Archivio per Akumetsu
La leggenda dei leader straordinari
Posted in Masters of Universe with tags Akumetsu, Anime, Costume, Fumetti, George Bush, Giappone, Haunebu, Hokuto no Ken, Joseph Ratzinger, Junichiro Koizumi, Liberthalia, Mahjong, Manga, Mudazumo Naki Kaikaku, OAV, Owada Hideki, Papa, Pop-Art, Società, Taro Aso, The Legend of Koizumi, Vladimir Putin, Yulia Timoshenko on 4 ottobre 2011 by SendivogiusE se i pricipali leaders del pianeta fossero in realtà dei super-eroi, pronti a sfidarsi senza esclusione di colpi al tavolo del Mahjong?
In Giappone, “La Leggenda di Koizumi” è conosciuta col titolo di Mudazumo Naki Kaikaku, che può essere tradotto grossomodo come “Riforma senza tiri sprecati”, in allusione al lancio dei dadi nel gioco del mahjong.
Intendiamoci! Paragonato al manga di Owada, “Akumetsu” in confronto è un trattato di satira politica, dalla raffinata critica sociale… ed è tutto dire!
Trasformato il satellite in una colonia nazista, i nuovi nazi-seleniti lanciano la loro sfida alla Terra, organizzando uno speciale torneo di mahjong in cui si sfideranno i ‘campioni’ dei due schieramenti.
Tuttavia, in questa distopia del nazi-moe è assolutamente inutile cercare le incongruenze e le discronie, altrimenti sarebbe assai difficile spiegare come possano comparire, tra i tanti, personaggi del calibro di Otto Skorzeny (l’uomo che fece il blitz sul Gran Sasso per liberare il duce); generali come Erwin Rommel ed Hans Speidel (che peraltro avevano simpatie anti-naziste e appoggiarono il complotto per uccidere Hitler nel ’44); Hans Ulrich-Rudel, l’asso della Luftwaffe; insieme a personaggi spregevoli come Hermann Göring, Heinrich Himmler, il dott. Josef Mengele e Reinhard Heydrich meglio conosciuto come il “boia di Praga”. Tutti in perfetta forma e addirittura ringiovaniti. Non mancano Rudolf Hess e lo stesso Adolf Hitler, insieme ad una impossibile discendenza di Joseph Goebbels.
Unico e insuperabile, con quella sua deliziosa espressione di perfidia dai tratti quasi luciferini… Proprio come si addice ad un (finto) cattivone doc, ma in realtà col cuore d’oro!
Con simili e demenziali presupposti, la pubblicazione di The Legend of Koizumi in Giappone è stata… un successo..! Tant’è che ne è stata realizzata anche una mini serie OAV in tre episodi. E c’è da dire che non è nemmeno troppo male.
C’è un ottimo Kim Jong-il (“General Kim”), il caro leader nordcoreano, ispirato vagamente ai malvagi Mister X di James Bond…
LA BANCA DI TREMONTI
Posted in Business is Business with tags Akumetsu, Assistenzialismo, Banca del credito cooperativo, Banca del Mezzogiorno, Banca del Sud, Banco di Napoli, Banco di Sicilia, BCC, Bond, Cassa del Mezzogiorno, Credito cooperativo, Ente inutile, Giulio Tremonti, Istituti di Credito, Italia, Liberthalia, Ministero dell'Economia, Obbligazioni, Poste Italiane, Securities, Stato, Tremonti-bond on 17 ottobre 2009 by Sendivogius
Come rilanciare l’economia nel Paese della crisi che non c’è?
Quali iniziative promuovere per lo sviluppo del Meridione?
In che modo facilitare l’accesso al credito per le micro-imprese?
Tanto per cominciare, sarebbe bene NON istituire l’ennesimo ente inutile: una falsa gallina dalle uova d’oro, ingrassata con iniezioni di steroidi finanziari, da spennare in tempi di magra.
Da tempo siamo abituati agli artifici finanziari che hanno fatto la fortuna (personale) di Giulio Tremonti, fiscalista esperto in evasione fiscale, promosso per indubbi meriti sul campo a Tesoriere del Re, e divenuto sciagura collettiva. Eppure il pirotecnico ministro, che ha in puzza banchieri ed economisti, riesce sempre a stupire… E non in meglio! L’ultima creazione partorita dal pallottoliere di Tremonti ha l’odore dolciastro e stordente dei cadaveri sotto formaldeide, in omaggio alle più nefaste esperienze del passato. ‘Esperienze’ che devono piacere molto ai famuli della diaspora craxiana. Infatti, il progetto di Super-Giulio guarda lontano, nella pattumiera di famiglia, volto alla realizzazione di una struttura creditizia, a base territoriale, e sulla falsariga della sventurata “Cassa del Mezzogiorno” riesumata sotto le mentite spoglie (dal nome poco fantasioso) di “Banca del Mezzogiorno”.
