MEMENTO

Notiziona stagionata della settimana: la sedicente Corte Penale Internazionale (per gli amici, “CPI”), su richiesta dell’Ucraina (che non riconosce la CPI), con sommo compiacimento USA (che non riconoscono la CPI), ha incriminato per presunti “crimini di guerra”, il presidente della Federazione Russa (che non riconosce la CPI). Si tratta del super-villain Vladimir Putin, in arte “The Butcher”: personaggio da fumetto pulp che dovrebbe essere già deceduto da tempo, per svariati malanni diagnosticati a distanza per mezzo stampa.

Dalle parti di Kiev, è invece tutto irreprensibile: tipo quello che cita Adolf Eichmann, per invocare lo “sterminio dei bambini russi” [QUI]; o lo stimato avvocato costituzionalista, esperto in diritto umanitario, e medico che ordinava l’evirazione dei feriti russi catturati [QUI], e altre goliardate così. No, non sono mica nazisti. E quello della CPI non è esattamente Strabismo di Venere.
Un altro macellaio, ben più che conclamato, presiede il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, col record di violazione dei diritti medesimi, nonché il “ricorso endemico” alla tortura tra le varie cosette che contraddistinguono il Rinascimeno Saudita magnificato dal Renzie d’Arabia.

Ma vabbé! Si tratta di quisquiglie insignificanti, che non scuotono minimamente l’ipocrisia monumentale del cosiddetto “Occidente” (una propaggine coloniale dell’impero americano).
 A parte il piccolo dettaglio che il principe Bin-Salman non risulta minimamente inquisito dalla CPI per le sue pratiche tipicamente rinascimentali, alla Corte Penale Internazionale dell’Aja deve essere sfuggita l’incriminazione di almeno qualche centinaio di dittatorelli sparsi per il mondo, in massima parte intronizzati col beneplacito occidentale (perché saranno anche dei figli di puttana, ma sono pur sempre i ‘nostri’ dittatori), insieme ai loro sponsor e protettori ‘democratici’, che ne garantiscono la sopravvivenza politica e permanenza al potere, con buona pace di quei “diritti umani” validi a targhe alterne.
Se l’incriminazione di Vladimir Putin ha un qualche valore minimamente morale, assieme all’uso assolutamente strumentale della CPI che si presta a certi giochetti, accanto al cattivone di tutte le Russie, sul banco degli imputati per chiamata in correità dovrebbero sedere almeno una dozzina di presidenti degli Stati Uniti, tra cui la family dei Bush al gran completo, accompagnata dalla banda di neo-cons che pretendevano di ridisegnare l’ordine mondiale a propria immagine e somiglianza, con l’avvento di un nuovo secolo americano.
A 20 anni esatti della scellerata invasione dell’Iraq e dall’inizio delle guerre umanitarie (l’istituzionalizzazione di una bugia, nella certezza di farla franca), si dovrebbe avere la decenza di ricordare ed il pudore di risparmiarci lezioncine morali di diritto internazionale.
 Strano che si permetta (ancora) ad un Domenico Quirico (che finalmente ha scoperto come menzogne e propaganda siano soprattutto ‘democratiche’) di ricordare l’infame impresa sulle paginette del quotidiano più fanaticamente atlantista, tra le sturmtruppen di invasati che invocano la terza guerra mondiale, e l’avvento di angeli vendicatori con tempeste di fuoco nella mistica dello sterminio, sbavando il loro furore guerriero sui divanetti dei tank show d’assalto.

“Iraq, 20 anni senza un perché”

L’invasione americana e inglese del 20 marzo 2003 si basava su prove false e ora sappiamo che menzogna e propaganda sono anche democratiche

