
La definizione degli eventi sull’onda gonfiata dei sensazionalismi mediatici non giova mai alla lucidità di giudizio, specialmente se l’interpretazione viene falsata dalle sollecitazioni emotive di una realtà destrutturata in costruzioni visive. E siccome in tempi di “imagocrazia” le opinioni si formano su flussi di immagini, nel livellamento dei contenuti e nella sovrapposizione dei messaggi, senza che vi sia un’apparente coerenza logica, più che di ‘opinioni’ si tratta di impressioni per suggestione indotta.
Esempio cogente ne è la schizofrenia comunicativa, con tutto l’armamentario di stereotipi popolari, con la quale viene di volta in volta tratta la questione immigratoria, tra umanitarismo e allarmismo, accoglienza e rifiuto, apertura e chiusura, in un amalgama di ingredienti diversi frollati sotto una crosta di umori contrastanti.
I fenomeni migratori sono parte essenziale della storia dell’umanità, che diversamente non sarebbe nemmeno pensabile senza il costante movimento alla base di ogni mutamento. È altrettanto vero che le migrazioni di massa, ancor più se gestite male o non gestite affatto, possono comportare enormi problemi di difficile risoluzione. Di solito, e sarà anche poco piacevole rammentarlo, quasi mai hanno avuto un effetto positivo sulle popolazioni che si sono trovate ad assorbire l’afflusso di ospiti inattesi.
Pertanto, c’è da chiedersi, quando tra qualche settimana sarà nuovamente mutata la percezione mediatica, quanti di quei tedeschi ed austriaci che ora corrono ad accogliere festanti l’arrivo dei migranti alle loro frontiere orientali risponderanno con lo stesso entusiasmo, non appena si renderanno conto che l’ondata non si esaurirà in poche decine di migliaia di profughi. Soprattutto, sarà interessante confrontarne le reazioni quando prenderanno atto che l’intera operazione non è a costo zero, specialmente nel momento in cui verranno contabilizzati gli oneri che una simile ‘riallocazione’ su vasta scala comporta; nonché l’impatto che questa avrà sui sistemi di welfare e di pubblica assistenza, con la distribuzione delle risorse interne e le
priorità di spesa ad essa connessa. Perché è evidente che gli stati europei, nella loro apparente opulenza, hanno pur sempre un limite fisiologico di assorbimento, che per giunta deve tener conto delle sperequazioni di ricchezza e delle disuguaglianze presenti al loro interno, in un continente piagato da una disoccupazione ormai endemica. A maggior ragione, dovrebbe essere piuttosto ovvio che l’Europa non può farsi carico di tutte le miserie del mondo, travasando le popolazioni di interi continenti all’interno dei suoi confini, per quanto l’evidenza possa dispiacere alle appagate Intelligentiae che si crogiolano nello spensierato empireo dei massimi sistemi, mentre festeggiano non si sa bene cosa.
E se la politica dei muri non funziona, certamente funziona ancor meno e peggio quella delle porte spalancate.

Tacendo sulla complessità delle dinamiche macroeconomiche e del riassetto geopolitico, nella persistenza di crisi endemiche e conflitti permanenti, nei panni di un mediocre Simplicissimus dal fondo della nostra insipienza ci limitiamo a notare che la quasi totalità dei nuovi arrivati provenga da regioni e paesi islamici… E questo forse qualche interrogativo dovrebbe porlo sull’effettivo assetto valoriale di una cultura incentrata sulla predominanza dell’elemento religioso, in un’antitesi apparentemente insanabile con concetti come “libertà”, “laicità”, “democrazia”.. e su come una visione sostanzialmente premoderna della società sia compatibile coi sistemi europei. E magari ci si dovrebbe chiedere quanto questi siano davvero attrezzati per resistere alle eventuali spinte centrifughe pompata al proprio interno, senza un adeguato assorbimento culturale e riconoscimento alla base di ogni integrazione.
