Archivio per Ateismo

UOMINI E CAPRE

Posted in Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , on 4 settembre 2015 by Sendivogius

Satyr fucking goat

Che le religioni siano un condensato di storielle mitologiche, decontestualizzate in verità rivelate e certezze apodittiche, nelle quali riversare i deliri misticheggianti di menti disturbate, rientra nelle manifestazioni cliniche di alienazioni consolidate secondo una prassi secolare che prende il nome di “fede”.
Un uomo è considerato ancora puro quando sfoga la sua lussuria con una pecora o una capra Ne consegue che affidare la confutazione di certe sottigliezze teologiche a serafici sociopatici in fuga da qualche centro di igiene mentale non è affatto salutare, ma può avere delle conseguenze assolutamente esilaranti nel concentrato di assurdità persistenti e convinzioni totalmente illogiche, alla base del delirio mistico. Tali sono le distorsioni (e le perversioni) che un’ansia trascendente di purezza in un turbinio psicotico di paranoie ossessive produce nella psiche malata dell’allucinato idiota di turno, con velleità messianiche da predicatore in trasferta.
La mia capretta (1)Cosa spinga poi una massa eterogenea di maschi adulti, ancorché dementi, a mortificare il proprio aspetto trasformandosi in emuli scimmieschi dalle sembianze caprine, è uno di quegli enigmi che per l’appunto sottende il “mistero della fede”.
Uomini e CapreLe mandrie fanatizzate di caproni esaltati, che pascolano felici nei mattatoi del desolante “stato islamico”, ne costituiscono l’espressione più opprimente nell’ambito delle degenerazioni estreme dell’integralismo salafita.
Francis il muloTuttavia, purgato dalle produzioni torture-porn che inebriano la mistica malata dell’ISIS, nel suo esibizionismo caricaturale, l’islamismo della salafiyya si presta più di ogni altro a considerazioni di immagine. Per sua natura, il radicalismo religioso non giova all’estetica…
Goat-fuckersSul perché uno debba conciarsi come un repellente coglione in piena metamorfosi zoomorfa, rientra invece nei gusti (discutibili) di una scelta volta a definirne l’identità ‘religiosa’.

**READ WARNINGS BOX** Abu Qatada at his North London home. PALESTINIAN CLERIC, ABU QATADA , WHO HAS HAD HIS SOCIAL SECURITY STOPPED AFTER 180,000 WORTH OF FOREIGN CURRENCY WAS FOUND IN HIS HOUSE, AND HE IS ALSO LINKED WITH OSAMA BIN LADEN. QATADA IS APPEALING AT THE HIGH COURT TODAY AGAINST THIS DECISION, AND IS ALSO BEING GIVEN LEGAL AIDE WHICH IS EXPECTED TO COST 30,000.28/11/01NATIONAL PICTURES.stock picture

Macchiette tragiche ed al contempo ridicole, seguono un preciso guardaroba, studiato apposta per il fantozzi fondamentalista nella sua ricerca di distinzione da disadattato patologico: sottana da notte della nonna (djellaba); zucchetto; braghe a “zompafosso”, tagliate sopra le caviglie come segno di parsimonia (niente stoffa in eccesso); immancabili ciabatte d’ordinanza così da scalzarsi più in fretta, appecoronati a bocconi cinque volte al dì, per menare sonore capocciate sul pavimento onde esibire l’irrinunciabile zebiba sulla fronte tumefatta.

