A giudicare dall’offerta politica a disposizione, alle volte, si ha quasi l’impressione di trovarsi dinanzi ad una fiera campionaria, nell’esposizione circolare di prodotti a ciclo costante per l’identica riproposizione dei medesimi su ricambio stagionale. A guardarli bene, sono sempre gli stessi, opportunamente rispolverati e tirati a lucido nel corso degli anni, come in una sorta di feticismo vintage spalmato di
modernità. Alla lunga, ci si rende conto di come si tratti di un’offerta riciclata ancorché avariata, al netto della componente ideologica (negata e sublimata al ribasso) e la ridefinizione su scala partitica, attraverso la semplificazione del messaggio. Tanto più sfumati sono gli obiettivi tanto più indefiniti sono i contorni dei contenitori, sempre più vuoti, delegati alla rappresentanza in tempi di post-democrazia avanzata. In proposito, la antiche suddivisioni in “destra, sinistra, centro”, lungi dal costituire categorie dello spirito, finiscono col ridursi a meri contenitori di comodo, per
convogliare l’offerta elettorale nella liquidità del mercato politico e dei suoi empori, al di fuori dei quali monta il magma convulso dei movimentismi populisti nella maionese impazzita di un protestarismo minimalista che riduce la soluzione dei problemi in slogan ad effetto, per la lunghezza di un tweet tramite un profluvio di istanze più o meno fascistoidi.
Oppure, nella migliore delle ipotesi, si ha a che fare con degli irrecuperabili deficienti…

In fin dei conti, niente che non si sia già visto in tempo di crisi con la riedizione degli stessi copioni aggiornati ai gusti del tempo presente.
Nella definizione delle basi sociali della politica, il sociologo Seymour Martin Lipset, tracciando le differenze ideologiche dei movimenti di massa ebbe a soffermarsi sulla sulla permeabilità delle società contemporanee alle pulsioni estremiste e reazionarie; il ruolo della “classe media” in risposta ad una modernità percepita come disgregante nell’incapacità di gestire le crisi di sistema, tramite la correlazione esistente tra sviluppo economico e tenuta democratica di una società.
Lipset scriveva alla fine degli Anni ’50, ma parte delle sue analisi valgono benissimo anche per l’oggi. E noterete come certe analogie, certi ‘ritorni’, siano ancor più disarmanti che inquietanti come una sorta di meccanismo psicologico, che scatta ogni volta per pulsione auto-indotta in automatico. Per praticità semantica, si può parlare di “fascismo” in una sorta di definizione onnicomprensiva che ricomprenda anche i suoi attuali derivati. A voi il gusto di associare alla descrizione nomi e volti dell’attualità politica, in un gioco tutto al ribasso…
«La tesi secondo cui il fascismo sia essenzialmente un movimento della classe media che rappresenta una protesta contro il capitalismo e contro il socialismo, contro la grande impresa e contro i grandi sindacati, è ben lungi dall’essere originale.
[…] L’economista David Saposs l’ha egregiamente formulata in questi termini: “Il fascismo è l’estrema espressione del medio-classismo o populismo… La fondamentale ideologia della classe media è il populismo… Il suo ideale è una classe di piccoli proprietari indipendenti, fatta di commercianti, artigiani e agricoltori. Questo elemento sociale, che ora viene designato col termine di classe media, ha fatto un sistema di proprietà privata, di profitto e di concorrenza, fondato su basi del tutto diverse su quelle accolte dal capitalismo… Fin dal suo primo sorgere, tale classe si è opposta alla ‘grande impresa’, o a tutto ciò che ora si intende per capitalismo.
[…] Il populismo oggi è più forte che mai. E la classe media è più che mai vigorosa”.
E nonostante che qualcuno abbia cercato di giustificare l’appoggio fornito al nazismo dalla classe media in base alle particolari difficoltà economiche degli anni trenta, lo studioso di politica Harold Lasswell, scrivendo in piena depressione, afferma che l’estremismo della classe media scaturiva da tendenze connaturate nella società industriale, le quali avrebbero continuato a far sentire la loro influenza anche se la situazione economica fosse migliorata: “L’hitlerismo, considerato come una disperata reazione delle classi medie più povere, continua un movimento che cominciò verso la fine del XIX° secolo. Da un punto di vista puramente materiale… non è che si trovassero in condizioni economiche peggiori che un cinquantennio prima.
