli: alfiere del conservatorismo di matrice liberale e vacca sacra del giornalismo italiano.
Montanelli resta un caso interessante di mitismo e mitomania, che sembra aver fatto proseliti soprattutto a sinistra… Variante meneghina del “Cieco di Sorrento”, il sulfureo Cilindro dalla redazione de ‘Il Giornale’ finge di non vedere cosa sia la destra italiana e chi sia il suo editore, “turandosi il naso” oltre che coprendosi gli occhi, prima del brusco risveglio.
Infatti, dopo la militarizzazione berlusconiana, il quotidiano si trasforma nel giornaletto padronale dello squadrismo a mezzo stampa, divenendo la roccaforte della Vandea editoriale che raggruppa il gotha contemporaneo della ‘Reazione’ clerico-fascista. In questo allettante contesto professionale, l’indipendente Sallusti, insieme agli onnipresenti Feltri e Belpietro, appartiene alla Sacra Trimurti a libro paga, che si alterna alla direzione dei principali quotidiani conservatori, trasformati in uffici di difesa ad oltranza degli interessi del Capo. Nell’ingaggio militante, si distingue come specialista nei ‘lavori sporchi’ di penna e manganello. Più che un giornalista sembra un ausiliare del collegio difensivo, pronto ad immolarsi ovunque ci siano da perorare le cause personalissime del suo editore e padrone.
Ed al meritocratico Sallusti non sono certo estranei i vantaggi legati alle posizioni di rendita dell’editoria assistita… Certo non è un problema far quadrare i bilanci e rimpinguarsi lo stipendio, quando si è direttori di giornalini dalla tiratura irrisoria come ‘Libero‘, beneficiato però da circa 40 milioni di euro di finanziamenti pubblici in soli 7 anni.
Facile pagarsi il mutuo a queste condizioni, comodo il lavoro con simili coperture in così altolocata sede, se non fosse per quell’inestinguibile alitosi di certi funerei maior domus che impegnano la propria favella in mansioni non proprio ortodosse…
«Con la caduta del berlusconismo, si spera, sarà interessante verificare se per caso finisce anche questa terrificante riunione di condominio che dura da anni nei salotti Rai e ha ormai sfondato il livello del grottesco. Queste venti o trenta personcine di folgorante mediocrità che fingono ogni sera di litigare, non importa quale sia il programma, e poi vanno tutti insieme a far casino in trattoria coi soldi del canone.
Sarebbe tutto soltanto ridicolo, se questa pagliacciata non fosse diventata l’unica rappresentazione del dibattito pubblico per milioni di cittadini e un’intera generazione di giovani. Agli ultimi, in particolare, va detto che nel mondo civile la tv pubblica non funziona in questo modo.
Nei dibattiti televisivi sulle reti pubbliche in Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, tanto per cominciare gli ospiti non sono così maleducati. I conduttori, gente seria, li correggono quando citano un dato o un fatto sbagliati. Pazzesco, vero? I giornalisti si dividono anche là fra quelli di destra e quelli di sinistra, ma di fondo fanno i giornalisti. Quelli di destra per esempio non sono stipendiati dal presidente del Consiglio e non passano la vita a esaltare l’editore, perché nel resto del mondo i giornalisti si vergognano di fare i servi.
Gli esperti di economia sono veri esperti di economia, chiamati perché magari insegnano in grandi università o hanno vinto un Nobel e non perché portano una barba da carnevale, la giacca fucsia e il farfallino arancione, come quel tale Oscar Giannino. Un profeta del neoliberismo che invoca tagli e massacri sociali dall’alto di una carriera trascorsa a scrivere su giornalini mantenuti coi soldi pubblici, al solito buttati nel cesso, nel caso specifico La Voce Repubblicana, il Foglio, Libero e Il Riformista.
