A Roma, con Gianni Alemanno non ci si annoia mai. Il personaggio è una garanzia.
Abbarbicato come una piovra sugli scogli del potere, il podestà barese prestato alla Capitale, vi resta disperatamente attaccato, peggio di una cozza e più coriaceo di un lichene, mentre il cerchio marcio dei suoi fedelissimi gli si restringe attorno, più simile ad un cappio che ad una cordata. Spesso si
rimprovera ad Alemanno di essersi contorniato di elementi impresentabili, ripescati direttamente dalle latrine dello squadrismo post-fascista e altri rigurgiti in disarmo dell’eversione nera, con l’aggiunta di fossili borbonici del clericalismo sanfedista, come se il sindachetto dallo sguardo spiritato fosse altro. In fondo (molto in fondo) da lì proviene e quello è il suo mondo di riferimento, con l’innesto di vecchi arnesi rimasti orfani del potere democristiano. Inutile aspettarsi qualcosa di migliore e soprattutto di diverso dalla sua natura.
Con l’arresto di Riccardo Mancini, amministratore delegato di EUR S.p.A, la personale parabola del camerata Gianni segna un altro punto tutto al ribasso, nel saccheggio indiscriminato e reiterato delle società partecipate dal Comune di Roma che, con ogni evidenza, Alemanno ritiene una sorta di preda bellica da spartire tra i propri vassalli.
In prospettiva, del sacco delle aziende municipali avevamo parlato in dettaglio QUI.
Tuttavia, se le società comunali costituiscono da sempre il giocattolo prediletto che la ‘politica locale’ usa per costruire e consolidare il proprio apparato di potere su base territoriale, per il collocamento delle clientele elettorali ed il controllo degli appalti pubblici, nell’ambito delle municipalizzate capitoline la EUR S.p.A. si colloca su di un piano differente e giuridicamente anomalo rispetto all’ordinaria amministrazione.
Dotata di una sua struttura societaria a gestione separata e capitalizzazione mista, con una rilevante autonomia di spesa e capacità decisionale, la EUR S.p.A. è una sorta di moloc dalle partecipazioni multiple e di grandi opportunità, come a suo tempo ebbe modo di sottolineare il giornalista Corrado Zunino in una sua lunga inchiesta…
«L’Eur è un quartiere spa – esperienza unica in Italia – dove non governa la giunta del XII municipio, amministrativamente responsabile, né, di fatto, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che pure questi signori ricchi e di estrema destra ha nominato alla guida di Eur spa (è questo il nome dell’ente padrone). Governa, appunto, Eur spa, società pubblica e privata insieme, in mano al ministero delle Finanze (al 90 per cento) e al Comune di Roma (il 10 per cento). Con i bilanci esausti che si ritrova, oggi Alemanno può solo approvare ciò che i ricchi padroni del quartiere deliberano.
“Pubblico e privato insieme, l’esistenza di Eur spa è un’anomalia totale”, dice l’economista Giorgio Ruffolo ricordando come la società per azioni controllata dallo Stato abbia ereditato dall’Esposizione universale del 1942 un ben di dio di palazzi e musei, strade e marciapiedi, parchi e innaffiatoi e che, forte della sua potenza economica (645 milioni di euro a bilancio), si muove sul territorio come farebbe un feudatario dell’undicesimo secolo che deve rispondere solo al monarca e alla sua corte.»
Corrado Zunino
“Eur, il quartiere d’oro dove comanda Parentopoli”
La Repubblica (20/05/2010)
È ovvio che, con una simile struttura e con risorse strategiche virtualmente illimitate, la EUR S.p.A. si sia rapidamente trasformata in una formidabile centrale di potere…
«E chi c’è nell’ultima Eur spa, quella protetta da Alemanno, dove sono stati mandati via i tecnici qualificati e sono entrati i tabaccai di estrema destra? Sono stati esautorati i dirigenti storici per far posto a Dario Panzironi figlio di Franco, (ex) amministratore delegato di Ama, la società pubblica che pulisce le strade della capitale. Per la Parentopoli romana, l’assunzione di uomini vicini al sindaco nelle aziende municipalizzate, Panzironi senior è indagato per abuso d’ufficio. Il manager è consigliere della società Marco Polo satellite della potente Eur spa e suo figlio Dario, già portaborse in Comune, ora è funzionario proprio dell’Eur Spa con un contratto a tempo indeterminato. Mancini ha estratto il suo nome tra sessanta curriculum ricevuti.
