Tutti giù per terra

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25 anni dalla caduta del Muro di Berlino e altrettanti giorni trascorsi pigramente dai media, a menarcela con ‘celebrazioni’ che non interessano a nessuno, tra uno sbadiglio e l’altro di spettatori sempre più annoiati.
A tirar le somme, dopo cinque lustri dalla riunificazione della Germania, in Europa gli unici a passarsela bene sono i tedeschi, nella loro ritrovata egemonia continentale come ai bei tempi del Reich, ma senza bisogno delle panzer-division accompagnate dalla “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner. Oggi basta occupare i posti giusti in ‘Commissione’, imporre le proprie regole, e dettare i compiti a casa degli altri, che un aspirante gauleiter pronto ad obbedire si trova sempre…
Dall’altra parte del muro, la Russia continua ad essere un’autocrazia. Le ex province dell’impero sovietico hanno solo cambiato padrone. Non ingurgita vodka fino a stordirsi, ma mastica chewingum e beve Budweiser; in apparenza è più lontano, ma non meno invadente e arrogante. Per il resto, rimangono colonie di produzione con manodopera in condizione di semi-schiavitù, ma razionalizzate secondo le regole del ‘mercato’. In compenso, ogni quattro o cinque anni, con elezioni-farsa la popolazione è libera di legittimare oligarchie paramafiose di miliardari arricchitisi a velocità della luce e gruppi di nostalgici neo-nazisti.
Jobbik - UngheriaRigurgiti di ‘900… Lo chiamano il “secolo breve”. Tuttavia, a ben vedere, il suo transito è assai più lento di quanto non si creda, bloccati in un continuum spazio-temporale dove la realtà non scorre ma si sovrappone in strati concentrici e irregolari. O piuttosto si tratta di una gabbia con in mezzo una ruota per criceti, su cui correre per avere la sensazione di andare veloci, in un tempo ripiegato su se stesso…

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Libro  «Verso la fine degli anni Ottanta, il mondo pareva proprio sul punto di cascare e io nell’attesa mi limitavo a girare in tondo, giorno dopo giorno. Facevo sempre più o meno lo stesso percorso. Senza una meta. Ogni giorno le stesse vie. Le stesse vetrine. Le stesse facce. I commessi guardavano la gente fuori dai negozi come gli animali allo zoo guardavano i turisti. Rispetto a loro mi sentivo in libertà. Ma ero solo libero di non far niente.
[…] Quindi arrivarono le elezioni. Come sempre al governo non cambiò nulla. L’opposizione si era frantumata così docilmente da non esistere praticamente più. Le leghe invece misero insieme un bel mucchio di voti. L’italiano medio temeva che qualche negro si sposasse sua figlia o gli rubasse il portafogli. Evidentemente a molti era sfuggito che una cosetta come la mafia in America l’avevamo esportata noi, il popolo di santi, poeti e navigatori. Quanto alla sana imprenditoria lombarda pareva che di Seveso non si ricordasse più nessuno. Se avessi chiesto a un qualsiasi consumatore di musica una sera in discoteca che cos’era la diossina, questo mi avrebbe risposto mah, boh, non so, chissà, una nuova droga? Il dio denaro aveva vinto su tutti i fronti. Quelli dell’Est passavano all’Ovest in cerca di pornoshop e supermercati, finalmente liberi di comprarsi cazzi di gomma da mettersi nel culo e ritrovarsi disoccupati pure loro. Ma questo era il migliore dei mondi possibili, o comunque stava per diventarlo. Aumentavano i morti di AIDS e i deserti, il prezzo della benzina e l’uso di eroina, il debito pubblico e i topi nelle corsie degli ospedali, aumentava il divario tra i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, eppure avevamo il campionato di calcio più bello del mondo, perchè preoccuparsi?»

Giuseppe Culicchia
“Tutti giù per terra”
Garzanti, 1994

Per fortuna, oggi è tutto completamente diverso…

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4 Risposte a “Tutti giù per terra”

  1. Fabrizio Bozzato Says:

    Leggo i Suoi post con grande interesse. E, generalmente, trovo la Sua capacita’ d’analisi brillante e la Sua ironia ficcante. Ma ritengo le righe del Culicchia (nomen omen) di una banalita’ e prosa escrementizie. La poverta’ di pensiero di tale figuro mi fa, sinceramente, pena. Mi rallegro che non Le abbia scritte Lei. La saluto cordialmente, Fabrizio Bozzato

    • Grazie davvero per la stima generosamente riposta e della quale non posso che considerarmi onorato.
      Ad essere sinceri, più dell’opera prima di G.C. a suo tempo avevo apprezzato la (divertente) resa cinematografica del libro, nell’omonimo film di Davide Ferrario… Sarà stata l’affinità generazionale col protagonista; l’interpretazione di Valerio Mastrandrea, che a me sta particolarmente simpatico; la colonna sonora dei CSI-CCCP, che a suo tempo ho adorato…
      Poi certo la prosa di Culicchia ha i suoi limiti ed io stesso ho ben altri gusti letterari. Ma da “lettore forte” (per fare il verso alle misurazioni quantitative del ‘mercato’) le posso assicurare, come Lei saprà benissimo, che in quanto a pubblicazioni c’è molto di peggio in circolazione. E il povero Culicchia non è poi tra i più terribili…

  2. Fabrizio Bozzato Says:

    La ringrazio per la Sua risposta. Cortese e ben formulata. Voglia scusarmi per il registro, non proprio altissimo, del mio precedente commento. Concordo con Lei – centinaia di alberi vengono sacrificati alle smanie editoriali di personaggi ben piu’ immeritevoli del Culicchia. Con stima e ammirazione, Fabrizio

    • Caro Fabrizio,
      Non c’è proprio nulla di cui debba scusarsi… Men che mai per il “registro” dei suoi interventi: se i commenti inviati avessero tutti lo stesso tenore dei suoi, dovrei dedurne che la nostra società è di gran lunga più civile di quanto non sia lecito sperare. Ed io trascorrerei molto meno tempo a filtrare i ‘contributi’ di certi estimatori dei quali, al contrario della sua graditissima presenza, farei volentieri a meno…

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