Nelle televisioni civili naturalmente è impensabile organizzare sessanta o settanta puntate di talk show, con compagnia fissa e plastico del luogo del delitto, per fare audience sull’assassino di un bambino o una bambina. In compenso se il premier viene beccato a frequentare giri di minorenni, usa la decenza di presentarsi alla tv pubblica e rispondere a tutte le domande dei giornalisti, invece di fare lo spiritoso e mandare il personale in giro per studi con il mandato di difenderlo, in genere insultando gli interlocutori.
Ora, non si pretende che i televisionari italioti e i loro degno dirigenti, affaccendati come sono a leccare gli stivali dei padroni, si comportino come i loro colleghi liberi. Ma almeno una riverniciata la parco ospiti, un pò di rispetto per l’intelligenza del pubblico a casa, sarebbe già un enorme passo avanti o come va di moda dire adesso per ogni minima fesseria: una grande riforma.»di Curzio Maltese
(26 Novembre 2010)
Il Masi del compare
Posted in Masters of Universe with tags Banca d'Italia, Boiardi di Stato, Carlo Freccero, Curva di Laffer, IMF Institute, Iris, Lamberto Dini, Liberthalia, Management, Mauro Masi, prodotto editoriale, RAI, RAI 4, Servi, SIAE, Yann Le Bohec on 20 ottobre 2010 by Sendivogius«Tocchiamo qui un aspetto importante della società e della mentalità dell’Alto Impero: la dignità conseguita da un uomo varia in funzione dell’ambiente sociale da cui proviene, e più elevata è la carica di partenza raggiunta grazie a questa provenienza, più va lontano; il merito di un individuo viene in secondo piano, ma può favorire di molto il progresso di un figlio. A quel tempo si lavorava per la posterità.»
Yann Le Bohec
“L’Esercito Romano”
Carocci editore, Roma 2008
Sono trascorsi 2000 anni e non molto è cambiato da allora… del resto non siamo i diretti eredi della “civiltà” romana?!?
In aggiunta, gli ‘antichi’ sapevano bene come una nutrita clientela potesse contribuire al consolidamento del proprio potere personale e quanto fosse importante il ruolo intraprendente di certi liberti: schiavi affrancati e legati dal vincolo di riconoscenza nei confronti del dominus, all’ombra della cui munificenza costruivano le proprie fortune.
I vassalli sono inclini al tradimento, le alleanze possono variare, ma i servi restano come componente organica dell’asse ereditario. Ed è nota la difficoltà, insita nei salotti padronali, nel reperire personale referenziato per i servizi domestici.
Uno zelante segretario particolare con incarichi strategici è utile, facilmente sostituibile… e porta i baffi.
È il caso di Mauro Masi, il proconsole in armi dell’Imperium berlusconiano che guida le truppe d’occupazione in RAI: l’ex EIAR convertita in caserma punitiva ad uso governativo per la blindatura del consenso.
Nominato dittatore generale alla normalizzazione, il Masi da Civitavecchia è il kamikaze dell’Imperatore; l’oniwabanshu di Palazzo, pronto ad immolarsi in missioni suicide per la salvezza del padrone.
Esemplare minore di quella “razza padrona” nell’Italia immobile, dove il censo ed i natali fanno la differenza, Mauro Masi appartiene alla casta patrizia dei dirigenti ad vitam per diritto di nascita, con incarico intercambiabile ma sempre garantito, secondo le disponibilità del momento. Sono i top-manager abituati a planare sopra le miserie del duro mondo del lavoro dall’alto di una poltrona e lontano da inutili gavette per comuni mortali.
UNA CARRIERA SFOLGORANTE
Burocrate valido per tutte le stagioni ed ogni colore, il Masi nazionale nasce ‘giurisperito’ e si reinventa ‘economista’. Laureato in Giurisprudenza (a 24 anni) nel 1977 e col massimo dei voti, si specializza in economia collezionando una lunga serie di diplomi ed abilitazioni a pagamento:
Nel 1977 ottiene un diploma di merito come “tecnico della programmazione economica” presso la scuola di Sviluppo Economico dell’Unione Camere di commercio, Industria e Artigianato di Roma.