zabiba

Ovviamente è d’obbligo barbaccia ispida ed incolta, possibilmente rasata all’altezza dei baffi, perché così (pare) usava portare il profeta. C’è da chiedersi se questi avrebbero fatto altrettante, qualora Maometto fosse andato in giro con una zeppa infilata nel culo.
salafitiNaturalmente, al netto delle più sofisticate analisi di tipo sociologico, se questi caproni perennemente incazzati e angry-muslim-for-debbiecostantemente ingrifati, nel loro stato di sovreccitazione permanente vengono poi emarginati, tenuti a debita distanza e schifati (giustamente!) contro ogni tentazione da qualsiasi donna che non sia cieca, mentre non riescono a trovare uno straccio di lavoro o integrarsi nelle società straniere che hanno la straordinaria fortuna di ospitare simili esemplari, la colpa non può che essere del solito Occidente bieco e corrotto.
Isl'AmiciDa lì scaturisce la fondamentale interrelazione con le capre, per evidente affinità elettiva.
got him a goat pigSe non fosse per certi effetti collaterali da esposizione prolungata all’oltranzismo integralista nelle sue forme più ottuse, ci sarebbe da ridere di gusto…
Libano - Salafi cleric Sheikh Ahmad al-AssirSostanzialmente estranei a tutto ciò che non sia immediatamente riconducibile al medioevo e non abbia una dimensione puramente teocratica, non si interessano ad altro se non alla religione piegata e piagata alla più truce interpretazione fondamentalista. Il massimo problema verte su come tornare quanto prima all’età della pietra (ma prima delle pitture rupestri e della tumulazione dei cadaveri; entrambe pratiche blasfeme), così affine al deserto che per loro sfortuna li ha defecati con qualche millennio di ritardo nel XXI° secolo, dove galleggiano in stato di dissociazione permanente.
Goat loveQuando questi montoni barbuti hanno la ventura di entrare in un qualche parlamento l’effetto è semplicemente surreale, tanto la cosa dev’essere straniante nel trauma di una simile esperienza istituzionale…

egyptian-parliament (1)

Quando invece si trovano a gestire una qualche forma di potere ‘politico’, gli effetti sono tragici.

Isis flagEd i milioni di profughi siriani in fuga lungo i Balcani da un Medio Oriente trasformato in un immane merdaio immerso nel sangue, sta lì a ricordarcerlo in tutta la sua drammatica realtà, al netto di un relativismo fuori luogo che nulla ha di ‘culturale’.

Homepage

Oriente e Occidente (II)

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 25 agosto 2015 by Sendivogius

Raffaello Sanzio - 'Scuola di Atene'

