
L’Italia è un paese di destra. Lo dicono tutti e te lo ripetono in continuazione; soprattutto all’interno del cosiddetto Partito Democratico, che infatti ha rinunciato da tempo ad essere di ‘sinistra’ (ammesso lo sia mai stato davvero), parlando unicamente alla sua destra e realizzando quasi tutto quello che ai partiti propriamente conservatori e ‘moderati’ non era riuscito di fare. Con la conseguenza che non sfonda a destra e sprofonda alla sua sinistra, come e peggio di un brocco schiantato.
Con una di quelle straordinarie metafore che contraddistinguono lo squallore della minoranza fantasma che si agita nel ventre molle del partito bestemmia, per spiegare
l’eccezionale crollo di consensi di questo governo-truffa, Cesare Damiano ha paragonato il suo partito allo scolo di un lavandino, ovvero una “vasca dove escono elettori di sinistra dallo scarico ed entrano quelli di destra dal rubinetto”, fallendo miseramente nell’obiettivo.
Noi non avremo saputo immaginare di peggio. E la sola visione che ci sovviene nella mente è lo spurgo intasato di una vasca che continua a riempirsi di liquami.
In effetti, l’esperimento non poteva funzionare: a tutt’oggi il PD è l’unico vero partito compiutamente di centrodestra, nella sua dimensione europeista e liberaleggiante. Niente a che vedere con la destra propriamente fascista, populista, clericale e reazionaria, che tanto piace all’elettore moderato italiano.
Perciò, con tutta la coerenza che contraddistingue il personaggio, Cesare Damiano è il fondatore dell’ennesima corrente nell’ambito delle cinquanta sfumature di sì che costituiscono la cosiddetta “minoranza interna”: siccome non condivide nulla delle politiche messe in atto dal Bambino Matteo, giudicandole “incoerenti” e “fallimentari”, ha deciso di schierarsi dalla parte dello stesso, per puntellarne l’esecutivo con un appoggio incondizionato ma ‘critico’. Quando la “Ditta” chiama, i crumiri si mobilitano, per “migliorare le proposte del governo” (e tenersi stretta la poltrona che scotta, sotto al culo).
Questo perché Damiano ed i suoi compagni di merenda non sono “né gufi né struzzi”. E infatti per spiegare il fenomeno l’ornitologia non basta…
Bisogna passare direttamente al mondo degli invertebrati; al ché la figura del lombrico sarebbe perfetta, se non fosse che il molliccio oligocheta è in realtà un organismo utilissimo in natura. Damiano e la sua nuova minoranza renziana all’interno della minoranza anti-renziana, invece no.
Pertanto, di tutti i problemi che sembrano funestare quella cricca affaristico-clientelare, incistata attorno al comitato elettorale permanente per la promozione personale del Piccolo Principe, la causa di tutti i mali sembra essere il sindaco della Capitale: quell’Ignazio Marino reo di omessa complicità con l’associazione a delinquere che s’è magnata Roma, con la complicità di mezzo PD capitolino e la fascisteria romana al gran completo. Non per niente, contro il sindaco in disgrazia si concentra l’attacco seriale delle madonnine svelate, portate in processione al governo; ovvero le gattemorte del pollaio renziano…

E si ragiona non su come superare la crisi irreversibile che sta strangolando la città in una morsa letale, ma come sostituire l’ingenuo “marziano”, con uno di quegli ossequienti pupazzi che costituiscono il circolo renziano… Dalla Lorenza Bonaccorsi, alla straordinaria incompetenza di una Marianna Madia; passando alla travolgente coerenza di un
Roberto Giachetti: uno dei solidi che galleggiano nell’otturato lavandino del renzismo di governo. Per non parlare della ritrovata freschezza di un Paolo Gentiloni o David Sassoli: i sempreverdi di lungo corso rutelliano, buoni per tutte le stagioni e tutte le candidature.