«Le guerre sono quasi sempre mancanza di un perché, non hanno alcun significato, sono soltanto confusione e paura. Venti anni fa (le 23.30 ora di Washington, le 5. 30 ora di Baghdad), iniziò la invasione dell’Iraq da parte degli americani e degli inglesi. Il perché era semplicemente, desolatamente una gigantesca deliberata, pianificata, bugia. A ingannarci non fu Saddam, il dittatore, solo l’ultima delle canaglie psicopatiche del Novecento. Da lui con mani e sogni sporchi di sangue che altro potevamo aspettarci? Eravamo vigili, sospettosi con lui. Ci ingannò una democrazia, anzi la Democrazia, e ci incamminammo verso la peggiore delle catastrofi, la catastrofe morale. Con l’America eravamo fiduciosi, inermi, anche ad avere nari sottili non sentivamo odore di zolfo. Una avvelenata propaganda ci corruppe. Siamo entrati da allora in una epoca di liquidazione, di dissoluzione. Quella guerra ha distrutto molto, uomini sentimenti valori, non siamo stati in grado di ricostruire granché. E dopo venti anni siamo di nuovo in guerra. Incapaci di distinguere ormai verità e bugie.
Erano passati solo pochi minuti dalla scadenza dell’ultimatum: il presidente Bush aveva dato poche ore di tempo a Saddam Hussein per lasciare l’Iraq. In perfetto orario gli aerei americani iniziarono a colpire Baghdad per mostrare a Saddam, subito, che non era più invulnerabile. Guardavamo la CNN: ecco un’altra delle città che si smembrano davanti a noi, nei loro mattatoi. Poche ore dopo missili iracheni colpirono a caso il territorio del Kuwait. I soldati americani indossarono frettolosamente le maschera antigas e i completi per la guerra chimica. Già. L’angoscia per le micidiali armi chimiche del Rais… Precauzione inutile. Nessuno dei comandanti aveva spiegato loro che l’esistenza di quelle armi faceva parte della Grande Bugia.
Sugli schermi delle televisioni irachene apparve il dittatore: arrogante, violento come al solito. Per promettere “la vittoria” e “la gloria”, inveendo contro “gli invasori diabolici” e “i sionisti”. L’operazione si chiamava “Libertà per l’Iraq’’. Bush in un discorso alla nazione disse: “Ai soldati americani che vanno a combattere per noi dico buona fortuna e che dio vi protegga”.
Venti anni dopo che serve rievocare quella guerra: le avanzate rapide verso Bassora, Baghdad, Tikrit, le colonne dei soldati di Saddam in fuga calcinate dalle bombe al fosforo, la statua del dittatore trascinata al suolo con la faccia verso il cielo, qualche teppista iracheno che si avvicina, incerto, per sputare sul simbolo del dittatore e ingraziarsi i marines, tutti gli altri che osservano da lontano? Restano in silenzio. Un sintomo. Un segno. Ciò che si deve rievocare, scrupolosamente, bugia dopo bugia, senza dimenticar nulla è come ci ingannarono. Bush e i suoi sgangherati apostoli del Nuovo Ordine Globale. Che cosa era? Un violento, immorale, ipocrita imperialismo del caos, fatto di invasioni illegali, prepotenze diplomatiche, saccheggi economici, menzogne umanitarie.
Ripensiamo al tempo che precedette quel 30 marzo: le torri che crollano, i tre aerei trasformati in missili Cruise dal genio terrorista e suicida di Bin Laden, il patriottismo americano che vibra, in tutte le città le bandierine che sventolano senza posa dai finestrini di tutte le auto, dalle radio ossessiva la canzone di Tom Keith, il peana dei marines che prendono a calci nel sedere i cattivi di tutto il mondo: “… Perché è così che siamo fatti/così sono gli americani… “. E ancora: sul New York Times , la bibbia quotidiana dei ‘’liberal’’, i bugiardi servizi di Judith Miller sulle armi di distruzione di massa irachene “pronte all’impiego nel giro di 45 minuti!” diamine! È provato… lo giura anche Blair, il servizievole maggiordomo inglese. Thomas Friedman, a colpi di editoriali, garantiva che perfino la pace “impossibile’’ in Medio Oriente sarebbe arrivata come effetto collaterale, miracoloso alla fine di quella guerra.