«Anis si era dunque ribattezzato “Rushdie” in onore di Ibn AverroesRushd, colui che in Occidente è noto come Averroè, il filosofo arabo-spagnolo di Cordoba del XII secolo che era diventato il “qadi”, o giudice, di Siviglia, traduttore e commentatore celebrato delle opere di Aristotele. Suo figlio portò quel nome per due decenni prima di rendersi conto che il padre, un vero studioso dell’islam a cui però mancava completamente la fede religiosa, lo aveva scelto perché di Ibn Rushd ammirava le argomentazioni razionalistiche all’avanguardia nei confronti degli islamici che, ai suoi tempi, tendevano a interpretare le scritture in modo strettamente letterale.
teologo-arabo[…] Dalla tomba, suo padre gli aveva consegnato un vessillo sotto il quale era pronto a lottare, il vessillo di Ibn Rushd, ossia dell’intelletto, dell’argomentazione, dell’analisi e del progresso, per la libertà della filosofia e dell’insegnamento dai ceppi della teologia, per la ragione umana contro la cieca fede, la sottomissione, l’accettazione prona e l’immobilismo. Nessuno vuole andare in guerra, ma se ti ci trovi in mezzo, che almeno sia una guerra giusta, per le cose più importanti che ci sono al mondo, e allora potresti anche chiamarti “Rushdie”, se dovessi andare a combatterla, e collocarti laddove ti ha messo tuo padre, nel solco della tradizione del grande aristotelico, Averroè, Abuˉ ’l-Walˉıd Muhammad ibn Ahmad ibn Rushd.
Abuˉ ’l-Walˉıd Muhammad ibn Ahmad ibn Rushd[…] Anis era un senza Dio, il che è ancora considerato una condizione scioccante negli Stati Uniti, sebbene sia tutt’altro che eccezionale in Europa, e completamente incomprensibile nella maggior parte del resto del mondo, dove la sola idea di “non credere” è difficile persino da formulare. Ma era esattamente ciò che era: un ateo che però sapeva molto di Dio e ci pensava spesso. Le origini dell’islam lo affascinavano poiché erano le uniche a essere storicamente documentate tra le grandi religioni del mondo, e perché il Profeta non era una leggenda glorificata da “evangelisti” che avevano scritto cento o più anni dopo la vita e la morte dell’uomo reale, né un piatto riscaldato da quell’eccezionale proselitista che era stato san Paolo per un facile consumo globale, ma piuttosto un uomo dalla vita ampiamente certificata, di cui si conoscevano bene le condizioni economiche e di censo, vissuto in un’epoca di profondi cambiamenti sociali, un orfano diventato mercante Al-Qurandi successo dalle tendenze mistiche, che un giorno, sul monte Hira vicino alla Mecca, aveva visto l’arcangelo Gabriele stagliarsi all’orizzonte riempiendo la volta celeste e istruendolo su come “recitare” e pertanto creare a poco a poco il testo della “Recitazione salmodiata”, al-Qur’an, il Corano.
Anis aveva tramandato al figlio la convinzione che la nascita dell’islam fosse affascinante proprio perché si era verificata “dentro la storia”, e che, in quanto tale, non poteva che essere stata influenzata dagli eventi, dalle pressioni e dalle idee circolanti al tempo della sua creazione; e che storicizzare l’accaduto, cercare di capire come una grande idea potesse essere modellata da quelle diverse forze, era di fatto l’unico approccio possibile all’argomento; e che si poteva considerare Maometto un autentico mistico – così come si può accettare che Giovanna GABRIEL - Far from Graced’Arco abbia realmente sentito delle voci o che la Rivelazione di san Giovanni riporti effettivamente l’esperienza “reale” di un’anima tormentata – senza necessariamente stimare come vero che, se qualcuno fosse stato accanto a lui quel giorno sul monte Hira, avrebbe assistito a sua volta all’apparizione dell’arcangelo.
La rivelazione doveva essere intesa come un evento interiore, individuale, non come una realtà oggettiva, e la parola rivelata andava indagata come ogni altro testo, usando tutti gli strumenti critici a disposizione, letterari, storici, psicologici, linguistici e sociologici. In breve, il testo doveva essere considerato come un artefatto umano e, in quanto tale, preda della fallibilità e dell’imperfezione degli uomini.
Il critico americano Randall Jarrell, con una frase diventata famosa, ha definito il romanzo come “un lungo scritto con qualcosa di sbagliato dentro”. Ecco, Anis Rushdie pensava di sapere cosa ci fosse di sbagliato nel Corano: alcuni passaggi sembravano sconnessi.
MaomettoSecondo la tradizione, Maometto, che era forse analfabeta, quando scese dalla montagna cominciò a recitare e chiunque appartenesse alla sua più stretta cerchia e gli fosse vicino in quel momento trascrisse le sue parole su quanto aveva sottomano: pergamena, pietra, pelle, foglie, e talvolta, si dice, persino ossa. Questi brani furono conservati in un forziere custodito nella sua abitazione fino alla sua morte, quando i compagni si riunirono per stabilire la corretta sequenza della rivelazione, ed è alla loro risolutezza che dobbiamo il testo del Corano diventato canonico. Per poterlo considerare “perfetto”, il lettore è chiamato a credere che: a) l’arcangelo abbia riferito la Parola di Dio senza alcuna imprecisione, il che è del tutto ammissibile dal momento che si presume che gli arcangeli siano immuni da refusi; b) il Profeta, o, come preferiva chiamarsi, il Messaggero, si sia ricordato le parole dell’arcangelo con assoluta precisione; c) le frettolose trascrizioni dei compagni, buttate giù nel corso di una rivelazione durata ventitré anni, siano parimenti esenti da errori; d) quando essi si riunirono per disporre il testo nella sua forma definitiva, la loro memoria collettiva della corretta sequenza fosse a sua volta perfetta.
Quraysh Anis Rushdie era riluttante a contestare le proposizioni a), b) e c). La d), invece, gli risultava più difficile da digerire, perché, come facilmente si accorge chiunque legga il Corano, parecchie sure, o capitoli, contengono profonde discontinuità, cosicché un argomento è lasciato cadere d’un tratto, senza preavviso apparente, per poi magari essere ripreso inaspettatamente più avanti, all’interno di una sura che fino a quel momento riguardava tutt’altro. Anis coltivò a lungo il desiderio di ricomporre quelle discontinuità per poter così giungere a un testo che fosse più chiaro e più facile da leggere. Non si trattava di un piano segreto o nascosto, tutt’altro, ne discuteva apertamente con gli amici anche a cena. Non c’era nessun brivido in quell’impresa, nessuna sensazione che essa potesse costituire un pericolo. Forse i tempi erano diversi, e un’idea del genere poteva essere sostenuta senza temere ritorsioni; o forse le persone al corrente erano davvero meritevoli di fiducia; o semplicemente Anis era soltanto un eccentrico inoffensivo. Fatto sta che quello studioso revisionista crebbe i suoi figli in un’atmosfera di indagine libera e aperta, senza divieti, senza tabù. Tutto, persino le sacre scritture, poteva essere vagliato e, almeno potenzialmente, migliorato

