
La correlazione tra cibo e potere ha sempre costituito un connubio ideale nell’ambito dei rapporti politici. A tavola, si stringono alleanze, si intrecciano relazioni, si consumano atroci vendette e sordidi inganni, costituendo lo scenario ideale per congiure e tradimenti. Si potrebbe quasi dire che una buona cena, se ben organizzata, è a suo modo una rappresentazione del Potere, che nelle sue perversioni più estreme consuma se stesso in orge cannibaliche. Dai re mitologici come Tantalo e Licaone che pensavano di ingannare le divinità servendo loro carni umane, quando dei e mortali ancora banchettavano insieme, passando per la faida familiare di Atreo e Tieste, nella mitologia greca i banchetti conviviali nascondono spesso il pretesto per pratiche innominabili.
Oppure costituiscono occasioni ideali per eliminare i propri nemici, con esiti non sempre fortunati… Tanto per ricordare, per i funzionari romani, specialmente nel periodo tardo-imperiale, un invito a cena era il miglior modo per sbarazzarsi fisicamente di un
problema. Cesare Borgia era solito assassinare i suoi nemici al termine dei pasti: in questo, la Congiura del Magione resta il suo ‘capolavoro’ politico. Rasputin viene preso a pistolettate dai suoi anfitrioni, mentre si ingozza di dolcetti avvelenati senza risentire dello speciale condimento…
Nei casi meno drammatici, il rapporto compulsivo con il cibo costituisce una metafora della Società: meglio se corrotta, avida e insaziabile come il suo appetito… Dai ventri sformati di Falstaff e Pantagruel, fino alle antiche commedie latine, non manca mai la descrizione di fanfaroni vanagloriosi (Miles Gloriosus) e scrocconi senza vergogna (Curculio), che fanno dell’abbuffata a sbafo una ragione di vita. E il genere letterario raggiunge il suo apogeo satirico, con la mitica Cena di Trimalcione: monumento vivente alla cafoneria esibita degli arricchiti di fresco.
Se il cibo è vita, c’è chi vive per mangiare.
Oggi lo scrocco permanente supera la ragione di necessità. È bulimia senza fame. E vive di “rimborsi” su conto terzi, con risvolti comici dagli effetti boccacceschi.
Quando la Politica cessa di essere passione ideale, per farsi piccina e trasformarsi in rappresentanza scenica, di solito il potere trascende nella farsa e l’abbuffata diventa il suo metro di misura, per programmi a misura di menù. Diviene cena di rappresentanza, tra filetti di manzo e mousse ai tre cioccolati, al catering delle clientele elettorali e delle promesse a portar via.
Ottobre 2012. La Roma-bene alla “Festa della Merda” in Casa Pazzaglia.
Nella Neolingua del ritornante “partito della nazione”, la grottesca sfilata a pagamento delle truppe cammellate di una classe ‘imprenditoriale’ tra le più retrive e grette d’Europa viene definita “una scommessa per finanziare in modo diverso la politica“.
Gli anglosassoni, che possono vantare la paternità dell’invenzione, la chiamano “crowdfunding”: una pratica talmente moderna da risalire alla metà del XVIII° secolo.
Sotto elezioni, sono unanimemente conosciute come “cene elettorali”, con la differenza che da noi era il candidato ad offrire un banchetto in onore dei suoi potenziali elettori e non viceversa.
In tempi moderni, circa un ventennio fa, il “crowdfunding” è stato rinverdito con successo dai grandi leaders della sinistra (?) “moderna e riformista”, da Gerhard Schröder a Tony Blair, che dopo aver smantellato scientificamente la scala dei diritti sociali e trasformato il “thatcherismo” in un dogma universale, spalancando le porte al darwinismo di marchio neo-liberista, hanno concluso in bellezza la loro carriera politica riciclandosi come “consulenti” a peso d’oro, per gli autocrati di qualche despotato asiatico, o per le più spregiudicate holding dell’Investment Banking.