Secondo un’ottica molto superficiale, a giudicare dalle banlieue francesi, dalle rivolte in Svezia (nonostante il suo ‘mitico’ livello di inclusione sociale), i fatti di Londra, dagli attentati di Copenaghen a quelli di Parigi (per citare i fatti più recenti e tacere gli eventi passati), si può dire che finora l’esperimento è ampiamente fallito…
Ci si chiede pure dove siano i petrodollari sauditi, così copiosi nell’affluire per finanziare ogni predicatore errante presente sulla piazza ed i sedicenti centri ‘caritatevoli’ per l’indottrinamento fondamentalista, ma improvvisamente assenti quando si tratta di assistere e sostenere milioni di musulmani in fuga dall’inferno, spalancato sotto i loro piedi dal fanatismo religioso.
L’impertinente Simplicissimus domanda modestamente, e senza troppe pretese, come inoltre i governi europei pensano di affrontare la questione nel corso dei prossimi anni, sulle diverse direttrici di un medesimo fenomeno in fieri. Né può fare a meno di porsi dubbi sulle contraddizioni nell’affrontare la situazione…
Dopo aver spezzato le reni alla Grecia, trasformata in un protettorato tributario per liquidazioni in svendita dei propri beni pubblici, e prostrato la popolazione ellenica a livelli di sottosviluppo, in un curioso afflato di umanità tardiva la Germania di frau Merkel spalanca (apparentemente) le proprie porte ai profughi, derogando ai sacri trattati (immodificabili nel caso greco) e sospendendo tutte quelle pratiche di identificazione e riconoscimento, che invece pretende vengano messe in atto in Italia senza eccezioni. E nel farlo biasima con durezza quell’Ungheria (insieme alla Repubblica ceca) che, maldestramente e rudemente, agisce nell’applicazione di quelle stesse norme così platealmente sconfessate.
Berlino accoglie ventimila profughi che con un forzatura si sono sottratti alle ordinarie pratiche di ammissione, ma sospende l’accettazione delle richieste d’asilo, per la bellezza di 75.000 domande, di quanti invece attenendosi alle procedure vigenti avevano correttamente esplicato le regolarità burocratiche, spesso soffermandosi nei campi profughi improvvisati nei Balcani e lì abbandonati in pessime condizioni, nel sostanziale disinteresse di quell’UNHCR così prodigo di raccomandazioni in conto terzi.
Cosa accadrà quando e se i profughi dovessero sfiorare il milione? E che soluzioni si prevedono, quando ad essi si aggiungeranno le centinaia di migliaia di “migranti economici” in esodo dall’Africa subsahariana che dovrebbero essere rimpatriati secondo disposizioni, ma che per il momento vengono raccolti direttamente in prossimità delle coste libiche per essere portati in Italia oggi ed ‘espulsi’ (chissà) domani.
Ci si chiede quali siano altresì i requisiti d’accesso, in base ai quali stabilire chi va accolto in deroga alle normative ancora vigenti. E se il metodo discrezionale non sia legato alla forza di chi più spinge per salire sui treni alla frontiera, o alla copertura mediatica di infanti in fasce e madonne piangenti. Cosa di cui con ogni evidenza non possono godere le comunità yazide del Sinjar ed i cristiani assiro-caldei, strappati dalle proprie case e costretti in una lenta agonia nella terra di nessuno, in seguito alla prima grande pulizia etnica del XXI secolo.

E tutto ciò è stato consumato, senza che nessuno nell’Europa riscopertasi umana se ne sia dato troppo pensiero, a partire dalle mandrie ambulanti di commentatori da salotto televisivo.
Si cannibalizza il corpicino del bambino curdo fotografato sulla spiaggia turca di Bodrum, pascendosi dei suoi resti mediatici in un culto macabro e necrofilo di pietismo da esposizione, ma sia mai che ci si interroghi sulla cause, sui perché e da chi la famiglia stesse scappando. E non una domanda sulle responsabilità della Turchia, dalle cui spiagge pure i disperati partono alla ventura. Perché forse tutte le responsabilità non sono sempre e solo concentrate nell’emisfero occidentale del pianeta.
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This entry was posted on 6 settembre 2015 at 21:08 and is filed under Kulturkampf with tags Cultura, Esodo, Europa, Germania, Grecia, Immigrazione, Liberthalia, Migranti, Mondo, Occidente, Profughi, Società. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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7 settembre 2015 a 14:46
Articolo grandioso!
7 settembre 2015 a 21:50
Mi associo. Articolo da incorniciare. Lei ha saputo offrire un’analisi lucidissima e porre delle domande che volano al di sopra dei ragli dei salvinidi e dei meteorismi libtard. Grazie di esistere.