Salman RushdieSalman Rushdie
Joseph Anton
Mondadori, 2012

Homepage

RADICI (I)

Posted in Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 19 agosto 2009 by Sendivogius

Libera Nos a Malo I papi eletti dalle fila dell’Inquisizione solitamente non portano fortuna alla Chiesa: all’intransigenza del teocrate sommano il dogmatismo teologico del custode dell’ortodossia, nell’illusione che gli antichi canoni della dottrina scolastica siano sufficienti ad imbrigliare una società in perenne movimento, fornendo risposte esaurienti per la complessità del mondo contemporaneo.
Il pontefice-restauratore avverte la minaccia insita nel “disordine” della modernità, che cozza con la visione ecumenica della tradizione cattolica, nell’ansia di salvaguardare l’alto Magistero dell’istituzione ecclesiastica…
Relegata ai margini di una realtà sempre più secolarizzata, la Curia vaticana si sente assediata e quindi attacca. Tuttavia, svuotato il Santo Uffizio di ogni potere coercitivo, non può certo ricorrere alle funzioni repressive dell’apparato inquisitorio. E non potendo più fare affidamento sul sollecito intervento del braccio secolare indirizza le sue pressioni alla ‘Politica’ per imporre, tramite l’apporto del legislatore, quei valori religiosi e quelle prescrizioni dottrinali che non riesce più a trasmettere per convinzione nelle coscienze altrui. Si tratta di un laido mercimonio tra politicanti in cerca di legittimazione e la Chiesa dei No che, con le sue censure tradotte in “Legge dello Stato”, pretende di limitare e condizionare le scelte dei singoli.
In questo, papa Benedetto XVI si muove con l’eleganza di un elefante, mentre la CEI lo supporta con la petulanza di una zanzara.
Privo del sex-appeal mediatico che contraddistingueva il suo predecessore, Joseph Ratzinger non dice cose diverse. Tuttavia, la sua incapacità comunicativa è imbarazzante.
[Peggio di tutta l’opposizione parlamentare messa insieme!]
Sarà la scarsa dimestichezza con la lingua italiana, il rigore teutonico, il cipiglio del vecchio cattedratico, ma le considerazioni ecumeniche di questo Benedetto papa si riducono ad una cascata di NO, in una tensione ideale da ancient regime ferma al Congresso di Vienna e contro il “bieco Illuminismo”, giacché la situazione odierna è in tutto simile alla Francia rivoluzionaria del 1791 (sic!!!)

Se allora c’era la ‘dittatura del razionalismo’, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di ‘dittatura del relativismo’. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l`uomo ‘mendicante di significato e compimento’ va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi.
  [12 Agosto 2008]

Benedetto XVI ammonisce, bolla, sanziona, e non si accorge che i toni apocalittici delle sue affermazioni si perdono in crociate anacronistiche che, superato lo sgomento iniziale di noi profani miscredenti, trascendono il ridicolo ben oltre i suoi confini naturali. La sua visione della società è così ristretta e talmente retriva, da sembrare ispirata direttamente al Sillabo di Pio IX, che papa Ratzinger reinterpreta (se possibile) in chiave ancora più restrittiva, attingendo abbondantemente alla tradizione patristica. E parliamo del III-V secolo d.C.

