Il Tempo delle Meloni

Di tanto in tanto, i poteri deboli del “paese reale” nell’Italia che conta sentono l’irrefrenabile desiderio di frugare negli scaffali dei discount della politica, alla ricerca di qualche prodotto di seconda fila da lanciare sul mercato elettorale, e riciclare scarti di nuovo che avanza.
Affascinati dal diversamente giovane, dopo averci propinato la compagnia di giro a 5 stelle, specializzata nella parodia della rivoluzione francese… dopo essere caduti in estasi mistica per un accrocco vetero-democristiano, ovvero la personificazione ambulante di un disturbo narcisistico della personalità, con addosso gli stracci lavati nell’Arno di un blairismo riesumato dopo 15 anni dal suo fallimento… dopo essersi intruppati a passo dell’oca dietro ad un ciucciatore compulsivo di rosari, travestito da gendarme con una vocazione per le imitazioni ducesche… adesso è tempo di scaldarsi con le fiamme missine di Giorgina Meloni, perché pure lei pare faccia tanto “popolo”.

In politica da quasi 30 anni, originale come le foto di una vita fa (taroccate in photoshop e abbellite del 500%) che lo staff di panzetta nera manda in giro a pomparne l’immagine di carta, Giorgina è la nuova eroina patinata del nuovismo ritrovato (malattia infantile del giornalismo senilizzato), in grado di titillare l’interesse di qualche catone settuagenario… di quelli che costituiscono la truppa d’assalto dei liberali giorgiani, ostracizzati dalle elite radical-chic per tanto ardimento incompreso di pensiero.
Oggi è il turno del prof. Marco Tarchi, che per spandere le sue raffinate riflessioni sceglie non per niente l’HuffingtonPost del nuovo corso feltriano: dirompente espressione del progressismo radicale, targato Agnelli.
Dal fondo del suo seminterrato occupato nelle case popolari, dove presumiamo viva contemplando l’avanzata delle nuove avanguardie proletarie, il prof. Tarchi non riesce a contenere il proprio stupore dinanzi alla straordinaria carica innovativa della Fratella d’Italia e della formidabile ascesa del suo partitino nostalgico nei sondaggi telefonici (che il politologo scambia per consensi reali).

“Fratelli d’Italia oggi è paragonabile solo in parte al M5S del 2013: ha storia breve e genealogia lunga, ed è composto non da gente comune ma da politici di professione. Se mancano candidati sindaci di spicco, però, non dipende solo dalla qualità politica della classe dirigente ancora da dimostrare. È il frutto di una ostilità di lunga data degli ambienti di élites verso tutto ciò che non sta a sinistra del centro. La colpa delle destre consiste nel non aver mai voluto tentare un’azione contro-egemonica”

Se i fascisti, sedicenti fratelli, d’Italia non hanno una classe dirigente neanche lontanamente degna di questo nome, ovviamente la colpa è della Sinistra che controlla l’establishment dei soliti “poteri forti” (e che stranamente non conta un cazzo però). Acuto osservatore, il prof. Tarchi fa finta di non sapere che la storia dei “Fratelli” (e soprattutto fascisti) è lunghissima: percola direttamente dal vecchio MSI del quale riprende immaginario politico ed armamentario ideologico, compreso il simbolo della fiamma tricolore, richiamandosi direttamente ai tempi gloriosi della Repubblichetta fantoccio dei filonazisti collaborazionisti di Salò (RSI), da cui i richiami nell’acronimo.
E, nonostante le cosmesi di facciata, proprio non gli riesce di andare oltre!
Se poi dalle parti della (estrema) destra neofascista sono ignoranti come capre ubriache, naturalmente la responsabilità è degli intellettuali progressisti che egemonizzano il mondo della Cultura (un tempo si sarebbe detto “culturame”), mica della naturale idrofobia che colpisce i “patrioti” ogni qualvolta si imbattono in quegli oggetti sconosciuti e terribili che chiamano ‘libri’.
Per imbastire un’azione contro-egemonica (?!?), innanzitutto bisogna studiare! Ed è difficile quando la massima espressione intellettuale di certa Destra non si eleva oltre il “Piano Kalergi” ed il complotto massonico delle plutocrazie giudaiche, mentre ammicca al nazifascismo di ritorno e celebra Léon Degrelle.
Al prof. Tarchi sfugge che le elite che si richiamano alla tradizione liberale, quelle vere e che in Italia non sono mai esistite, non certo quelle numerosissime dei cortigiani subito accorsi a baciare il pastorale della nuova Unta dal Popolo, sono conservatrici ma non per questo reazionarie.

E quasi mai hanno simpatie fasciste, perché nessuno si sognerebbe di celebrare marce su Roma, o dispensare immagini del duce come santini da salutare romanamente.
Ovviamente sono “cosmopolite”, perché sono abituate ad interrelazionarsi con ambiti più vasti, che non siano il razzismo da Bar-Sport nelle Alabame italiche della provincia profonda.
Concetti semplicissini, lapalissiani fuori dall’Italia, incomprensibili per l’ex missino Marco Tarchi che infatti indirizza altrove le sue frustrazioni accademiche, al riparo della nuova ideologia né-né.

Del resto, se abbiamo un Luca Ricolfi, ancora fermamente convinto di essere di sinistra (!), grande è allora la confusione sotto al cielo.

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