La filiazione ad libitum di nuove realtà pubblico-private figlie di Eur spa ha portato nei ruoli di controllo delle società “a cascata” sempre agli stessi uomini. Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, manager fedele a Gianni Letta, è presidente del collegio sindacale in sette “Eur-qualcosa” su sette. Controlla lui che sia tutto in ordine. E presidente della ‘Marco Polo spa’, fino a poche settimane fa, è stato Paolo Togni, sistemato da Alemanno in Comune alla direzione delle Politiche ambientali, nuclearista per convinzione ed estrazione professionale, coinvolto nel 2007 nelle inchieste sulla ricostituzione della loggia P2. Togni ha lasciato “Marco Polo” accusando la società di fare gli interessi di terzi. Infine, del “gruppo Mancini” fa parte Angelo Jacorossi, la Tangentopoli del 1992, un miliardo e mezzo (in lire) pagate per riscaldare le case IACP di Roma. L’imprenditore oggi amministra una società, la SACCIR, di cui è stato a lungo consigliere il nostro ingegner Mancini. Ma Jacorossi è anche l’amministratore di Eur Power: sta lanciando la “smart grid”, l’autosufficienza energetica del quartiere. Come dice Riccardo Mancini, avanguardista nero della prima ora: “Noi dell’Eur siamo una macchina guerra“.»
Di Riccardo Mancini, rampollo di una ricca famiglia di imprenditori romani, con passati burrascosi nell’estrema destra movimentista (da Avanguardia Nazionale a Terza Posizione) e amicizie pericolose nella Banda della Magliana, avevamo già parlato con dovizia di particolari QUI, in riferimento alla coorte di pretoriani che ha legato la propria fortuna alle sorti di Gianni Alemanno e che dunque lo segue ovunque.
Tra i miracolati che hanno vinto la lotteria alla corte di Alemanno, c’è sicuramente il sig. Carlo Pucci, tabaccaio di Viale Europa nel quartiere Eur, che Riccardo Mancini ha fatto imboccare all’ente, nominandolo nientemeno che direttore marketing… Forse perché Pucci, tra i suoi titoli di merito, può vantare soprattutto la propria relazione con Emilia Fiorani: presidente del CdA della SoGeRi (Società Generale Rifiuti) che, nel complicato sistema di scatole cinesi messo insieme da Mancini, ha partecipazioni congiunte tanto con la EUR spa che con l’ACEA.
Tuttavia, piuttosto che essere usata come una immensa agenzia di collocamento, la società dell’EUR si è dimostrata funzionale alla costituzione di una rete di relazioni, insieme al consolidamento dei legami di appartenenza politica e di fedeltà personali, alla stregua di una cricca massonica che trova il suo fulcro (in)naturale nella “Fondazione Nuova Italia”: la creatura privata di Gianni Alemanno, con le infinite variabili e intrecci che questo implica, a partire da una struttura ibrida di interconnessioni, e che a suo tempo avevamo analizzato in dettaglio QUI.
Istituita l’11/03/2003, la Fondazione Nuova Italia è il perno sul quale si regge il sistema di potere feudale di Gianni Alemanno e del suo deus ex machina Franco Panzironi: vecchio volpone di provenienza democristiana, campione di clientelismo di massa e nepotismo estremo, specialista in tracolli finanziari (dall’AMA all’UNIRE), che lo segue ovunque insieme agli altri barracuda di corrente…
«In tutto 449 soggetti: uomini noti, affaristi, dirigenti pubblici, imprenditori, politici ed esponenti della destra estrema. Anime diverse riunite da un collante potente: Gianni Alemanno.