I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra, quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte. Purtroppo però questo triste fenomeno non è circoscritto ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti. I santi, che abbiamo brevemente ricordato, ci fanno riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano; un’antitesi che attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, è giunta ad un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato. Da una parte, ci sono filosofie e ideologie, ma sempre più anche modi di pensare e di agire, che esaltano la libertà quale unico principio dell’uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo trasformano l’uomo in un dio, che fa dell’arbitrarietà il proprio sistema di comportamento. Dall’altra, abbiamo appunto i santi, che, praticando il Vangelo della carità, rendono ragione della loro speranza; essi mostrano il vero volto di Dio, che è Amore, e, al tempo stesso, il volto autentico dell’uomo, creato a immagine e somiglianza divina. Cari fratelli e sorelle, preghiamo la Vergine Maria, perché ci aiuti tutti – in primo luogo noi sacerdoti – ad essere santi come questi eroici testimoni della fede e della dedizione di sé sino al martirio. E’ questo l’unico modo per offrire alle istanze umane e spirituali, che suscita la crisi profonda del mondo contemporaneo, una risposta credibile ed esaustiva: quella della carità nella verità”
  [9 Agosto 2008]

Come la Democrazia, anche l’Umanesimo o è cristiano oppure non è.
In pratica, Benedetto XVI scaglia l’anatema papale contro chiunque si ponga fuori dall’esperienza evangelica. Il laico, il non credente, l’agnostico, o più semplicemente il non cristiano, sono persone senza etica, prive di qualsiasi sistema valoriale e di riferimenti ideali. Sono anzi portatori di una negazione implicita dei valori cristiani: gli unici riconosciuti. Sono animales in quanto privi di una vera umanità. Indegni di qualunque considerazione sociale, in quanto irriducibili peccatori.
 [Insomma stiamo parlando di eretici. E l’ex prefetto ‘per la Dottrina per la Fede’, già ‘Sant’Uffizio’, già ‘Santa Romana Inquisizione’, sa bene che trattamento veniva loro riservato… Forse rimpiange i tempi!]

Inquisitori domenicani interrogano eretico

 La loro presenza non è innocua, bensì contaminante per la comunità sana dei fedeli. Le loro scelte sono “arbitrarie”, “nichiliste”, addirittura corresponsabili dei campi di sterminio.
 [Però, non eravamo ‘noi’ che indossavamo la divisa nazista quando gli ebrei venivano gasati nei lager. E la coscienza a posto, perché sulla fibbia del nostro cinturone campeggiava la scritta Got mit uns… nevvero caro Ratzinger?]

CARDI

Pertanto, nella valutazione pontificale, l’Umanesimo cristiano ed il (non)umanesimo ateo sono irriducibilmente contrapposti e non conciliabili. Nel rigorismo di Benedetto XVI ciò implica un anelito allo scontro tra culture diverse che non è preoccupante, ma patologico nella sua negazione di ogni legittimazione o riconoscimento. Perciò, prima di ardere nella dannazione eterna, vediamo un po’ più da vicino i valori canonici che ispirano la carità nella Verità della Rivelazione, ai quali tutti devono attenersi…
L’analisi è forse macchinosa, ma non peregrina. E serve a sottolineare quanto sia in realtà dura e senza appello la condanna espressa da Benedetto XVI.
Papa Ratzinger è soprattutto un teologo ed il richiamo ad Agostino di Ippona (S.Agostino) appare evidente:

“Due amori hanno dunque fondato due città: l’amore di sé, portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l’amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste. La prima si gloria di se stessa, la seconda di Dio.”
  (De Civitate Dei, XIV, 28)