Nel 1978 si diploma alla Scuola di direzione aziendale della Università Bocconi di Milano in “Gestione e controllo dell’attività bancaria”.
Nello stesso periodo, il giovane Masi sbarca negli USA per conseguire un master in “Tecnica e analisi economica” presso l’IMF Institute di Washington. L’International Monetary Fund è l’organizzazione intergovernativa che, in stretta collaborazione con la Banca Mondiale, supervisiona il sistema finanziario a livello globale e le politiche macroeconomiche dei governi associati. Speculare ai suoi omologhi come il FMI e la BM, ne condivide le politiche ultraliberiste di marca monetarista, che nella prassi si sono spesso tradotti in una spiccata predilezione per i regimi dittatoriali sudamericani ed un occhio di riguardo per gli interessi delle grandi Corporations.
Studente prodigio, in poco più di un anno, Mauro Masi prepara e discute la propria tesi laurea, ottiene un paio di diplomi ed un master all’estero. Già che c’è, sempre nel 1978, vince pure il concorso per entrare alla Banca d’Italia e viene avviato alla carriera direttiva nell’Ufficio di Vigilanza bancaria a Milano.
Qui siamo di fronte ad un portento della natura e della scienza, un genio incompreso col dono dell’ubiquità!
Dal 1982 al 1988 passa prima all’Ufficio Stampa e successivamente è nominato Dirigente nell’Ufficio di Collegamenti Internazionali della Segreteria Particolare del Direttorio della Banca d’Italia stessa.
Sarà in questi anni che il futuro direttore della RAI si appassiona forse a quel non-sense fiscale conosciuto come “Curva di Laffer”, tema ricorrente delle sue pubblicazione, che si propone di dimostrare i presunti benefici della detassazione dei ricchi a scapito dei ceti meno abbienti: “una teoria scarabocchiata su un foglio di carta”, secondo le considerazioni di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia.
Col tempo, il cursus honorum di super-Masi si autoalimenta con una serie inarrestabile di procuratele, sempre ai vertici di segreterie generali, direzioni dipartimentali, commissariati speciali, alti uffici stampa… Una sfilza di titoli le cui funzioni effettive restano comunque oscure per noi poveri profani, ignoranti di tanta arte.
LA SPONDA POLITICA
Un simile talento non poteva certo restare inosservato e nel 1988 l’ottimo Masi sbarca finalmente sui lidi della politica nazionale, diventando “consigliere per la comunicazione economica” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, fino a diventare (nel 1994) Capo della segreteria particolare del Ministro del Tesoro e Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel Luglio 2001.
Dal 1995 al 1996 è direttore dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio e portavoce dell’allora Presidente Lamberto Dini, anche lui funzionario della Banca d’Italia prestato in pianta stabile alla politica.
“Nel 1996 è nominato Capo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nell’ambito di tale incarico è membro del comitato per la politica dell’informatica e delle telecomunicazioni della Presidenza del Consiglio, vice presidente del comitato per un codice di autoregolamentazione su TV e minori. E’ estensore della legge che modifica e integra la legge sul diritto d’autore (248/2000); della nuova legge sull’editoria (62/2001), di cui è membro del comitato sulla riforma; della legge sui nuovi punti vendita dei prodotti editoriali (108/1999 da cui il decreto legislativo 170/2001).
Cura le direttive di applicazione della legge 150/2000 sulla comunicazione istituzionale e gli uffici stampa.”(Nota biografica ufficiale)
Come contorno, nel gennaio 1998, Masi viene insignito del premio per il “Miglior Comunicatore professionale dell’anno 1997” da parte del Gruppo Pubblicità Italia.
Ma è anche il vicepresidente della Commissione che ha realizzato la “Campagna di informazione nazionale straordinaria sull’introduzione dell’euro”, e che certamente tutti ricorderanno.
