Archivio per Alan D. Altieri

La Fine delle Libertà

Posted in Masters of Universe, Ossessioni Securitarie with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 25 ottobre 2013 by Sendivogius

YES WE SCAN

L’illusione unipolare, che ad un certo punto della storia recente cominciò a solleticare le menti di quello che già il presidente e generale Dwight Eisenhower chiamava complesso militare-industriale, ha costituito l’archetipo ideologico di ciò che nelle pretese dei suoi visionari ostensori avrebbe dovuto essere il Secolo Americano.
Per lungo tempo, è stata l’ossessione dei neocon statunitensi destinata a infrangersi nella fallimentare esperienza delle guerre bushiane con tutte le loro nefaste ripercussioni.
La ‘scoperta’ di un gigantesco network di intercettazioni illegali, trafugamento informazioni, e spionaggio politico-industriale, messo in piedi dalla NSA ai danni dei maggiori partner e “alleati” con la scusa della lotta globale al terrorismo, il cosiddetto scandalo Datagate, è soltanto l’ennesimo strascico velenoso di una visione imperiale che, nonostante gli strepiti dei governi europei, rimarrà ovviamente senza conseguenze, al di là delle manfrine concilianti di O’Banana.
Prova ne è l’imbarazzato silenzio e la pusillanime ipocrisia con la quale fu velocemente liquidata la denuncia di Edward Snowden, l’ex analista della CIA braccato come un animale in fuga e costretto all’esilio (come Julian Assange prima di lui) dopo aver svelato con largo anticipo il vergognoso segreto di Pulcinella, per troppo amore della Libertà.
edward-snowden-interviewIl caso del soldato Bradley Manning, seppellito vivo in una prigione militare dopo un processo farsa, per aver rivelato al mondo i crimini di guerra perpetrati dallo USArmy, è deterrente alquanto evocativo su come la “patria della democrazia” affronti il dissenso interno e la tutela dei diritti umani.
Bradley Manning prima e dopo la detenzioneOltre un decennio prima, il provocatorio Gore Vidal, con la carica caustica che contraddistingueva la sua penna al curaro, fu tra i primi a parlare di fine delle libertà, criticando lo stravolgimento progressivo dei fondamenti costituzionali, sempre più disattesi in nome del moloch cannibale della “sicurezza nazionale”. Vidal punta il dito contro la scusa di comodo, dietro la quale si cela l’involuzione della democrazia USA verso forme sempre più autoritarie e paranoiche, individuando l’origine giuridica della piaga:

La fine della liberà «Lo spaventoso danno fisico che Osama bin Laden e compagnia ci hanno provocato, durante il Martedì del Terrore, non è nulla rispetto al doppio colpo da KO inflitto alle nostre libertà in via d’estinzione: l’Anti-Terrorism Act del 1991 e la recente richiesta al Congresso di poteri speciali supplementari. Per esempio, quello di eseguire intercettazioni telefoniche senza mandato giudiziario, oppure quello di deportare residenti legittimi e permanenti…. senza rispettare le procedure di legge e così via.
[…] In conclusione, il danno fisico che Osama ed i suoi amici possono infliggerci – per terribile che sia stato fino ad oggi – è niente in confronto a ciò che stanno facendo alle nostre libertà. Una volta alienato, un “diritto inalienabile” può essere perso per sempre, nel qual caso non saremmo più, neanche lontanamente, l’ultima e migliore speranza della terra ma solo uno squallido stato imperiale in cui i cittadini vengono tenuti a bada dalle squadre SWAT e il cui stile di morte, non di vita, viene imitato da tutti.
Dal V-J del 1945 (la Victory on Japan e fine della seconda guerra mondiale) siamo stati impegnati in quella che Charles A. Beard ha definito una “guerra perpetua per la pace perpetua”. Occasionalmente, ho fatto riferimento al nostro club “Il Nemico del mese”: ogni mese c’è un nuovo orribile nemico da attaccare prima che ci distrugga. […] In queste svariate centinaia di guerre contro il comunismo, il terrorismo, il narcotraffico, e a volte contro niente di speciale, siamo sempre stati noi a sferrare il primo colpo

 Gore Vidal
 La fine della libertà.
 Verso un nuovo totalitarismo?
 Fazi Editore (Roma, 2001)

Esaurita la finta indignazione di circostanza, sul “Datagate” calerà un provvidenziale oblio. Non ci saranno ripercussioni sulla prossima stipula del Trattato di libero scambio tra USA ed UE, ovvero la versione aggiornata su variante europea del famigerato NAFTA:

«Il NAFTA stabilisce l’immediata eliminazione dei dazi doganali su metà dei prodotti statunitensi diretti verso Messico e Canada, più la graduale eliminazione di altri diritti doganali durante un successivo periodo di quindici anni.
Il NAFTA prevede inoltre l’abolizione delle restrizioni su molte categorie di prodotti, inclusi motoveicoli, componenti auto, computer e componentistica hi-tech, forniture tessili, agricoltura. Pur proteggendo (per brevissimo tempo) brevetti, diritti di autore e marchi di fabbrica, il NAFTA cancella anche qualsiasi restrizione ai flussi di investimenti tra i tre paesi del continente nord-americano. Il NAFTA diventa quindi un’ulteriore spinta verso una DEREGULATION SELVAGGIA.
[…] Il trend cominciato con il NAFTA è destinato ad allargarsi, espandersi, dilatarsi ben oltre il NAFTA. È destinato a diventare un mega-trend, ciò che oggi chiamiamo GLOBALIZZAZIONE.
Cardine della globalizzazione resta lo outsourcing, appalto esterno, realizzato in prima istanza (produzione) nelle maquiladoras, in istanze successive (logistica) anche per i servizi. A che scopo stipendiare e assicurare un operaio di catena di montaggio a Joliet, Illinois, USA, oppure una centralinista telefonica a Porto di Potenza Picena, Marche, itaGLia, quando – per un decimo, un ventesimo di quei costi – si possono ottenere gli stessi servizi da un ragazzino di quattordici anni di Guadalajara, Mexico, o da una ragazzetta di diciassette anni di Shanghai, Cina?
The Golan Maquiladoras e outsourcing sono lo tsunami dei marchi Made-in-China, Made-in-Malaysia, Made-in-Vietnam, Made-in-Pakistan, Made-in-Wherever. E sono al tempo stesso la pietra tombale di quel marchio di cui tutti andavano tanto orgogliosi: Made-in-the-USA.
Con Schengen e il NAFTA prima, con la globalizzazione poi, l’antico sogno imperial-coloniale di Adam Smith torna così a realizzarsi appieno: materie prime e manodopera a costo quasi zero, niente assicurazioni, niente pensioni, possibilità di licenziare in qualsiasi momento, nessun ostacolo a chiudere bottega dal giorno alla notte, meno di nessun ostacolo per ricominciare daccapo in qualsiasi altra fetida, disperata cloaca del sud del mondo. Alla peggio, bisognerà mettere sul libro paga qualche dittatore-tagliagola in più e riempire di carcasse di morti di fame qualche fossa comune in più

 Alan D. Altieri
AmeriKa dämmerung?
(01/05/08)

Roman_Legion_Carpe_DiemC’è un procedente storico a questa inclinazione sempre più neo-imperiale della politica USA: la Respublica romana e l’istituzione degli stati clientes.
In questo, la piaggeria compiacente del Governo Letta e le minimizzazioni oltre i limiti della sudditanza di Emma Bonino, ministro degli esteri, che a scandalo ancora in corso esclude ogni intercettazione e abuso ai danni delle Istituzioni italiane, rivela l’irrilevanza di un intero Paese. L’esecutivo si prepara ad archiviare frettolosamente l’intera faccenda, non perdendo l’occasione per prodigarsi in atti formali di sottomissione, come si conviene al governo fantoccio di una provincia marginale di un impero in disfacimento.

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NECROLAND

Posted in A volte ritornano, Masters of Universe, Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 16 settembre 2012 by Sendivogius

Ciò che uccidi rimane a te
(dal Credo dei Necromonger)

 Ingiustamente denigrato dalla critica, The Chronicles of Riddick resta soprattutto una fucina di ottime idee (troppe), condensate a forza in un contenitore troppo piccolo per essere sviluppate appieno, in tutta la loro potenzialità cinematografica. Si ha quindi l’impressione di un assemblement di storie troncate troppo presto, prima di potersi esplicare in una narrazione epica di ampio respiro.
Al regista (e sceneggiatore) David Twohy va comunque il merito di aver creato la saga dei Necromongers: spietata setta guerriera, strutturata in una società dittatoriale fortemente gerarchizzata, consacrata ad un insano culto della morte su base penitenziale. Sono i distruttori di mondi, che fagocitano e rigenerano a loro immagine e somiglianza, in una sorta di non-vita, protesi al raggiungimento di una dimensione parallela chiamata ‘OltreVerso’ (UnderVerse)…

Erano un esercito diverso dagli altri, avanzavano fra le stelle verso un posto chiamato OltreVerso, la loro terra promessa, una costellazione di nuovi oscuri mondi.
Necromonger, li chiamano. E se non riescono a convertirti, ti uccideranno.”