La scelta di S.Agostino non è casuale ed esaspera ulteriormente la condanna del cosiddetto “umanesimo ateo” (con tutte le sue implicazioni nichiliste, materialiste, relativiste, individualiste e libertarie) in quanto riconducibili addirittura al peccato originale in tutta la sua gravità primordiale.
Per Agostino, il peccato originale si configura infatti come concupiscentia cum reatu, ovvero la colpevole predisposizione d’animo (per eccesso di “libero arbitrio”) verso l’attaccamento alle cose terrene (concupiscenza). Predisposizione, e scelta, ulteriormente aggravata dal fatto che questa comporta un allontanamento dall’elemento divino e un allentamento volontario (con reato) del vincolo di sottomissione a Dio, che si vede scavalcato dall’amore per i beni terreni e le cose di questo mondo. In pratica è un violazione della “giustizia originaria” che lega l’umanità al Dio cristiano, secondo l’antico Patto.
Il concetto viene ripreso da Tommaso d’Aquino e meglio circostanziato nel suo “Compendio di Teologia”:

“La giustizia originale consiste nella sottomissione dell’uomo a Dio e nella sottomissione delle creature inferiori all’uomo”
  (Comp. Theol.  I, c. 187)

Da tale violazione scaturisce il peccato originale, che coinvolge l’uomo nella sua interezza fisica e spirituale in tutta la sua irredimibile gravità:

“La malizia del peccato originale consiste nella rivolta dell’uomo a Dio, nella ambizione di somigliare a Lui, nella folle pretesa di essere sufficiente a sé stesso, quindi nel rifiuto del suo primato, del suo amore, della sua amicizia. Ed ecco la “rottura” come posizione antitetica alla precedente: alla subordinazione della volontà umana a Dio, succede l’insubordinazione, alla quale nell’uomo segue la rivolta delle facoltà inferiori; quindi, la concupiscenza quale impulso disordinato ai beni creati”
 (Battista Mondin. “Dizionario Enciclopedico del Pensiero di S.Tommaso d’Aquino”. ESD, Bologna 2000)

Di conseguenza, il peccato originale è:

  “Una disposizione disordinata derivante dal turbamento di quell’armonia che costituiva la giustizia originale (est quaedam inordinata dispositio proveniens ex dissolutione harmoniae in qua consistebat ratio originalis justitiae)” (I-II, q. 82, a.1). S. Tommaso si affretta però a precisare che non si tratta di una semplice privazione bensì di una disposizione (habitus) corrotta, la quale comporta oltre alla privazione della giustizia originale anche un grave disordine nell’anima. Da un altro punto di vista, avvalendosi delle categorie aristoteliche, Tommaso può dire che elemento formale del peccato originale è la perdita della giustizia originale mentre il disordine delle facoltà, in particolare la concupiscenza, rappresenta l’elemento materiale. “Tutto l’ordine della giustizia originale si doveva al fatto che la volontà umana era sottomessa a Dio. Sottomissione che consisteva principalmente nella volontà, che ha il compito di muovere tutte le altre facoltà verso il fine. Perciò la volontà con la sua avversione a Dio, ha portato il disordine in tutte le altre cose. Ecco quindi che la privazione della giustizia originale che assicurava la sottomissione della volontà a Dio, è la parte formale del peccato originale; mentre tutto il disordine delle altre facoltà ne è come l’elemento materiale. Quest’ultimo disordine consiste soprattutto nel fatto che queste facoltà si volgano disordinatamente ai beni transitori: e tale disordine con nome generico si chiama concupiscenza. Perciò il peccato originate materialmente è la concupiscenza; formalmente è la mancanza (defectus) della giustizia originale” (Comp. Theol. I-II, q. 82, a. 3)
(…) L’essenza del peccato originale non viene fatta consistere nella violazione di qualche legge particolare o nella soddisfazione di qualche piacere della carne, ma in un atteggiamento di fondo dell’uomo di fronte a Dio, un atteggiamento di indipendenza, di autonomia, di “volontà di potenza”: una “volontà disordinata” (disordinata voluntas) che avanza la pretesa di costruirsi un progetto di umanità (e quindi di felicità e di salvezza) senza Dio, anzi, contro il suo volere. Gli effetti nefasti del peccato originale sconvolgono tutto l’ordine dell’universo: causano una lacerazione interiore della persona nei suoi rapporti con Dio, una lacerazione psichica nei rapporti tra facoltà sensitive e facoltà intellettive, e causano inoltre una lacerazione esteriore dei rapporti col prossimo e con il mondo della natura.
  (B.Mondin. Diz. Encicl.)