È una questione di copyright, spiega il vulcanico Giulio: lui avrebbe voluto chiamarla “Banca del Sud”, ma il nome era già stato depositato.
Sulla necessità di un nuovo istituto bancario a vocazione sudista, il ministro spiega:
«Il mezzogiorno è l’unica parte d’Italia senza banche proprie. C’erano, ma sono venute meno»
Sì, in effetti i cari estinti erano venuti a mancare all’affetto dei loro cari, causa commissariamento per grave dissesto contabile a rischio fallimento. E con concreti sospetti di infiltrazioni mafiose. Ça va sans dire. Per esempio, “è venuto meno” il Banco di Sicilia, assorbito dall’Unicredit dopo decenni di sofferenza finanziaria. Emblematiche sono state le sorti del Banco di Napoli, acquisito dal gruppo Sanpaolo IMI nel 2002.
Confortati da tali precedenti, il ministro Tremonti ci assicura che la sua Banca del Mezzogiorno non sarà un “carrozzone”.
Tutt’al più, sarà un carrettino siciliano… Con la sua orchestrina, il pifferaio per i gonzi e la lupara nel cassone; i ciuchini coi paramenti della festa, sovraccarichi di nappe e nastrini, ma nutriti alla greppia pubblica.
Ma il Tremonti, improvvisatosi banchiere, insiste: “La nuova banca servirà a finanziare le piccole e medie imprese” secondo un “modello disegnato dallo Stato ma realizzato dai privati”. Con grande coerenza, The Amazing Julius specifica:
«Lo Stato non avrà un ruolo nella Banca del Mezzogiorno. Ne sarà promotore, sottoscriverà una quota simbolica di minoranza»
Infatti il grosso degli ‘oneri di partecipazione’ (chiamiamoli così) spetteranno a Poste Italiane S.p.A, per le quali è previsto “un ruolo importante”, e dunque ricadranno inevitabilmente sullo Stato che di fatto controlla le Poste.
È facile intuire che, a stretto giro di posta, il cerino (e soprattutto il cetriolo) ritorna sempre al punto di partenza. Ad accoglierlo ci saremo noi tutti, proni a subir tacendo.
Opportunamente supportata dalla solita favoletta degli investimenti privati e le fantasmatiche ‘cordate patriottiche’, è già pronta la cortina fumogena attorno ad un probabile collettore per finanziamenti clientelari e prebende assistenziali, come tradizione vuole.
Ma seguiamo pure il Bianco Coniglio nel Paese delle Meraviglie…
Lo Stato, in qualità di “socio fondatore”, si pone come “facilitatore di processi e dell’iniziativa privata”. Con tale ruolo, deve pertanto “avviare l’iniziativa e favorire l’aggregazione di una maggioranza rappresentata da soggetti privati”.
In pratica, il Presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi) su indicazione del suo sommo tesoriere (Giulio Tremonti) nomina un “comitato promotore” di 15 persone “in rappresentanza delle categorie economiche e sociali, di cui almeno cinque espressione di soggetti bancari e finanziari con sede legale in una delle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia) e uno di Poste Italiane”.
Ovvero: una conventicola d’affari, selezionata per appartenenza politica, con lauti stipendi a carico pubblico. A questi vanno poi aggiunti un’altra trentina di “consiglieri”, sui criteri di scelta dei quali non dubitiamo…
Al comitato è altresì demandata l’ardua impresa di “individuare e selezionare i soci fondatori, diversi dallo Stato, tra istituti di credito operanti nel Mezzogiorno, imprenditori o associazioni di imprenditori, società a partecipazione pubblica, nonché tra altri soggetti che condividano le finalità della Banca”. L’obiettivo del nobile tentativo dovrebbe essere il sostegno a progetti di investimento nel Meridione, aprire il credito alla media e piccola impresa, creare nuovi sbocchi occupazionali e la nascita di nuove attività “anche con il supporto di intermediari finanziari con adeguato livello di patrimonializzazione”.
E chi meglio della mafia potrebbe fungere da intermediario, con l’opportuna copertura di capitale?
Fin qui niente di nuovo: il solito corollario di buone intenzioni, attorno a roba già vista con la fallimentare (e costosissima) Cassa del Mezzogiorno. Dispiace piuttosto che ad una simile farsa si presti un istituto serio come la BCC (Banca di Credito Cooperativo), probabilmente trascinata nell’avventura dall’onorevole Pdl Denis Verdini, socio e dirigente BCC.