 C’è da dire che l’impersonalità ieratica dei Necromonger, la loro anaffettività sociopatica, unita alla pretesa di “cambiare le menti”, in una propensione rieducativa votata all’etica della penitenza nel tempo dell’Eterna Quaresima, ha qualcosa di stranamente familiare… In parte, ricorda il cibernetico “Governo dei Tecnici”, a confronto della cui rigidità robotica i ferali Necromonger sembrano però il massimo del più gioioso vitalismo. E tuttavia, proprio come i loro omologhi galattici, sono diversamente vivi nella loro parvenza umanoide. Lontani anni luce da ogni sentimento che li possa rendere vagamente umani, sono la nuova razza padrona di un non luogo chiamato Necroland: un universo oscuro, senza storia condivisa e dunque senza futuro, destinato a rivivere i propri errori in un eterno ritorno al sempre uguale… Un non-luogo sospeso nel Limbo, imprigionato com’è in una bolla spazio-temporale, dove il loop è funzionale all’auto-conservazione degenerativa di un immutabile presente.

Quella che doveva costituire una breve parentesi, nell’eccezione emergenziale di una democrazia a sovranità limitata, rischia di diventare la regola di un nuovo potere incistato ad libitum sugli umori colliquativi del tessuto infetto di Necroland: il paese dei non-morti dalle esistenze sospese.
Grande regista di questo psicodramma teatrale (volete finire come la Grecia?!?) è il presidente Napolitano, nella più imponente operazione di salvataggio clanico per cooptazione oligarchica mai messa in scena, tramite autodafé collettivo con espiazione indotta e penitenza surrogata, nella perpetuazione dell’ordine (in)naturale delle cose.

 «I politiKanti di necroland, TUTTI i politiKanti di necroland (partito di appartenenza irrilevante), sono ormai pubblicamente e apertamente identificati come necro-Kasta.
Loro unica ragione di esistenza: perpetuare stipendi gonfiati e privilegi grotteschi, auto-concessi nella più rapace tradizione dei boiardi. Sintetizzando molteplici analisi (regolarmente sbeffeggiate) & aspre critiche (perennemente ridicolizzate):
– la necro-Kasta non ha mai ideologia, ma non vada trascurata la sua rielaborazione di profondi concetti filosofici;
– la necro-Kasta non si assume mai responsabilità, non cessa però di proporre correttivi ai guasti creati sempre da altri;
– la necro-Kasta non è mai prona alla corruzione, emolumenti finanziari le vengono elargiti a sua insaputa per maligni disegni;
– la necro-Kasta non risulta mai indagata, è vittima incolpevole & inconsapevole di complotti orditi dalla magistratura politicizzata;
– la necro-Kasta non è mai colpevole, con serafica serenità attende che venga sancita la sua ovvia innocenza;
– la necro-Kasta non ha mai conflitti d’interesse, detiene incarichi multipli solo & solamente per il bene della patria;
– la necro-Kasta non concepisce mai di dimettersi, fare un passo indietro significherebbe tradire il mandato elettorale;
– la necro-Kasta non volta mai gabbana, vede finalmente la luce nell’oscuro cammino verso la suprema verità;
– la necro-Kasta non vara mai leggi impopolari, è cruciale lasciare inalterato il rispetto verso il poPPPolo sovrano;
– la necro-Kasta non necessita mai di coerenza, troppo mutevoli sono i destini di chi è demandato all’alta legiferazione;
– la necro-Kasta non ha mai opinione, meglio farla, l’opinione, ad averla viene fin troppo spesso tra i piedi;
– la necro-Kasta non alberga mai vergogna, è sempre ingiustamente incompresa nei propri tormenti interiori;
– la necro-Kasta non accetta mai il fallimento, i suoi sforzi sono perniciosamente nullificati da bieche parti terze;
– la necro-Kasta non viene mai sconfitta, le vere battaglie devono essere ancora combattute;
– la necro-Kasta non pecca mai di affermazioni grottesche, viene costantemente fraintesa da media menzogneri & faziosi;
– la necro-Kasta non respinge mai il ricambio generazionale, i giovani però devono essere guidati, lungamente guidati;
– la necro-Kasta non pensa mai a ridurre i propri ranghi, alta partecipaZZZione è sinonimo di altiSSSima demoKraZZZia;
– la necro-Kasta non si oppone mai a porre un limite al numero di legislature, deve prima essere compreso l’arcano concetto di numero;
– la necro-Kasta non fissa mai un limite di età, il tempo porta solo & sempre maggiore saggezza;
– la necro-Kasta non fa mai abuso di droghe pesanti, è costretta ad attenuare attraverso la chimica le asprezze della cosa pubblica;
– la necro-Kasta non si accompagna mai a prostitute/i, escort, trans, quant’altro, è vittima innoCIEnte di caduchi legami sentimentali;
– la necro-Kasta non può mai cessare di essere la kasta politica più pagata al mondo, il fardello del potere DEVE essere remunerato al meglio… And whaddafuck! Right?
Eppure, prima di tutto quanto sopra e di qualsiasi ulteriore considerazione aggiuntiva, la necro-Kasta non sa/non può/non è in grado di comprendere/accettare/concepire la: ENTROPIA
[…] Valida universalmente, la legge dell’Entropia è di estrema semplicità:
Al progressivo decremento dell’energia interna, lo stato di disordine di un sistema, qualsiasi sistema, non può che aumentare. Superato il punto-di-non-ritorno di disordine entropico, il sistema finirà con il collassarsi, assestandosi a un livello di energia interna inevitabilmente più basso.
In termini elementari: Tutto ha fine.
Tutto e Tutti. Well, not exactly… NON la necro-Kasta, MAI la necro-Kasta. Per la necro-Kasta, la Fine semplicemente NON esiste.»