A quanto pare, col pontefice condividiamo almeno le stesse letture… Questo sì che è preoccupante!
Come si può dedurre, non esistono vie alternative al pensiero cristiano ed al sistema di valori che ne scaturisce. In virtù di ciò -lo ribadiamo- le prescrizioni pontificie non sono dirette solo alla comunità dei fedeli, ma hanno valore universale anche per chi non crede o cristiano non è.
Cosa non accettabile.

SEX & THE CHURCH
POPE 3 Ma come si trasmette ‘sto peccato originale?!?
Domanda retorica perché tanto sempre là si va a parare, secondo una fissazione ossessiva che è tutta cristiana.
Il peccato originale, come le malattie veneree, si propaga per trasmissione sessuale. Veicolo di contagio è (naturalmente) il SESSO.
Una fissazione, quella per il sesso, che sembra costituire l’unica preoccupazione costante della Chiesa cattolica, e soprattutto della sua Curia, in quanto perennemente al centro dell’azione pastorale. Ciò comporta l’ennesima infornata di divieti da imporre a credenti e non, grazie al solerte intervento parlamentare che codifica le proibizioni ecclesiastiche per legge.
[Però mandiamo l’esercito tra i monti dell’Afghanistan a combattere i taliban taaaanto integralisti]

I Padri della Chiesa, i santi dell’apostolato cattolico, aborrono la sessualità in ogni sua espressione. Ne sono inorriditi ed al contempo terrorizzati.
L’atto sessuale nella sua esecrabile impurità è:
disgustoso” (Agostino)
impuro e degradante” (Arnobio)
indecente” (Metodio)
sudicio” (Gerolamo)
vergognoso” (Tertulliano)
una profanazione” (Ambrogio)
Coerentemente, ne parlano in continuazione con insana morbosità.
Perché di sesso (forse) ne fanno poco, in compenso lo cercano dappertutto.
Il sesso costituisce un’immonda contaminazione. Soprattutto, costituisce un’irresistibile tentazione alla quale è difficilissimo sottrarsi. E questo la dice lunga sulle reali inclinazione e la continenza di certi devoti credenti. Il problema è che questi santi uomini, non paghi di salvare le proprie anime, pretendono di ‘salvare’ dalla perdizione del peccato l’umanità intera.
Per Agostino da Ippona (che però in gioventù s’era dato da fare eccome!) la finalità degli organi sessuali è unicamente procreativa. La riproduzione deve avvenire senza provare alcun piacere, come atto razionale e scevro da ogni passionalità.
Se si gode si pecca. E dunque non se ne viene proprio fuori.
In tale ottica, per paradosso, si arriva a giustificare addirittura l’incesto se finalizzato ad assicurare una discendenza, ricorrendo al racconto biblico delle figlie di Lot. A circostanziare meglio la teoria ci pensa Origene (Genesim Homiliae. 4), uno che di procreazione se ne intende!
Origene Adamazio, che pure era un pensatore raffinatissimo e non certo un idiota, a modo suo risolse il problema alla radice… Ansioso di assicurarsi la salvazione, il filosofo interpretò in senso un po’ troppo letterale un passo del Vangelo di Matteo:

“Vi sono eunuchi che nacquero così dal seno della madre, e vi sono eunuchi i quali furono resi tali dagli uomini, e vi sono eunuchi che si resero tali da sé per il Regno dei Cieli. Chi può comprendere comprenda”.
  (Matteo. 19,12)

Origene, più che comprendere, fraintese (malissimo) e procedette… Zac!!!
Nella fretta, il grande esegeta alessandrino si era alleggerito dal fardello del sesso [nel senso più stretto del termine] prima di completare la sua traduzione della Bibbia. Altrimenti, avrebbe potuto leggere per tempo che:

“Non entrerà nella congregazione del Signore colui che abbia schiacciati i testicoli o amputato il membro virile”
  (Deuteronomio. 23,2)

Immaginatevi la faccia del povero Origene…!