Ah! Se avessimo ascoltato l’undici settembre, le torri ancora fumavano di morte, Rumsfeld al Pentagono già annunciava che bisognava attaccare non solo l’Afghanistan ma anche l’Iraq: “Quanto risulta dagli attentati alle torri gemelle deve consentirci di colpire oltre che Bin Laden anche Saddam. Dateci dentro di brutto, raccogliete tutto. Indicazioni che si legano agli attacchi ma anche quelle che non vanno bene”.
E sì, si diedero proprio da fare di brutto. Cheney, il vicepresidente, a garantire che in Niger c’erano le prove dell’acquisto dell’uranio da parte di Saddam per costruire l’atomica. Confermava, guarda guarda, Rasmussen premier danese: a Baghdad hanno l’atomica. Paziente passò all’incasso nel 2009: segretario generale della Nato. Vien da pensare a qualcun altro… fu la macchinazione perfetta, sfrontata, selvaggia di come anche in una democrazia si può inventare una guerra ancor più efficacemente che nelle tirannidi. Al segretario di Stato Colin Powell spettò la recita finale, in una seduta del Consiglio di sicurezza. Annunciò che avrebbe comunicato ciò che gli Usa sapevano sulle armi di distruzioni di massa e sulla partecipazione dell’Iraq ad attività terroristiche. Poi brandì davanti alle telecamere una provetta piena di polverina bianca.
Presiedeva la seduta il ministro degli Esteri tedesco Joscha Fischer. Lui sapeva che quella prova era una menzogna spudorata. Perché la fonte americana aveva solo un nome: il dottor ingegner Rafid al Janabi, un iracheno che per ottenere rifugio in Germania aveva fatto sensazionali rivelazioni ai servizi tedeschi: che in Iraq c’erano truppe già pronte a impiegare le armi chimiche nascoste alle ispezioni dell’Onu. I servizi avevano facilmente accertato che era un bugiardo, per di più un bugiardo mediocre. Berlino aveva avvertito gli americani. Ma “Cuverball’’, il suo nome in codice, era la principale fonte delle rivelazioni di Powell. Attese il 2005 il segretario di Stato per dire che quella recita lo “addolorava ancora”.
Non tutti si fecero ingannare. Chirac rifiutò di partecipare ritagliandosi un posto onorevole nella Storia. Le piazze si riempirono di manifestanti contro la guerra americana. E fu, purtroppo, l’ultima volta. Il 24 marzo furono consegnati gli Oscar e vinse, con metafisica indifferenza alla tristezza dei tempi, una commedia dal titolo “Chicago”. Molte star si vestirono austeramente di nero, qualcuno esibì perfino la spilla con la colomba della pace. Il regista Michael Moore accusò Bush di raccontar bugie: «Si vergogni!», gridò.
Il primo maggio sul ponte della portaerei Lincoln Bush proclamò la vittoria. Un anno dopo molti dei soldati che avevano “vinto’’ erano di nuovo in Iraq: cadevano nelle imboscate, venivano bombardati feriti mutilati uccisi come se nulla fosse accaduto. A Washington intanto annunciavano che in un anno il Paese sarebbe stato ricostruito. Mentire alla fine ti lega come una corda sempre più stretta. Non ti puoi fermare.
Saddam è stato impiccato, i mediocri e pericolosi ideologi della semplicità manichea dell’impero americano sono degli ex in pensione o sono morti. Ma da quella bugia è balzato fuori il disordine in cui viviamo, il califfato totalitario in Iraq e la guerra in Ucraina.
Dopo il 2003 non è più possibile dare un limite cronologico alle guerre, fissare un inizio con la sua proclamazione e la fine con la vittoria e la sottomissione dello sconfitto. La guerra in Iraq era iniziata sotto Bush padre, sospesa con l’embargo sotto Clinton e ripresa sotto Bush junior e non è ancora finita. Se un tempo la pace era lo scopo della guerra la bugia ci ha fatto scoprire che la guerra è diventata lo scopo della pace. Infettati dalla constatazione che menzogna e propaganda sono anche democratiche, è ormai impossibile dire: non possiamo immaginare che…»