Prima di tutto lui, Riccardo Mancini, vicino al sindaco dai tempi del MSI. Ufficialmente Mancini non compare nell’organigramma, ma il suo nome è scritto nero su bianco nell’atto istitutivo della fondazione.
(…) Ma Riccardo Mancini non è l’unico personaggio illustre ad aderire alla Fondazione. Insieme a lui, fin dagli inizi, c’è Daniele Anemone, fratello di Diego Anemone e principale azionista della società di famiglia costituita nel 2004, la Anemone Costruzioni. L’azienda è tra le imprese vincitrici del maxiappalto del G8 della Maddalena e finisce al centro delle inchieste dei magistrati sulle attività della Cricca, costituita proprio da Diego Anemone, da Angelo Balducci (l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici) e forte della sponda dell’allora capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Sempre nel business dei grandi eventi è un altro aderente della prima ora: Paolo Marziali, il costruttore emergente che ha realizzato il polo notatorio di Ostia, ha lavorato per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia oltre ad ottenere importanti commesse da alcuni municipi romani.
A sostenere la “Nuova Italia” figurano anche Guido Puglisi, ex dipendente Enav finito sotto inchiesta per concorso in finanziamento illecito ai partiti. E Fabrizio Franco Testa: quest’ultimo nel novembre del 2009 è stato nominato presidente di Techno Sky, una controllata Enav. Interrogato dagli inquirenti, il braccio destro di Tremonti, Marco Milanese, ha dichiarato che sarebbe stato Gianni Alemanno a favorire la nomina del manager.
Tanti sono invece i sostenitori che hanno visto fiorire fortunate carriere dentro il Comune di Roma: Alessandro Cochi è diventato delegato alle politiche sportive di Roma Capitale; Marco Cochi, collaboratore del sindaco per la cooperazione decentrata; l’avv. Mauro Lombardo, oltre alla poltrona di vicesindaco di Guidonia-Montecelio in quota PdL, ha ottenuto la carica di dirigente all’ufficio acquisti di ATAC.
Una rappresentanza importante riguarda il Ministero dell’Agricoltura, guidato dal 2003 da Gianni Alemanno. In questa famiglia i personaggi più significativi sono Paolo Gulinelli e Riccardo Diofebi, cresciuti dentro l’AGEA, la società che si occupa delle quote latte, e finiti nella SIN, l’azienda informatica controllata dall’Agricoltura ma con un capitale misto pubblico/privato. Le loro carriere hanno compiuto un notevole salto di qualità dopo la nomina di Alemanno al ministero, al punto che anni dopo Gulinelli è riuscito a strappare a SIN un contratto blindatissimo che, in caso di licenziamento del manager, prevede per l’azienda il pagamento di 144 mensilità.
Tra i fondatori compare anche Fabrizio Mottironi, con un passato vicino alla formazione di estrema destra “Terza Posizione”, nominato da Alemanno presidente di Buonitalia, la società pubblica che si occupava di promuovere il made in Italy alimentare. E ancora il defunto leader della destra radicale romana Giuseppe Dimitri, il coordinatore del PdL Vincenzo Piso, e Gioacchino Camponeschi. Una carriera come autista all’ATAC la sua prima di diventare segretario della Faisal-Cisal, quello che da molti è definito il “sindacato del sindaco”.»Daniele Autieri
La Repubblica
(26/03/2012)
Per la cronaca, Riccardo Mancini (l’ex ad di EUR SpA) è indagato per concussione, corruzione e frode fiscale dalla Procura di Roma, in virtù di
una presunta tangente da 800.000 euro versata dall’azienda bolognese Breda Menarini, relativamente all’appalto per conto di “Roma Metropolitane” (ma gestito da Eur spa), circa la fornitura di 45 filobus destinati al trasporto pubblico urbano, per il collegamento dei quartieri Laurentina e Tor Pagnotta nell’ambito del cosiddetto “corridoio della mobilità”. Il problema è che il corridoio in questione, con la predisposizione delle corsie speciali riservate ai nuovi filobus, non è stato a tutt’oggi ultimato ed i nuovi mezzi giacciono inutilizzati nei depositi.