!!!SURPRISE!!!

Superato il fervore delle origini, le cose non migliorano in età medioevale.
Agli inizi del XIII° secolo, Uguccione da Pisa, vescovo di Ferrara, ribadisce nuovamente il vecchio concetto patristico in materia sessuale, “sottolineando a più riprese che il piacere non può mai essere senza peccato: soltanto chi non sente nulla non pecca”.
La lettura di Uguccione è particolarmente illuminante, oltre che spassosissima. Il religioso è fermamente intenzionato a stabilire con precisione cronometrica l’esatto istante in cui il solito peccato originale viene trasmesso al nascituro. Con la scusa di coglierne l’attimo, Uguccione si addentra in una esplorazione quasi ginecologica dell’amplesso e delle deviazioni peccaminose degne di condanna. La sua prosa fornisce una descrizione completa della coniunctio ad copulam… emissio spermatica… reprimendo pratiche come adducere in anum… semen in ore… coitus interruptus….
E certo una simile lettura doveva costituire per i chierici dell’epoca l’equivalente della pornografia.

GIOVINCELLI

Si può perciò constatare che la negazione delle libertà individuali passa attraverso la negazione delle libera sessualità e l’annullamento di ogni piacere, obnubilati da un martellante complesso di colpa, nella mortificazione di sé stessi. A tutto ciò si aggiunge un reiterato disprezzo per la donna, quale strumento del peccato e veicolo di contagio.

 “L’influsso della Chiesa sui costumi sessuali fu enorme. Altre società occidentali avevano espresso la loro condanna con vari gradi di severità, per l’adulterio (perseguito quasi sempre), la contraccezione (raramente), l’aborto (qualche volta), l’omossessualità (qualche volta) …la bestialità (in alcuni casi) e la masturbazione (mai perseguita). La Chiesa proibì tutte queste pratiche. Le altre società si erano arrischiate a prescrivere o a suggerire un’idonea frequenza al rapporto coniugale (…) La Chiesa dal canto suo aveva stabilito la totale assenza di rapporti, salvo l’intenzione di concepimento”.
  (Reay Tannahill. “Storia dei costumi sessuali”. Rizzoli, Milano 1985)

Pertanto, la società cristiana risultava fondata:

“Su un’insana combinazione di vergogna, timore, ed estasi spirituale (…) Il peccato era giunto a giocare nella morale cristiana un ruolo più importante della stessa redenzione. E di tutti i peccati contemplati da questa morale, nessuno fu perseguito così intensamente come i peccati sessuali.
(…) Per una sorta di misteriosa alchimia, la purezza sessuale arrivò a neutralizzare gli altri peccati, così persino l’oppressione morale e la barbarie, che divennero una caratteristica della Chiesa cattolica nel tardo medioevo e nell’età rinascimentale, non vennero più considerati peccati, in confronto alle accuse di sesso e di eresia.”
  (Reay Tannahill. “Storia dei costumi sessuali”. Rizzoli, Milano 1985)

00 - Nicolaj Bessanov

Ciò che la Chiesa ha edificato è una religione necrofila fondata sulla “Cultura del Peccato”, ossessionata dall’idea del trapasso, che geme nel culto della morte e nel disprezzo per le gioie della vita. Sostenitrice ad oltranza di un supposto ‘Diritto Naturale’ è in realtà un organismo innaturale con comportamenti ai limiti della devianza: una gerontocrazia assolutista di ottuagenari misogini e sessuofobici, che parla di cose che non conosce minimamente…
Discettano su Famiglia ed educazione dei figli, loro che vi hanno rinunciato a priori con l’istituzione del celibato.
Concionano senza tregua sulla sessualità, alla quale guardano col disprezzo dell’invidia, loro che hanno rinunciato a praticarla per voto di castità.
Predicano la povertà e accumulano denari all’infinito… Tuonano contro i “disordini sessuali”, loro che hanno fatto della pedofilia più di un sospetto… E una volta scoperti pensano che tutto possa concludersi, dicendo “Scusa”.

 HOMEPAGE