8 settembre 2015 a 15:20
Grazie a tutti voi per esserci
10 settembre 2015 a 22:58
Ho letto decine di articoli da te pubblicati e voglio farti i complimenti per la capacità di combinare satira e informazione obbiettiva; riguardo a questo articolo, vorrei citare Marcuse. ”Più che alla classe lavoratrice nel suo complesso, la quale appare sempre più integrata nel sistema, di cui tende a condividere i valori, Marcuse guarda appunto agli studenti e a gruppi marginali come i negri, i guerriglieri del terzo mondo, gli emarginati e il sottoproletariato delle città, come a potenziali soggetti rivoluzionari: al tempo stesso, tuttavia, egli riconosce la loro impotenza se non si alleano con altre forze di opposizione organizzate all’interno della società.” Potrebbero essere i costi e i problemi portati dai migranti a far esplodere le decadente società occidentale?
11 settembre 2015 a 01:19
Innanzitutto ti ringrazio per i generosissimi complimenti dei quali mi sento davvero onorato, a maggior ragione se provengono da Lettori dalle indubbie capacità critiche.
In merito alla tua domanda, ti rispondo sinceramente che per molto tempo il quesito mi ha più che sfiorato. E in cuor mio ho anche sperato che così potesse essere, in riferimento a quel potenziale “rivoluzionario”, soprattutto se alleato “con altre forze di opposizione organizzate all’interno della società“.
Alla luce delle mie modestissime esperienze, e per quello che mi è dato da osservare, non ci credo più e a maggior ragione oggi non lo credo affatto possibile…
Una parte considerevole della massa anonima che affluisce come un fiume in piena nelle metropoli europee come falene attirate da una lanterna, è costituita da aspiranti ‘consumatori’, piccoli-borghesi in embrione, che di quell’Occidente guardano la superficie di benessere fittizio, e lo immaginano come un immenso centro commerciale di merci in pronta consegna.
Aspirano alle sue sicurezze sociali, e ne considerano il welfare come una sorta di “pozzo di S.Patrizio” potenzialmente inesauribile in una terra di Begodi. Se vi è “fame”, non è certo inedia da denutrizione, ma una fame compulsiva di merci e beni di consumo (spesso voluttuario) come nel peggior feticismo.
L’immagine più cattiva che mi viene in mente?!? Gli zombies di Romero (Dawn of the Dead) che premono contro le vetrate dell’immenso centro commerciale.
Ovviamente, c’è una (fortissima) questione umanitaria e sacrosanto desiderio di sicurezza sociale e protezione; ma se fosse solo così, per trovare asilo, un paese europeo varrebbe l’altro. E invece mi pare che tutti ‘vogliono’ andare in Germania e Svezia (e G.B.), perché più ricchi e più generosi nelle erogazioni pubbliche, come se l’accoglienza fosse una sorta di investimento da capitalizzare in conto a quei paesi da cui più si crede di poter attingere.
Se dovessi volgere la cosa in termini marxisti, mi viene in mente il Lumpenproletariat, il “proletiariato straccione”, i cosiddetti “declassati” contro i quali le pagine di Karl Marx (e F.Engels) grondano un disprezzo pressoché assoluto (in contrasto con l’esaltazione che invece ne fa Bakunin). A tal punto da definire il sottoproletariato come “la putrefazione passiva degli strati più bassi della società”, insieme a quegli “ordini medi” che da sempre costituiscono lo strumento privilegiato di ogni processo reazionario:
“Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l’artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari, poiché cercano di far girare all’indietro la ruota della storia. Quando sono rivoluzionari, sono tali in vista del loro imminente passaggio al proletariato, non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, e abbandonano il proprio punto di vista, per mettersi da quello del proletariato.
Il sottoproletariato, questa putrefazione passiva degli infimi strati della società, che in seguito a una rivoluzione proletaria viene scagliato qua e là nel movimento, sarà più disposto, date tutte le sue condizioni di vita, a lasciarsi comprare per mene reazionarie.”