Ridiscendendo alle nostre latitudini, meglio non indagare il nesso di causalità che lega la dirigenza di un gruppo politico, ai boiardi delle commesse parastatali ed ai predatori della finanza over the counter, alle sciure impellicciate della ricca borghesia milanese ed ai bottegari arricchiti dell’abominevole generone romano (esemplari in foto), ai palazzinari in cerca di appalti ed ai banchieri a caccia di capitali, che sgomitano per entrare nell’orchestrina del one-man-show che balla in solitaria sulla plancia del Titanic. E nell’attesa staccano assegni (deducibili come spese di rappresentanza), e sottoscrivono ‘opzioni’ sulle azioni future di governo, per ottenere la protezione del bullo fiorentino e della sua baby-gang di chierichetti allo spariglio.
Vuoi mettere la twittante modernità del nuovo che avanza, in confronto all’atmosfera d’antan e un po’ paesana da cooperativa bocciofila delle vecchie Feste dell’Unità, coi suoi battaglioni volontari di friggitori di salsicce!?! O la truppa degli instancabili donnoni boteriani in forza alle cucine, intenta a scodellare con furore stakanovista tonnellate di tagliatelle in piatti di plastica a prezzi modici, per lunghe ed animate tavolate allestite alla buona tra bancarelle di libri usati in assenza di lettori?!? Interi week-end immolati al finanziamento autarchico di un partito, che un tempo si definiva “di sinistra” e che oggi assomiglia piuttosto all’afterschool di Confindustria e negrieri associati.
È la stessa razza predona, prima ancora che ‘padrona’, che considera un “costo insostenibile” retribuire (quando va bene) i propri dipendenti con meno di 900 euro mensili, dopo averne pagati mille per una singola cena con risottino. Che lamenta l’assenza di competitività ed il calo di produttività, ma non investe un centesimo in innovazione. Di tanto in tanto, leva dolenti cahiers di circostanza sulla “fuga dei cervelli”, ma reputa assolutamente normale che un ricercatore universitario venga pagato 600 euro al mese, salvo farsi meraviglia quando questi decidono di trasferirsi ovunque, dal Canada all’Australia, pur di non rimanere in una Italia dal lavoro somministrato, esternalizzato, atipizzato.. che pensa di attirare “capitali esteri” ed investitori stranieri, offrendo loro condizioni da terzo mondo: sfruttamento indiscriminato di una manodopera senza diritti e disarticolata nella propria capacità contrattuale, sullo sfondo disastrato di un Paese socialmente scollato che frana (letteralmente!) da tutte le parti.
Per ritornare ad un universo sociale estinto per assenza di rappresentanza, ai tempi del suo massimo turgore, il vecchio Silvione, dall’alto della sua statura da statista, liquidò l’insieme dell’elettorato ascrivibile a sinistra, come “coglioni”. Ovviamente, gli italiani optarono in massa per il peso massimo in questione, che in quanto a minchioneria continua ad essere un fenomeno fuori ogni scala di misurazione, coi brillanti risultati che tutti noi possiamo oggi apprezzare dopo un ventennio quasi ininterrotto di abusi ad personam e tutti rigorosamente pro domo sua.
Tuttavia, il papi della patria, prima di scoprirsi più renziano di Renzi, e venire prontamente riciclato dallo stesso come pappone costituente dopo l’interdizione dai pubblici uffici, con ogni evidenza ignorava quanto l’apporto testicolare alla masturbazione politica si componga sempre di due elementi fondamentali, riuniti assieme in un’unica sacca, come recita la formula canonica di rito: habet duos et bene pendentes!
A loro modo, sono il contorno ideale di ben altre pene, con protrusione prolungata al “centro”, ma ad inclinazione variabile secondo l’orientamento di pendenza originario. Dopo tanto penare, tra protesi, innesti, e sperimentazioni, siamo infine giunti alla monorchidia applicata alla Politica.
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This entry was posted on 14 novembre 2014 at 19:46 and is filed under Masters of Universe with tags Cene elettorali, Cesare Borgia, Cibo, Costume, Crowdfunding, Cultura, Finanziamento ai partiti, Italia, Liberthalia, Matteo Renzi, Padroni, PD, Politica, Potere, Rimborsi, Silvio Berlusconi, Società, Storia, Tavola. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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