[…] L’impoverimento psicologico di tale classe aggravò il senso di insicurezza fra i suoi membri più influenti, preparando così il terreno ai vari movimenti di protesta di massa, attraverso i quali le classi medie potevano sperare in una rivincita.”
[…] Non deve perciò sorprendere se i piccoli uomini d’affari, in presenza di certe condizioni, si rivolgono a movimenti politici estremisti, come il fascismo o il populismo antiparlamentare, che in un modo o in una altro esprimono condanna per la democrazia parlamentare.
[…] I movimenti estremisti hanno molto in comune. Essi fanno appello agli scontenti, a quelli che psicologicamente sono senza fissa dimora, ai falliti, a coloro che sono socialmente isolati, agli economicamente insicuri, agli ignoranti, a coloro che mancano di maturità, e alle persone autoritarie di qualsiasi grado sociale.
[…] Già negli anni immediatamente successivi al 1890, Engels descriveva gli individui che “affollano la classe operaia” come “coloro che non hanno niente da sperare dal mondo ufficiale o che non sanno ormai cosa fare di esso: avversari delle vaccinazioni, sostenitori del proibizionismo ad oltranza, vegetariani, antivivisezionisti, guaritori, predicatori di comunità libere che si sono ridotte a nulla, autori di nuove teorie sull’origine dell’universo, inventori senza successo o senza fortuna, vittime di ingiustizie reali e immaginarie… onesti semplicioni e imbroglioni disonesti”.
Spesso sono proprio uomini di tali origini che conferiscono un carattere estremista e fanatico a questi movimenti e costituiscono il loro centro propulsore.»
Seymour Martin Lipset
“L’uomo e la politica”
Edizioni di Comunità
(Milano, 1963)
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This entry was posted on 28 Maggio 2015 at 18:07 and is filed under Kulturkampf with tags Classe media, Crisi, Cultura, David Saposs, Democrazia, Fascismo, Friedrich Engels, Harold Lasswell, Liberthalia, Movimento, Pensiero, Politica, Populismo, Seymour Martin Lipset, Società, Sociologia. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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28 Maggio 2015 a 21:13
alcuni giorni fa il presidente Mattarella parlava di “concezione rapinatoria della vita” diffusa fra gli italiani; non so a chi si riferisse precisamente, cmq nella mia esperienza personale so che essa non riguarda certamente i ceti più umili, pensionati, disoccupati, operai di reddito inferiore, etc; al contrario noto con sempre maggior preoccupazione che essa riguarda il cosiddetto ceto medio, alto/basso, ricco/arricchito/in via di “proletarizzazione” (Ilvo Diamanti, sic), con una netta tendenza sia a ristabilire rapporti feudali rispetto ai ceti inferiori sia a saccheggiare ulteriormente il denaro pubblico (come cosa loro, come privilegio dovuto per la loro alta funzione e collocazione sociale. “Sotto un certo tenore di vita” la classe media accoglierebbe a braccia aperte perfino Bin Laden o al-Baghdadi, altro che quel mongoloide da baraccone di Salvini!
29 Maggio 2015 a 00:54
Sono interventi come questo, ed il piacere intrinseco che scaturisce dalla loro lettura, a determinare la costanza nel portare avanti questo spazio e ripagare di tutto il tempo speso per la sua realizzazione.
30 Maggio 2015 a 20:51
a proposito di Lipset e della citazione finale di Engels, di cui sarebbe interessante sapere da dove è tratta, mi hai ricordato la cosiddetta teoria della curva J delle rivoluzioni politiche proposta dal sociologo James Davies (http://en.wikipedia.org/wiki/James_Chowning_Davies), e ripresa da James Bronner nella sua analisi della creduloneria (
https://artobjects.wordpress.com/2013/12/11/la-democrazia-dei-creduloni-gerald-bronner/). Noto una certa continuità: lì ci riferivamo ancora soltanto ai grullidi, “populisti” per definizione, adesso pare che il contagio si sia esteso…
31 Maggio 2015 a 01:21
“a proposito di Lipset e della citazione finale di Engels, di cui sarebbe interessante sapere da dove è tratta..”
Su questo, posso subito toglierti la curiosità..;) E’ uno dei corposi articoli che Friedrich Engels scrisse “sulle origini del cristianesimo”. Il testo in oggetto è stato pubblicato per la prima volta nel 1894 sulla Nuova Gazzetta. QUI puoi trovare lo scritto integrale (con la citazione interessata, alla fine del Cap.I) tradotto in inglese.