Noi in realtà l’abbiamo sembre immaginato benissimo… Colpa di quella cosa brutta che chiamano “complessità” e che mal si abbina con l’elmetto d’ordinanza.

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12 Risposte a “MEMENTO”

  1. Quirico scrive un ottimo pezzo, da consumato giornalista qual è. Dimentica (?) però di spiegare che fummo ingannati (una parte di noi, non tutti!) grazie alla fattiva collaborazione di giornalisti come lui che si prestarono senza se e senza ma ad asseverare la narrazione americana. Volendo, quelli come lui avevano tutti gli strumenti di analisi per capire che si trattava di una narrazione mendace; ma non vollero: non lo avevano voluto in Afghanista, non lo avrebbero voluto successivamente in Libia e Siria.
    A poco vale la sua tardiva resipiscenza, se quelli come lui ripetono lo stesso giochetto ogni volta, oggi in particolare a proposito dell’Ucraina.
    Aspetto idealmente di leggerlo fra vent’anni, quando commemorando l’attuale tragico conflitto farà di nuovo toccante ammenda.

    • Quirico è come la Bella Addormentata nel bosco: aspetta che qualcuno lo risvegli dal lungo sonno; meglio se con una sberla!
      Al nocciolo della questione ci arriva pure… in ritardo, però ci arriva.
      Era partito in quarta, lancia in resta e shakò ben calcato sulla crapa pelata, alla carica dei 600 e più per spezzare le reni alla Russia, salvo poi sbattere contro il crudo principio di realtà.
      Tuttavia, rispetto all’inquietante legione di ascari coloniali e di gazzettieri infoiati con la penna tra i denti, che contraddistinguono i Cavalieri Gedi di quella succursale armata della “Nato Defense College” che sono diventate Repubblica e LaStampa, Quirico è l’unico che abbia mantenuto un minimo di lucidità e di senso critico, facendo implicitamente ammenda delle passate intemerate.
      I Giannini, le Concite, i Messina, la Famiglia Merlo (zio e nipote), i Bottura… ci hanno messo un attimo ad allinearsi al nuovo corso e convertirsi alla più becera propaganda di guerra. Dove non potè B. riuscirono gli Agnelli e la pagnotta.
      E questi erano quelli de’ sinistra!
      Sulle falangi armate delle Tocci, gli Jacoboni, i Parsi, i Riotta, i De Feo, i Cappellini… che infoltiscono i ranghi delle strurmtruppen da salotto… il disprezzo prevale sul disgusto. E sorvolo sul resto dei giornaloni, per ragioni di profilassi sanitaria.
      A me pare persino incredibile che su “La Stampa” dell’incommentabile Giannini, venga ancora consentita la pubblicazione di editoriali come questo, che mettono in discussione la divinizzazione del Churchill sul Dnepr..!

      https://infosannio.com/2023/01/24/ora-il-personaggio-zelensky-deve-accettare-il-secondo-atto/

      Roba da far gridare al Tradimento ed intelligenza col Nemico!
      Strano che Quirico non sia ancora stato attenzionato da quel baluardo di democrazia che è il Myrotvorets ucraino, finendo nelle liste di proscrizione degli indesiderabili da ‘eliminare’ (e non metaforicamente!).
      Perciò, pur nelle sue ingenuità, nelle sue profusioni di fede, e nella sua organicità speculare al ‘Sistema’, è già un mezzo evento se ad un Quirico gli pubblicano ancora certi articoli, pur sempre utili a far credere come il nostro regime a sovranità limitata sia tanto ‘plurale’…

      • Confesso che di Quirico ho letto solo un paio di articoli all’inizio del conflitto, e tanto mi è bastato per evitare la lettura degli articoli successivi. Se stavolta si fosse ricreduto prima del tempo non avrei avuto modo di accorgermene.

        • Ah nel mio caso ho sempre coltivato un certo gusto per l’Orrido, inteso come fenomeno sociale e ‘culturale’. Quindi, tendenzialmente leggo tutto, nonostante ormai reputi le testate del Gruppo Gedi più repellenti de “Il Giornale”. Del resto, il Corriere della Sera aveva già sdoganato a suo tempo l’elogio della tortura.
          Jacoboni, no! Lì siamo in piena psicosi delirante e costituisce più che altro materia da studio clinico.
          Le giravolte di Quirico invece le trovo divertenti… L’ho seguito abbastanza per notare il mutamento.
          Era partito tutto pimpante e convinto, devoto alla recita del Credo (“c’è un aggressore e un aggredito” Amen!), se non fosse che ogni tanto il tarlo del dubbio torna a rodere i suoi neuroni, scompaginandone i ranghi. Il risultato sono eccezioni dal senno fuggite, che meritano di essere segnalate, perché indizio di un disagio ben più profondo che penso serpeggi in certe redazioni convertite in uffici di propaganda bellica.

          • Ormai è sparito dai radar Toni Capuozzo che si permise di mettere in discussione la narrazione a senso unico del conflitto: insultato e messo alla gogna per poi essere opportunamente messo da parte in una sorta di “confino” per dissidenti in stile ventennio. Ora ci ritroviamo al suo posto fanatici come Lorenzo Cremonesi che appena ha il sentore di una critica indirizzata al regime ucraino cade in preda a una crisi isterica condita di volgari dileggi nei confronti dell’interlocutore che la espone.

