Hic sunt leopoldi

ZEE Cast by Alexiuss - Longing

«Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità, ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro

 Umberto Eco
“Costruire il nemico”
(15/05/2008)

Giulio Andreotti Il Divo Giulio, che della materia se ne intendeva, era solito dire il potere logora chi non ce l’ha. E possiamo soltanto immaginare i tormenti del Giovane Renzi, fintanto che non ha potuto ottenere l’agognato giocattolo e ritagliarsi un corona di carta stagnola.
RenzusconiArrogante, indisponente, sferzante.. il Bambino Matteo mostra finalmente il suo vero volto, senza più finzioni. Adesso che ha ultimato la muta e raggiunto la maggior età, manovra saldamente il bastone del potere, rivelandosi per ciò che in fondo è sempre stato… Un capriccioso caudillo peronista col gusto del comando e ambizioni sconfinate, che per puntellare un potere personalistico quanto mai precario ha bisogno di inventare ogni giorno dei nemici, contro i quali convogliare le proprie inadeguatezze. E pazienza se li sceglie tutti a “sinistra”, con alleanze spostate interamente a “destra”, mostrando un furore ideologico che va ben oltre la Thatcher, ed esibendo un disprezzo sconosciuto persino all’Amicone di Arcore nei suoi tempi migliori.
Gianni e Pinotto (EDOARDO BARALDI)Per intenderci, è quello che, ad eccezione del padronato di Confindustria con cui la sintonia invece è totale, non tratta con le parti sociali (che al massimo possono essere convocate per prendere ordini dai suoi tirapiedi senza delega), perché prima devono farsi eleggere in parlamento. Esattamente come ha fatto Matteo Renzi e la sua cricca di speculatori.
E questo perché le leggi si fanno in parlamento, non nei tavoli per le trattative.
Peccato che poi, ridotto il Senato ad un simulacro di non eletti, il Parlamento rimanga più che altro aperto pro forma, dal momento che al suo interno tra voti di fiducia, deleghe in bianco al governo, e contingentamento dei tempi di discussione in aula tramite l’abuso della “ghigliottina” (più pratico mettere bavagli che tagliar teste), ormai non si parla né si discute più di nulla. In compenso, si ubbidisce a tutto ciò che un Presidente del Consiglio, rigorosamente non eletto, impone in ‘agenda’ (la sua), ricorrendo ai servigi di una corte di nominati in null’altro scelti se non per fedeltà e dipendenza diretta con le sorti del Capo, a cui sono indissolubilmente legati.
Alla “Leopolda”, più che una stella è nato un ducetto. Di quelli piccoli piccoli, come i borghesi dei quali si circonda, per puntellare il culto della sua egocrazia personalistica.
The-Walking-Dead-Companion-TV-Show-Series-AnnouncedEd è morto un partito, imbarazzante come le sue iniziali in richiamo della bestemmia che è stato, per lasciare il posto al “partito della nazione”, a vocazione più egemonica che maggioritaria; coi suoi ras e le sue squadre di chierichetti d’assalto, transumati dalle stalle della provincia fiorentina alla greppia del potere romano, confermando un vecchio aforisma:

“Nessun partito politico è di sinistra dopo che ha assunto il potere.”
Guido Morselli
“Diario”
Adelphi (1988)