Sono i nomi dalla comprovata incompetenza, che dovrebbero supplire all’incapacità manifesta dell’imbranatissimo Ignazio Marino, in quello che è solo un avvicendamento di poltrone nella sistematica occupazione del potere, specialmente in vista della greppia del prossimo giubileo di cui proprio non si sentiva la mancanza. E nel proporre candidature, che hanno come unico requisito la fedeltà al boss di Rignano, si mantiene intatta l’intera struttura del partito romano perché il problema non sono certe candidature, certi personaggi, certi organigrammi di potere, ma il sindaco che a tutto ciò è sempre rimasto estraneo costituendo la vera anomalia. E per questo va rimosso quanto prima. Sempre per quella storia della “rottamazione”, che asfalta i nemici e premia gli ‘amici’, in un avvicendamento teleguidato che è solo occupazione del potere per il gusto dello stesso….

“B come Bullshitter”
di Alessandra Daniele
(21/06/2015)
«Com’era facile immaginare, la reazione di Renzi alla sconfitta è stata completamente berlusconiana.
Ha dato la colpa alla sinistra per non averlo lasciato lavorare.
S’è rammaricato di non essere stato abbastanza arrogante e accentratore. Di non aver piazzato abbastanza dei suoi incompetenti galoppini nei posti di potere del partito.
Ha annunciato l’abolizione delle primarie.
S’è lamentato d’un deficit di comunicazione. Poi s’è esibito per un’ora da Vespa in istrioniche autocelebrazioni, e stizzose minacce trasversali.
Non ha ammesso nessuno dei suoi veri errori.
Non ha riconosciuto nessuna delle reali cause della sconfitta, a cominciare dall’ennesima Deforma della Scuola.
Ha parlato di se stesso in terza persona.
Plurale.
Non ci sono due Renzi. Ce n’è uno solo. Un cazzaro.
E in questo modo non vincerà mai più.
In appena un paio d’anni, Renzi ha già raggiunto il terzo stadio del berlusconismo. Il suo tessuto degenera ad una velocità persino superiore al previsto.
Il suo immaginario B Plan anti-immigrazione è credibile quando le dentiere elettorali gratuite promesse dal canaro di Arcore alle sue vecchiette.
Fra Renzi e Berlusconi però c’è una fondamentale differenza: Renzi non controlla i media.
Quegli stessi media che hanno retto la facciata del suo Fantabosco finché gli è servito, adesso con un’orrida quanto efficace mossa dello sciacallo stanno invece convincendo gli italiani dell’esistenza di milioni di nordafricani accampati in tutte le stazioni d’Italia pronti ad invaderla.
Perché il Nazareno è morto.
La campagna elettorale è già ricominciata.
Chi in questi mesi ha descritto Berlusconi come ormai innocuo per via dell’età, della condanna, del crollo di Forza Italia, dimentica o finge di dimenticare che Berlusconi ha ancora il potere di controllare la percezione della realtà attraverso quei media che hanno trasformato l’autentica tragedia d’un pugno di disperati trattati da cani nella terrificante allucinazione collettiva di un’orda d’invasori saraceni.
I media berlusconiani non sono certo gli unici in Europa che lo stiano facendo, ma sono fra i più efficaci.
Salvini sa bene che il vento che gonfia le sue vele viene soprattutto dai ventilatori Mediaset, e che quindi la rotta della nave del centrodestra non potrà deciderla da solo. Anche Salvini come Renzi è un cazzaro che consiste solo di immagine. E come Renzi dipende da chi controlla le immagini.
Dal nucleo storico del PD, Renzi e il suo Giglio Marcio sono considerati in necrosi come un braccio morso da uno zombie, quindi da resecare al più presto. Per lo stesso motivo invece a Berlusconi e Salvini serve che Renzi rimanga a logorarsi e decomporsi al governo un altro po’, e s’intesti qualche altra Deforma, quindi è probabile che alla prossima fiducia il PD cerchi d’impallinarlo, e Verdini lo salvi. Per adesso.
Berlusconi ha sempre considerato Renzi un suo delfino. E i suoi delfini lui li mangia.»
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This entry was posted on 22 giugno 2015 at 03:33 and is filed under Muro del Pianto with tags Alessandra Daniele, Cesare Damiano, Destra, Ignazio Marino, Italia, Liberthalia, Matteo Renzi, Minoranza Pd, Partito Democratico, PD, Politica, Roma, Silvio Berlusconi. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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