          • “Io trovo il giornalismo embedded come assolutamente legittimo. Gli americani mi portarono a dar la caccia nel 2003 a Saddam Hussein, oppure ad inseguire Osama Bin Laden nelle zone tribali tra il Pakistan e l’Afghanistan, sono state ottime esperienze.”

            Parola dell’inviato di guerra, Lorenzo Cremonesi. E se questo è lo stato del giornalismo sul campo, figuriamoci gli invasati che predicano la crociata, dalle terze e quarte retrovie dell’infotainment da divano per l’intrattenimento salottiero.
            Ho sempre reputato il Corriere della Sera la latrina di lusso di una borghesia pseudo-liberale che ama immaginare se stessa come “illuminata” e colta, cresciuta nel mito delle tecnoburocrazie e del “merito” (purché non riguardi le loro rendite castali), dove i peggiori liquami reazionari e padronali si raccolgono in una cornice asettica e nettata per renderli meglio presentabili. Ma al di là della forma, la sostanza non cambia. L’odore resta quello!

          • Poi se abbiamo un presidente del consiglio che dà l’esempio con tonnellate di armi che invia a Kiev cercando di vendere ai cittadini la storiella oscena che “l’Italia non ci spende un euro perché erano in magazzino e non ci facevamo nulla”, scadiamo nel grottesco. Peccato che le abbiamo acquistate a suo tempo e andranno poi rimpiazzate con altri armamenti che andranno a intaccare i capitoli di spesa, come da dichiarazioni del suo ministro della difesa.
            Insomma, siamo a un dejavu del 1915/18 con interventisti fanatici, ma in questo caso rischiamo che andrà anche peggio.
            Ti allego una foto della “Gioggia nazionale” in uniforme mimetica (eh sì anche lei non ha resistito al travestimento) con patch della Nato in bella vista, in occasione di una sua recente visita in Iraq al nostro contingente.
            https://images.app.goo.gl/kJ7aDqt2FaN23D3o6

          • Io francamente non la capisco questa (brutta) abitudine di travestirsi da soldatino, che i nostri politicanti da operetta hanno preso, ogni volta che passano in rivista la truppa.
            Poi ci sarebbe da dire che i “fondi di magazzino” gentilmente e prontamente regalati (su perentoria richiesta degli ukronazi), con tutte le spese di trasferimento a carico nostro, ci sono già costati un miliardo di euro. E se scendiamo nel dettaglio, in pratica l’Esercito italiano non ha più un’artiglieria campale o controcarro: prima ci siamo disfatti dei vecchi mortai da 81 mm (e vabbé risalivano al 1943). E subito dopo abbiamo frullato via le scorte di “Milan”. Poi si è passati agli Howitzer M777 da traino; tanto ci si consolava del fatto che abbiamo (avevamo) ancora gli obici semoventi M109. Poi abbiamo dato anche gli M109. Tanto avevamo appena acquistato i nuovissimi PzH 2000, almeno finché il ducetto di Kiev non ha preteso anche quelli. E noi: “ma certo si serva pure! Desidera altro?”.
            Per contorno ha gradito pure una cospicua ‘donazione’ di cingolati M106 e blindati Lince (quelli che piacevano tanto a Benito La Russa: i linge).
            Il Pianista di Kiev non ha ancora scoperto gli “Ariete” e le blindo “Centauro”, sennò vuole pure quelle. In compenso pare però abbia deciso di alleggerirci di una sessantina di Leopard-1.
            Per il 2023 è già prevista la cessione di almeno una batteria SAMP/T (ne abbiamo due in tutto); costo del giocattolino: 800 milioni di euro, ma col munizionamento supera il miliardo.
            Tra gli altri fondi di magazzino in cessione gratuita presto arriveranno elicotteri, aerei, e presumibilmente navi. Lo scroccone di Kiev vorrebbe pure i sommergibili, ma quelli per ora li pretende dalla Germania.
            Adesso ovviamente dobbiamo reintegrare l’arsenale (praticamente semivuoto), così Zelensky può incrementare l’esproprio per cacciarci con un posto in prima fila nella Terza Guerra Mondiale, per giunta disarmati. Abbiamo pur sempre le sessanta e passa testate atomiche statunitensi, che gli USA lanceranno dal nostro territorio, trasformandoci nello scudo nucleare della NATO. Nel senso che saremo tra i primi ad essere nuclearizzati, stornandole dal sacro suolo americano (e sono soddisfazioni grandi).
            Ma ehi?! Niente paura! L’incremento dei costi bellici non impatterà sulla spesa pubblica e non avrà conseguenze sui tagli a Sanità e Istruzione. Ce lo assicura il mercante di armi, promosso a ministro della guerra. Un altro che ama travestirsi da Rambo. E allora siamo proprio in una botte di ferro. Come Attilio Regolo.
            Peraltro, dall’Italia con i salari più bassi d’Europa ed i contratti bloccati sono arrivati pure 200 milioni di euro per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici ucraini (!!). Che penso sia davvero il colmo della farsa, ben oltre il grottesco.
            E non se ne viene fuori!
            Praticamente non bastava essere una colonia americana e satellite tedesco. Adesso veniamo salassati anche da un regime da III mondo come quello ucraino, per fare la guerra ad uno stato contro cui non avevamo alcun contenzioso, ma ottimi rapporti commerciali, diplomatici e culturali (ora censuriamo Tchaikovsky e Dostoevskij, ma abbiamo l’Orchestra Kailas!); mentre la NATO è entrata direttamente in Costituzione, sostituendo quella vigente, come valore assoluto e imprescindibile.
            Non male per chi si riempie la bocca da mane a sera di “Sovranità”, abbuffandosi di “Nazzzzione”.