(Manifesto del Partito Comunista)
“…che in tutte le grandi città forma una massa nettamente distinta dal proletariato industriale, nella quale si reclutano ladri e delinquenti di ogni genere, che vivono dei rifiuti della società; gente senza un mestiere definito, vagabondi, gens sans feu et sans aveu, diversi secondo il grado di civiltà della nazione cui appartengono, ma che non perdono mai il carattere dei lazzaroni. Facilmente influenzabili per l’età giovanile in cui il governo provvisorio li reclutava, questi elementi erano perfettamente capaci tanto delle più grandi azioni eroiche e della più esaltata abnegazione, quanto dei più volgari atti di banditismo e della più sordida venalità.”
(K.Marx. “Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850”)
Io non sono marxista (almeno non nel senso stretto del termine), e le citazioni non rispecchiano necessariamente il mio punto di vista. Tuttavia, a buon diritto, posso ritenermi uno dei pochi che le opere di Marx le abbia lette davvero (non tutte e non per intero); quindi mi piace riportarne alcuni estratti…
Credo siano una buona risposta a Marcuse ed agli esegeti della Scuola di Francoforte..;)
In genere, accade che quando per gli infiniti e ovvi motivi che è superfluo elencare, il processo di integrazione (che è lungo e difficile e solitamente funziona coi piccoli numeri) non riesce appieno, o rimane incompleto, e ci si rende conto (per dirla in termini thatcheriani) che non esistono pasti gratis, per reazione si scatena un processo di rigetto e rifiuto di quei “valori occidentali” che in fondo non sono mai stati davvero compresi, essendo misurati più che altro in termini di consumo. Sociologicamente, il processo investe le seconde e terze generazioni che guardano alle culture d’origine, poco conosciute ma acriticamente idealizzate, che vengono elevate a modello d’elezione e di contrasto in polemica con una società ospitante da cui si sentono esclusi. La recrudescenza dell’integralismo salafita nelle banlieu di Parigi e Lione ne è l’espressione più rumorosa e lampante nella sua evidenza estetica.
Non di “rivoluzione”, ma di “reazione” si tratta.
Per il resto, potrei aggiungere che la cosiddetta “società occidentale”, per quanto investita dalla crisi, non è poi così “decadente” come in genere la si ama dipingere. Forse non godrà di ottima salute, ma attualmente non mi pare che le alternative dall’Africa, al Medio Oriente (e le prosecuzioni al suo Estremo), all’America Latina, vantino salute migliore….
14 settembre 2015 a 19:34
Quindi a meno di riuscire a integrare nella società decine di migliaia di migranti avremo in futuro altri disordini come quello delle Banlieues?
In uno scenario futuro di risorse sempre più scarse da condividere fra sempre più persone, l’Europa dei prossimi decenni potrebbe non rappresentare più quel ‘centro commerciale’ per i futuri migranti: se fino ad ora con crisi si intende perdita di posti di lavoro e calo dei consumi, un domani molti degli stessi europei potrebbero andare a ingrossare le fila del sottoproletariato. Ti chiedo scusa se non riesco bene ad articolare il mio pensiero, nessuna citazione può aiutarmi nell’essere più chiaro; per la prima volta nella storia umana tra non molti anni le risorse primarie (fonti energetiche e cibo) potrebbero non essere sufficenti a livello planetario, e questo impedirebbe al sottoproletariato di vivere degli altrui rifiuti o di essere reclutati dalle classi dominanti
15 settembre 2015 a 00:38
Non denigrare la tua intelligenza, giacché non potresti esplicare il tuo pensiero in maniera più chiara..;)
Per tornare al tuo ragionamento sul consumo delle risorse planetarie, non essendo un esperto di “carrying capacity” (ignoranza totale!) non posso dare una risposta attendibile.
Personalmente, non penso che le risorse del pianeta siano scarse o insufficienti, credo semplicemente che siano distribuite male. E che ‘qualcuno’ consumi (sprechi) decisamente troppo.
Anche perché forse, per parafrasare il concetto, mai nella storia le risorse primarie sono state tanto accessibili ad un numero così vasto di persone.
E qualora non dovessero essere più sufficienti per permettere “al sottoproletariato di vivere degli altrui rifiuti o di essere reclutati dalle classi dominanti“, in tal caso esiste sempre una valvola di sfogo tipica dell’umanità, per ripristinare il ‘naturale’ equilibrio demografico… In passato qualche idiota l’ha definita “igiene del mondo”… E sappiamo bene come è andata a finire, insieme a tutti i risvolti e le conseguenze della pratica in oggetto….