In quanto ai partiti della nazione, che nei casi più deleteri hanno l’inclinazione a degenerare in “partiti unici”, i precedenti non mancano e non sono dei migliori…
BalillaSinceramente non se ne sentiva la mancanza. Ma agli italiani piacciono. Che si tratti di una camicia nera, un distintivo cloisonne appuntato sul bavero, un tavolo prenotato negli scantinati della stazione di Firenze… li fa sentire importanti, alimenta in loro la presunzione di appartenere alla “razza padrona”. O quantomeno dona l’illusione di farsela amica, che poi sistemiamo tutto la famiglia!
Non esiste corte senza servi, né padrone senza cortigiani. E il machiavellismo del piccolo principe fiornentino non fa eccezione.
Il partito della nazione vive di assoluti e aspira alla totalità. Di riflesso, non ama la diversità; semmai la tollera, fintanto che è funzionale a mantenere l’illusione della pluralità al suo interno, purché le voci critiche siano anche impotenti e pronte ad allinearsi all’occorrenza.
I corpi sociali e le rappresentanze intermedie sono superflue. Se indipendenti, costituiscono un problema. E vengono vissute come un inutile impaccio, quando non speculari alla rappresentazione del potere ed alla costruzione del consenso nel e per il “partito” che si è fatto “nazione”; o meglio: a puntello del comitato d’affari che ne dirige il corso.
A maggior ragione, per tastare il polso della nazione basta un Capo, meglio se carismatico, che come gli antichi re taumaturghi instaura un rapporto diretto coi suoi sudditi, tramite il tocco salvifico della sua autorità.
renzi-berlusconi - opera di EDOARDO BARALDIOvviamente tutto il suo potere discende dal “popolo”, che non potendo essere consultato nella sua interezza può esprimersi solo attraverso il lavacro catartico delle elezioni, strutturate alla stregua di un plebiscito. Le votazioni sono concepite come ordalia elettorale a giustificazione trascendente di un esercizio personalizzato del potere, sempre più svincolato rispetto al primato della legge, o alla stessa architettura costituzionale da distruggere tassello dopo tassello con furia iconoclasta.
art 138In assenza di un consenso totale, ci si accontenta della maggioranza relativa, mistificata in investitura assoluta: 11 milioni di voti alle elezioni europee (Water Veltroni ne prese 13 milioni alle “politiche”. E perse), su una nazione di 60 milioni di abitanti, possono bastare.
In fondo, si tratta di un passaggio di consegne: la “sovranità del popolo” viene ceduta per delega (basta una crocetta su una scheda) a legittimazione di un potere esclusivo, accentrato nelle mani del nuovo sovrano, che lo esercita nelle forme che ritiene opportune, in deroga alle norme stesse e nella pretesa delle sue prerogative regali.
Spacciata per modernità al passo coi tempi di un mondo globalizzato, è in realtà una formula di potere antichissima; nelle sue varianti la si è chiamata oclocrazia, cesarismo (la definizione più appropriata), bonapartismo… ma tutte discendono da una medesima matrice: il feudalesimo.
Lo si può digitalizzare strusciando le dita unte sul display di un i-phone, cinguettando banalità via twitter e aggiornando il profilo facebook con la velocità di una connessione wi-fi, ma il risultato non cambia.
SELFIE-MAN (1)Col superamento dello “spirito delle leggi”, viene meno la divisione dei poteri e dunque dello “stato di diritto”. Semplicemente ci troviamo di fronte ad ‘altro’. Ma in fondo parliamo di Montesquieu: uno che per scrivere usava una piuma d’oca, attingendo l’inchiostro da un calamaio, facendosi luce con una candela di sego. E se si doveva fare un selfie, al massimo chiamava un ritrattista specializzato in bozzetti a carboncino su foglio di pergamena!
Altro che gettone telefonico e rullini fotografici!!

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9 Risposte a “Hic sunt leopoldi”

  1. Er Cicala Says:

    Renzie batte il Kaimano 1-0… forse il Giaggiolo riuscirà dove il Kaimano non è riuscito… abolire il totem dell’art.18…

    Afferma ” il posto fisso non c’è più ” …

    • Stamane commentavo con un amico, che ormai a Telemaco per completare la sua rivoluzione a destra mancava solo di mandare i celerini a manganellare un corteo di operai in mobilitazione per la difesa del proprio posto di lavoro.
      Oggi vedo che anche quest’ultimo “tabù” è caduto.

      In merito al “posto fisso”, e tutto ciò che concerne il mondo del lavoro, capisco che per il nostro ducetto e la sua corte è materia alquanto ostica da comprendere, non essendosi mai presentato loro il problema di andarsi a cercare un lavoro per vivere.
      Il sociologo Domenico De Masi faceva notare che, per una questione squisitamente semantica, “posti fissi” sono tutti quelli che non rientrano nei contratti a termine con scadenza ravvicinata, e presuppongono un rapporto di dipendenza con impiego prolungato nel tempo. In virtù di ciò, il 70% dei contratti di lavoro nella patria della “deregulation”, gli USA, si possono a tutti gli effetti considerare “posti fissi”; che poi sono quelli che ti permettono di campare e far fronte alle scadenze (bollette, affitto, rate, tributi).
      A voler guardare oltre il “lapsus” renziano, emerge dunque qual’è la vera finanalità dell’eliminazione di ogni tutela (non solo l’Art.18) dei lavoratori: rendere facilissimi i licenziamenti, in un’ottica ribassista sui salari, mantenendo le maestranze sotto costante ricatto psicologico. Così si incrementa la produttività e si contengono al massimo i costi dell’imprenditore (e aumentano i profitti dello stesso).
      Perché ce lo chiede il Mercato..!
      La frase è stata recentemente ripetuta dall’onorevole Matteo Colaninno. Il suo papà, Roberto, è l’imprenditore che ha praticamente schiantato la telefonia italiana, subissando Telecom sotto i debiti (le privatizzazioni all’italiana).

      In fondo, come dicono Sergio Marchionne, Davide Serra, Michael Ledeen… “Renzi l’abbiamo messo lì per questo”…
      Ora portano semplicemente la cambiale all’incasso.
      Insomma, un ritorno alle condizioni del primo ‘900, ma senza conflitto sociale che da “interclassista” è diventato “generazionale”, perché è molto più facile mettere i figli contro i padri (che spesso li mantengono), in una guerra tra poveri che non intacca mai le cause della crisi.