          • Avrai notato anche la profusione di medaglie “al valore” che il Zela distribuisce a gente che suo malgrado si trova in prima linea dopo essere stato pescato in mezzo alla strada dagli “arruolatori”: sembra una parodia del fuhrer quando a Berlino sotto assedio distribuiva medaglie a chiunque fosse in grado di tenere in mano un fucile, anche adolescenti; e visto che la storia si ripete, come si suol dire, forse arriveremo a vedere di nuovo quelle scene con questa volta la ukrojugend.
            Mi piacerebbe vedere un tuo articolo con in dettaglio le spese che stiamo sostenendo per Kiev che hai prima accennato, magari con la foto di rappresentanza del presidente in mimetica: “credere, obbedire, combattere” 😁

          • Oh ma in tal caso le stime sarebbero del tutto approssimative, e dunque imprecise, dal momento che non è dato sapere cosa inviamo, visto che (caso unico in tutto l’Occidente) i nostri “aiuti” sono secretati e non sono oggetto di controllo pubblico, dal momento che decide tutto il Governo per decreto, opponendo il segreto di Stato. Giusto a proposito di trasparenza democratica. Poi va da sé che siamo pur sempre in Italia. Perciò, chiunque può incrociare in autostrada le colonne di tir che trasportano mezzi cingolati e cannoni, facendosi quindi un’idea di ciò che parte dalla provincia di Novara e Vercelli.

            Comunque sì, che l’ho notato il Zela palestrato con le sue magliettine militari da softair della domenica, tra i rastrellati al fronte, attorniato dalla Waffen SS della sua Liebstandarte
            La sensazione è quella; l’odore è inconfondibile: puzza proprio di nazismo.

          • In merito al segreto di stato sulle forniture di armi a Kiev ogni giorno ci propinano una motivazione diversa: “il nemico non deve sapere cosa mandiamo affinché non prenda delle contromisure in anticipo”, salvo passare poi a “sono fondi di magazzino datati e inutili”; quindi rettificano la narrazione da wunderwaffen micidiali a scarti e catorci da buttare…
            Sospetto che non si voglia destare apprensione nell’opinione pubblica nel caso venisse a sapere la verità sugli arsenali svuotati.
            Come se non bastasse ci sono droni spia e ricognitori statunitensi Globalhawk che partono giornalmente da Sigonella: mancano praticamente solo i nostri contingenti militari sul campo, come già sta facendo la Polonia in via anche non troppo ufficiosa.
            La parola d’ordine è “tenere i condizionatori spenti” e vinceremo!

  2. Ehh infatti è proprio difficile indovinare cosa parte e cosa arriva. Specialmente, quando gli obici semoventi transitano per la stazione centrale di Milano..!

    Siamo o non siamo, il paese dei segreti di Pulcinella?
    Praticamente, Z. ha svuotato gli arsenali delle “forze di terra”; mancano ancora quelle di “aria” e di “mare”. Ma tempo al tempo…
    Poi manderemo pure i marmittoni con le scarpe di cartone, all’ennesima campagna di Russia…

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