“..mi hai ricordato la cosiddetta teoria della curva J delle rivoluzioni politiche proposta dal sociologo James Davies..”
Ed io ovviamente ricordo il tuo post su J.Bronner che ha dato spunto ad una delle nostre conversazioni più corpose..:)
Per soffermarci sui nostri amici Ensiferi (o Ortotteri come preferiscono molti), sollevato il coperchio sull’abisso populista, come volevasi dimostrare, nella persistenza della crisi, non sono i grullidi a preoccuparmi, ma quelli che verranno dopo di loro una volta raccolto il testimone, nel momento in cui il “MoVimento” si esaurirà disperdendo le sue scorie tossiche nell’onda lunga dei revanchismi nazionalpopolari, neo-nazismo identitario, e riscoperte völkisch…
31 Maggio 2015 a 10:46
mille grazie! oggi la domenica sarà più luminosa e anche le campane della chiesa qui vicino sbatacchieranno in maniera più leggiadra (che di solito sono grevi e furiose, per richiamare i fedeli alla preghiera e al lavoro) 🙂
mi è anche venuta un’ideuzza: e se in una serie tipo Penny Dreadful ci mettessimo anche Engels, e anche Bakunin, insieme ai soliti Frankenstein, Dorian Gray e Mina Murray? Ambientazione: la Comune di Parigi e la guerra franco-prussiana!
31 Maggio 2015 a 15:51
😉 Te la immagini una serie statunitense fantasy-horror che inserisce nel plot richiami all’anarco-comunismo e miscela allegramente riferimenti alle rivoluzioni popolari ed alle lotte sociali di metà ‘800?!? Io sono già stupefatto che nel (godibilissimo) “Trono di Spade” sia stata inserita una fazione come la “Fratellanza senza vessilli“ che, non per niente, è comandata da morti resuscitati in vita.
1 giugno 2015 a 09:47
sembrerebbe tuttavia che al momento gli ensiferi ancora non vogliano disperdersi, cosa ti fa pensare che il moViMento si esaurirà?
1 giugno 2015 a 17:33
Col 20-25 o foss’anche il 30% da solo non governi. La forza di attrazione del MoVimento deve fare i conti con la limitazione dei numeri ed un bacino di utenza, che credo abbia raggiunto ormai la sua massima estensione. In fin dei conti, al netto delle proposte (vaghe e contraddittorie), si tratta di un contenitore vuoto, essenzialmente concepito per raccogliere voti di protesta. Al suo interno assomma tutto ed il contrario di tutto in una cacofonia indistinta. Ma alla prova dei fatti tutto il castello crolla, perché alla lunga dei risultati li devi pur portare… Vogliamo parlare delle riVoluzionarie amministrazioni comunali di Ragusa, Pomezia o Livorno?!? Su Parma sorvolo, perché Beppone a giorni alterni sconfessa il povero “Pizza”, che più che altro governa la città alla stregua di un commissario prefettizio, dopo essersi rimangiato tutte le mirabolanti promesse elettorali.
Grillo è vecchio, perde colpi e per certi versi sembra persino più rincoglionito di Silvione.
Casaleggio è fuori di testa.
In poche parole, in una simbolica uccisione dei padri, presto perderanno il controllo del MoVimento dove già si agitano troppi capetti o aspiranti tali. A breve mi aspetto una resa dei conti feroce tra Di Maio e Di Battista per la leadership.
Sostanzialmente, vivono isolati in una bolla fluttuando nella persistenza della crisi. E le bolle, si sa, più in alto volano e prima scoppiano con l’intensità di un puff!
30 Maggio 2015 a 18:04
” Il demagogo è uno che predica dottrine che sa false a gente che sa essere sprovveduta. ”
” Le posizioni estreme non sono seguite dalle moderate, ma da opposte posizioni estreme. “
30 Maggio 2015 a 20:06
Il termine esatto che H.L. Mencken utilizza per definire il gregge del demagogo è “idioti”: molto più e molto peggio di “sprovveduti”..;)
31 Maggio 2015 a 10:30
Volutamente sono stato più leggero… 🙂
Scendendo alla musica pop…
” e non so più nemmeno da chi farmi governare, vedo circhi ma non vedo pane, dillo a Giovenale…”.
l’antico “panem et circenses” o al meno antico e borbonico
” Feste, farina e forca “.
quindi nulla di nuovo sul “fronte occidentale”.