      Fortuna che a farci ridere c’è sempre una Pina Picierno, la presunta fidanzatina di Saviano, con una passione viscerale per Ciriaco De Mita (un grande statista), quella che con 80 euro fa spesa per un settimana per tutta la famiglia, che attacca la CGIL come nemmeno un Sallusti farebbe, parlando di tessere false e manifestanti pagati. Non male per una che viene da una regione come la Campania, col PD locale ‘commissariato’ per i brogli alle “primarie” e tanto di esposti in Procura, ad intasare i tribunali di pratiche inutili.

  2. come sempre azzeccatissimo. mi è rimasta però una curiosità (perché l’argomento non rientra nel focus del post e avrebbe creato una digressione esagerata). Lo scorso fine settimana (periodo campale!) abbiamo assistito ad una specie di dualismo mediatico troppo perfetto per non essere costruito: praticamente nella stessa giornata, la manifestazione sindacale accompagnata da sciopero generale da un lato, e quella cosa – vorrei qui usare termini che però autocensurerò – della Leopolda, un nome da trash movie anni ’70. Hai ben chiarito la tua visione sui leopoldini, condivisibile. Ma per quanto riguarda la dirigenza CIGL – ovviamente non parlo degli iscritti in generale – e in particolare la Camusso, cosa ne pensi? Ho sentito molte opinioni fortemente critiche sul ruolo “da pompieri” che avrebbe avuto, e come sai la tua opinione mi interessa sempre molto.

    • 🙂 Tu sei troppo buona e sopravvaluti le mie capacità…
      Ma ad un quesito così stuzzicante, potrei dare fondo a tutta la mia prolissità, perdendomi in una digressione che sarebbe ben altro che “esagerata”..!
      Fortunatamente, mi aiuta nella sintesi l’ora tarda. E quindi circoscriverò la risposta, mantenendo il punto focale sulla tua domanda.
      Sostanzialmente, le critiche (da “sinistra”) rivolte alla Camusso, provengono in massima parte dall’ala “operaista” e più “radicale” del sindacato e, all’interno della CGIL, dai metalmeccanici della FIOM.
      In pratica si rimprovera alla dirigenza sindacale degli “alti piani” di Corso Italia (a Roma) una certa prudenza, che si traduce in un attendismo pragmatico, nella speranza di riallacciare i fili della concertazione col governo Renzi (che invece preme per la rottura, onde dilagare tra l’ex elettorato berlusconiano).
      In merito, Bersani direbbe “cercare la sintesi”.
      E questo mentre la frangia più “radicale” della base sindacale vorrebbe in realtà una cesura netta e senza ambiguità, aprendo lo scontro diretto con un governo che ormai è considerato una succursale di Confindustria e finanza.
      Lo sbocco di una simile rottura sarebbe la proclamazione dello “sciopero nazionale”, inteso come massima prova di forza, che la Camusso e la dirigenza più ‘moderata’ sventolano come extrema ratio, ma che in realtà vogliono assolutamente evitare.

      Ora, in quanto cresciuto tra le frange dell’antagonismo radicale e da sempre idealmente (e materialmente) vicino alla “sinistra operaista”, è facile intuire come io la pensi e a chi vadano le mie simpatie…
      Ma oggettivamente posso anche comprendere (non necessariamente condividere) la posizione della Camusso: per decenni, la CGIL è stata un serbatoio di voti per il centrosinistra; dal sindacato proviene gran parte della dirigenza PD (anche se dovrei usare il passato); la maggior parte degli iscritti Cgil sono anche e soprattutto elettori piddini. E la Camusso non vuole troncare definitivamente con un partito che, bene o male, viene ancora considerato “amico”, o quantomeno un referente politico privilegiato. Anche perché per il resto ha intorno solo nemici giurati!
      Soprattutto, la Camusso non vorrebbe compromettere definitivamente l’unità sindacale con CISL e UIL.
      Per me (e il discorso vale massimamente per la CISL) sono “sindacati gialli”: quinte colonne del padronato, che è meglio perdere che trovare. Ma, come già detto, la mia opinione è viziata e non faccio testo.

      Da qui, la critica rivolta all’ala morbida della dirigenza CGIL di fare da “pompiere” e mitigare l’incendio prima che dilaghi in “Autunno caldo”: la Camusso teme in caso contrario, il rischio di rimanere completamente isolata (CISL e UIL si tirerebbero subito fuori) e accerchiata in un fuoco concentrico da parte dei renziani, perché gli italiani hanno il terrore di ogni conflitto sociale. E sarebbe buon gioco attribuire poi alla CGIL la causa del fallimento della politica economica (ammesso ne abbia mai avuta una) del Governo Renzi, che a quel punto userebbe il sindacato come capro espiatorio.