  DEATH ECONOMY: AUTOPSY
  (Economia della Morte: Autopsia)
  di Alan D. Altieri

Da questo punto di vista, il nefasto esperimento Monti costituisce l’estremo tentativo di auto-perpetrazione della specie, da parte delle “anime morte” che fluttuano vacue in un parlamento svuotato di senso e di rispettabilità, specchio del generale collasso del sistema partitico ridotto ad una guerra tra bande.
Il principale dogma della fede nel nuovo Credo istituzionalizzato del Montismo confessionale è: Mario Monti ha salvato l’Italia.
È poco importa se un altro Mario ha ottenuto in 10 giorni ciò che il Governo Monti non è riuscito a conseguire in 10 mesi di macelleria sociale applicata con metodo scientifico, concentrando tagli e sacrifici e mietiture unicamente a carico dei ceti medio-bassi e lavoratori dipendenti, nel trionfo del più fulgido liberismo padronale.
Al momento, tra i risultati epocali dei neo-purificatori di Necroland si possono annoverare:

a) una disoccupazione giovanile superiore al 35%
b) un tracollo del sistema produttivo ed industriale ai livelli del 1919
c) Una recessione economica, destinata ad incancrenirsi in qualcosa di peggiore persino alla “grande depressione” del 1929
d) l’assoluta e totale assenza di politiche di rilancio e di crescita economica, accompagnata però da un furore ideologico nello scardinamento di ogni diritto sociale e forma di tutela in ambito occupazionale, nella riproposizione di un modello lavorativo che guarda con nostalgia alle condizioni della prima rivoluzione industriale.
e) una pressione fiscale di tipo “svedese”, ma con servizi indegni persino dello Zimbabwe
f) una sospensione (de facto) delle prerogative parlamentari e democratiche, con l’avocazione di ogni iniziativa legislativa nelle mani di un governo (mai eletto), tramite l’esclusivo ricorso alla decretazione d’urgenza e 34 voti di fiducia in parlamento su testi di legge blindati.

È superfluo ricordare, come ampiamente prevedibile, che l’aumento dell’IVA, insieme all’incremento delle accise sui carburanti, si sarebbe inevitabilmente riflesso con un rincaro dei beni al consumo e dei prodotti di prima necessità (come i generi alimentari), determinando un aumento verticale dei prezzi proporzionale al crollo degli acquisti. A questo si aggiunga un elevato tasso di disoccupazione e di lavoratori precari sottopagati, che i sociologi anglosassoni chiamano working poors (in Italia sono più di 3 milioni!). Si tratta di una spirale perversa: l’aumento delle imposte indirette viene scaricato dai produttori sul costo delle merci; i maggiori prezzi e minore disponibilità economica legata a bassi salari, scoraggia il grosso dei consumatori all’acquisto; la contrazione della domanda genera una diminuzione dell’offerta, con conseguente diminuzione delle ore lavorate (salari ridotti) o perdita del posto di lavoro per mancato rinnovo del contratto a tempo. Ma questo non sembra preoccupare i tecnoburocrati e l’elite timocratica che li sostiene e per nulla toccata dalle (contro)riforme dei professorini al servizio del capitale finanziario. Lontano dall’empireo dei ricchissimi, la contrazione dei salari, aggravata da una tassazione esasperata e da un aumento esponenziale dei prezzi delle merci, rigorismo fiscale ed “austerity” coatta su politiche recessive, stagnazione economica, insieme ad un crescente tasso d’inflazione con conseguente perdita del potere d’acquisto, sta creando uno dei più classici casi da manuale di economia politica: stagnazione+inflazione=stagflazione, innestata su una recessione di lungo periodo. Con una peculiarità però interessante: il fenomeno è innescato dalla rigorosa applicazione delle ricette liberiste di Milton Friedman, su stretta osservanza neo-monetarista, a dispetto delle vulgata ultra-liberista che indicherebbe la “stagflazione” come una logica conseguenza delle teorie keynesiane, con la loro impronta fortemente sociale.
Ed è proprio questo il problema: c’è ancora troppa Società; per questo esistono i cavalli di Troika per l’assalto dei nuovi Necromongers.

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