La vera novità dell’iniziativa consiste nell’emissione di titoli azionari e obbligazioni a “regime fiscale di favore”. Infatti, la Banca del Mezzogiorno si propone di agire:
“attraverso la rete di banche e delle istituzioni che aderiscono all’iniziativa con l’acquisto di azioni e può stipulare apposite convenzioni con Poste italiane
(…) favorire lo sviluppo di servizi e strumenti finanziari per il credito di medio-lungo termine nel Mezzogiorno
(…) offrire consulenza e assistenza alle piccole e medie imprese per l’utilizzo degli strumenti di agevolazione messi a disposizione da amministrazioni pubbliche, istituzioni multilaterali e organismi sopranazionali”.
Dopo il successone dei cosiddetti “Tremonti-bond”, rifiutati in blocco dai maggiori gruppi bancari, l’imperturbabile ministro ci riprova e crea per la bisogna una propria banca alla quale rifilare le sue securities senza mercato, a copertura di un bilancio disastrato, e rilanciare (se mai c’è stata) l’economia meridionale. Il tutto avviene di comune sinergia e in parallelo con le teorie monetariste, ormai note, applicate su scala nazionale.
Ciò che in paesi più fortunati del nostro viene considerato un’ipotesi parossistica, buona per una sceneggiatura da fumetto pulp ma difficilmente praticabile nel reale, da noi è la norma. Pertanto, ricorreremo ancora una volta alle illuminanti tavole di “AKUMETSU” (alle quali abbiamo dato un tocco di colore), che ben illustrano la manovra in atto con l’ingenuità dei semplici. Si tratta di un manga nipponico di cui abbiamo già parlato qui.

Siccome lo Stato sarebbe solo un promotore senza ruolo, coerentemente garantirà le obbligazioni emesse dalla Banca del Mezzogiorno: privata per statuto ma pubblica di fatto per quanto riguarda la copertura dei rischi di insolvenza. Infatti, “nei primi 2 anni dalla prima emissione la banca può essere assistita dalla garanzia dello Stato che copre il capitale e gli interessi”. A questa si aggiunge l’ulteriore copertura (sempre coi pubblici denari) di Poste Italiane, cooptate nello spaccio generalizzato di titoli al portatore.

Gli istituti di credito che aderiscono al progetto potranno poi rifilare allo Stato i mutui stipulati a medio e lungo termine dalle imprese meridionali. È facile immaginare che la sedicente Banca del Mezzogiorno diverrà un deposito titoli per debitori insolventi a carico pubblico. Come ciò possa “creare portafogli efficienti in termini di diversificazione e riduzione del rischio” non è dato sapere.

Stato e Poste dello Stato sono gli unici a metterci i quattrini veri. A fondo perduto. I soli a pagare in caso di perdita. Entrambi dovranno erogare gli stanziamenti per il credito reale e accollarsi le insolvenze, al contrario dei privati che incasseranno invece i dividendi di azioni e consulenze, riducendo al minimo i rischi di impresa. È la solita storia delle privatizzazioni all’italiana.

In particolare, la contropartita per la BCC è abbastanza ghiotta: la Banca del Mezzogiorno, avvalendosi dell’intermediazione della BCC, dovrà “stimolare e sostenere la nascita di nuove banche a vocazione territoriale nelle aree del Sud”, sviluppate secondo i meccanismi del credito cooperativo e dunque poste sotto controllo BCC (in probabile funzione anti INTESA-Sanpaolo e Unicredit che non hanno sottoscritto a loro tempo i bond tremontiani).
La nuova rete bancaria potrà emettere a sua volta, per il proprio sostegno e per i successivi 5 anni, altre “azioni di finanziamento, sottoscrivibili solo da parte di fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione”.
E chi sottoscriverà i nuovi titoli, garantendo il loro valore tramite l’acquisto costante? Avete indovinato vero?!? Il Ministero dell’Economia, ovvero Tremonti, potrà emettere decreti propri per autorizzare (e soprattutto imporre) ad enti pubblici e società partecipate dello Stato, la sottoscrizione del capitale bancario e l’acquisto dei nuovi titoli, cooptando così nella struttura le partecipate pubbliche in qualità di “soci finanziatori”.
In altre parole, lo Stato si lega mani a piedi alle sorti della Banca. Però in caso di fallimento, che il ministro chiama eufemisticamente andamento non soddisfacente, dopo 5 anni di attività “l’intera partecipazione posseduta dallo Stato, salvo un’azione, è ridistribuita tra i soci fondatori privati. I soci fondatori prevedono nello Statuto le modalità per l’acquisizione delle azioni sottoscritte dallo Stato al momento della fondazione”. In pratica, lo Stato si ritroverà in mano carta straccia che nessun operatore dotato di buonsenso comprerebbe mai!