Sostanzialmente, la tangente si configura come una forma di aiutino, un “local help” per agevolare gli affari (con una provvigione supplementare di 7.000 euro per ognuno dei 45 filobus)…
A gestire la transazione in linea diretta sono Roberto Ceraudo ex amministratore della Breda-Menarini, ed il faccendiere Edoardo D’Incà Levis, che gestisce intermediazioni d’affari nella Repubblica Ceca e provvede materialmente a predisporre la dazione in denaro.
Ad ogni modo, nell’inchiesta ritornano tutti i bei nomi del magico mondo di Finmeccanica e del suo sottobosco di intraprendenti faccendieri, dei quali ci siamo già occupati in dettaglio QUI.
C’è Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, ma soprattutto c’è Lorenzo Cola ed il suo sodale Marco Iannilli…
Secondo quanto riportato nell’ordinanza del Tribunale del Riesame:
«Un primo step per intervenire, attraverso le controllate di Finmeccanica, nella costruzione della metropolitana di Roma, un affare che poteva valere 2 miliardi di euro per Finmeccanica (…) La promessa da parte della società rappresentata da Ceraudo era necessaria a far sì che l’ATI che nel novembre del 2008 si era aggiudicata l’appalto, fosse indotta a subappaltare la fornitura dei filobus alla Breda per effetto delle pressioni operate da Mancini, il quale era espressione della società appaltante, Roma Metropolitane. Ciò costituiva il primo passo per accedere ai lavori della costruzione della metropolitana di Roma, affare ben più lucroso e appetibile.
La somma complessiva ammontava a 650/700mila euro, parte dei quali, circa 500mila sarebbe andata al Mancini. Marco Iannilli (commercialista di Lorenzo Cola, uomo di fiducia dell’allora presidente Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini) aveva quindi messo in contatto Mancini con Cola, il quale lo aveva poi incontrato a colazione, certamente nel 2009»
Per la bisogna Ceraudo crea una società off-shore con conto corrente a Londra; dunque emette una serie di false fatturazioni per un totale da 500mila euro. La provvista così creata viene trasferita su un conto svizzero gestito da D’Incà Levis e quindi rigirata su c/c gestito da Ceraudo, con una serie di triangolazioni estero vestite su conto terzi: 233.360 euro (16/03/09); 312.000 euro (24/09/09); 204.100 euro (17/07/09).
Mancini costituisce un interessante caso, non nuovo nel suo genere, di mazzetta a suo insaputa… Interrogato dal pm Paolo Ielo, (03/02/2013), avrebbe ammesso di aver percepito infatti un emolumento di 60.000 euro per il disturbo da parte di Roberto Ceraudo e dall’imprenditore Edoardo D’Incà Levis, il quale avrebbe predisposto materialmente il versamento in nero.
“Il compenso di tutto il lavoro da me svolto per la fornitura dei 45 filobus ammontava all’1% della fornitura di competenza della Breda Menarini. Poco dopo, sempre nel 2008, Ceraudo mi manifestò la necessità di ‘aiutare’ la commessa nel senso che andavano reperite risorse per un milione 200 mila euro da destinare a persone della De Santis Costruzioni in grado di influire sull’assegnazione dell’appalto.”
Mancini non ha capito bene perché gli fosse stata consegnata la cifra in questione, ma in ogni caso avrebbe reputato cosa più che normale trattenerla nelle sue personali disponibilità, anche perché secondo le dichiarazioni dell’imprenditore D’Incà Levis, la provvista in nero era destinata, molto genericamente e senza alcun riscontro, alla “segreteria di Alemanno”.
“Ceraudo mi disse che la politica voleva ancora soldi e che erano destinati alla segreteria di Alemanno. Non precisò né io chiesi se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse.”