Scavando in una montagna crescente di fuffa, sarà bene specificare che il prof. Masi fornisce i suoi fondamentali suggerimenti per la stesura della:
Legge n.108 del 13/04/1999, inerente le “Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa quotidiana e periodica”. In pratica, è la rivoluzionaria normativa che estende la vendita dei quotidiani ai bar e ad altri esercizi commerciali diversi dalla vecchia edicola.
Legge n.248 del 18/08/2000, inerente le “nuove norme di tutela del diritto d’autore”. È questa la legge che inasprisce la normativa sul copyright ed irrigidisce le sanzioni a tutto favore della SIAE, in nome di quella specie di pizzo di Stato legalizzato sulle riproduzioni musicali, con l’introduzione (tra le varie) di misure draconiane contro il file-sharing ed il peer to peer: odiosissimi reati di inaudita gravità sociale.
Si tratta di crimini da punire senza indugio e con la massima severità:
Art. 4
«La violazione delle disposizioni di cui al terzo ed al quarto comma dell’articolo 68 comporta la sospensione della attività di fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione da sei mesi ad un anno nonché la sanzione amministrativa pecuniaria da due a dieci milioni di lire»
Legge n.62 del 07/03/2001, inerente le “nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali”.
Nella fattispecie, è la normativa che disciplina la definizione di “prodotto editoriale” e contro la quale blogger e siti indipendenti di informazione si illudono di tutelarsi, apponendo la famosa dicitura:
“Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con cadenza periodica né è da considerarsi un mezzo di informazione o un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62/2001″
Soluzione peggiore del problema, visto che si rischia di incorrere nei rigori della Legge n.47 del 1948, che sanziona il reato di “stampa clandestina” (questo perché l’Italia è una grande democrazia).
Coerentemente con tanto zelo, dal maggio del 1999 a giugno 2003, Mauro Masi è nominato Commissario straordinario della SIAE. Sono famose in questo periodo le multe comminate alle feste parrocchiali dove vengono illegalmente riprodotti brani musicali in pubblico senza pagare il viatico alla SIAE, che pare abbia accampato diritti pure sull’esecuzione dell’inno di Mameli.
Guerriero irriducibile nella giungla della pirateria informatica, secondo la leggenda, l’ultralegalitario Masi pare si segnali tra i cybernauti per la sua ossessiva opera di trollaggio in siti e forum di discussione, minacciando di punizioni e interventi della Polizia postale gli incauti ragazzini che si fanno beccare in cerca di download. In Italia puoi evadere milioni di euro, truffare a man bassa i risparmiatori, ma non azzardarti mai a scaricare clandestinamente un brano di Lady Gaga, alla quale (siamo sicuri) la SIAE corrisponde regolarmente gli introiti delle riscossioni.
LAVORI SOCIALMENTE INUTILI
Nel Paese della crisi, c’è una categoria sulla quale splende sempre il sole e non conosce disoccupazione. Se il lavoro non c’è; se l’incarico prestigioso da manager non esiste, lo si inventa. Tanto a pagare è sempre qualcun altro…
“Dal maggio 2003 è componente del gruppo di lavoro interno quale esperto per la comunicazione e l’informazione della Commissione Intergovernativa per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione presieduta dall’ing. Sergio Pininfarina.
Nel giugno 2003 è nominato coordinatore dell’Unità operativa di coordinamento per le attività che rilevano per la Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione al Semestre italiano di Presidenza dell’UE.
Nel novembre 2003 è nominato componente del Consiglio generale, del Consiglio di amministrazione e del Comitato amministratore della Gestione separata dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani.
Dal maggio 2004 è membro, in qualità di “alternate” del Ministro dell’Innovazione Lucio Stanca della TASK Force dell’ONU per l’implementazione di Internet sui Paesi in via di sviluppo.”