      D’altro canto, la Camusso subisce l’azione sempre più pressante di Landini e della FIOM, molto più e nettamente schierati a sinistra: per intenderci, guardano a SEL (peraltro considerata da molti troppo flessibile) e oltre, verso la galassia dei movimenti antagonisti.
      In pratica la Camusso vorrebbe tenere insieme capra e cavoli; farsi vedere ferma col governo, ma al contempo disponibile alla conciliazione, mentre in ambito PD spera in una azione più incisiva da parte della c.d. minoranza interna al partito.

      Questo perché nessuno ha intenzione di provocare in qualunque modo la caduta dell’attuale Esecutivo.
      Quindi viaggiano tutti col freno a mano tirato, mentre Telemaco continua invece a premere l’acceleratore per bruciare tappe e avversari.
      Il motivo di una simile “prudenza”?
      E’ sempre la solita paura dell’abominevole T.I.N.A (there is not alternative), nell’incapacità di crearsela un’opzione e con essa una prospettiva diversa per il futuro.
      Mancanza di immaginazione e di coraggio.
      E soprattutto con un imbecille come Grillo a fare da spauracchio: se non ci fosse stata un’opposizione più inutile, più inaffidabile, ed eversivamente demenziale dei M5S, Renzi avrebbe dovuto inventarsela!
      E’ la sua garanzia; la sua vera carta di permanenza al governo.

      Spero di non averti delusa troppo nella risposta.
      In fondo è solo un’opinione..;)

  3. Er Cicala Says:

    Hai detto bene la CGIL è filo governativa, sa bene che se contrasta concretamente l’attuale governo di sinistra spuria fa il gioco dei demagoghi, qualunquisti che sembrano proliferare in questo momento lungamente incerto. L’unica sinistra rimasta sul campo è la FIOM, ma i primi del ‘900 non c’entrano nulla, questi sembrano più che altro aspiranti “martiri” (valore iperbolico) del marxismo tout court.
    Perchè la chiamo sinistra spuria, forse è la naturale evoluzione del revisionismo iniziato da Togliatti e Berlinguer e proseguito alla Bolognina, passando infine per i “moderni Principi”?

    • Sono d’accordissimo sulla “evoluzione del revisionismo iniziato da Togliatti e Berlinguer e proseguito alla Bolognina, passando infine per i moderni Principi”…
      Potrei aggiungere che si tratta dello sbocco naturale del “migliorismo” minimalista (di cui Giorgio Napolitano è stato il massimo esponente).
      Ma personalmente, per quanto “spuria”, ho serie difficoltà a definirla persino “sinistra”. La sua dimensione prevalente in politica sembra essere diventato il “cesarismo”: qualcosa che è sempre stato visto con profonda diffidenza dalle sinistre democratica e massimamente dal cattolicesimo sociale, che ha sempre ispirato la parte migliore della c.d. sinistra democristiana (dai primordi di Romolo Murri, passando per Dossetti).
      Ad essere feroci, l’attuale partito personalistico ad uso elettorale del Capo mi ricorda la leadership bossistica di cui parlava Arthur F. Bentley, applicata alla legge ferrea dell’oligarchiadescritta da Robert Michels.
      E ritorniamo agli inizi del ‘900..:)

  4. Er Cicala Says:

    Possiamo anche tornare volendo all’anticà, oppure all’età moderna con Hobbes ed infine alla contemporanea con Shils parlare di “leadership bossistica” per Renzie è eccessivo… perchè in questo momento è sostenuto dai vari Moderni Principi… di suo sta solo rintuzzando il dissenso interno alla sinistra drammatizzando (come recita un detto fiorentino lui è “Ossibus et nerbus e ciccia punta”)…. e sta lì solo per fare da parafulmine alla demagogia più infida e becera, perchè non gradita …

    La “Speranza” del “Futurismo” del Ganzo Renzie…

    «Noi siamo il partito del futuro»
    «Rispettiamo coloro che in Parlamento non la pensano come noi, rispettiamo i messaggi anche i più offensivi, ma non consentiremo mai a chi ha detto che la Leopolda è imbarazzante diciamo che non consentiremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd per riportarlo dal 41% al 25%. Non consentiremo di fare del Pd il partito dei reduci, saremo il partito del futuro»

    • 😉 Se volessi melodrammatizzare l’evento, potrei dire con esagerata perfidia che siamo alla parodia del “discorso del bivacco”, se non fosse che assistiamo alla sua farsa:

      «Signori [miei?!?], quello che io compio oggi, in questa Aula, è un atto di formale deferenza verso di voi e per il quale non vi chiedo nessun attestato di speciale riconoscenza. Da molti, anzi da troppi anni, le crisi di Governo erano poste e risolte dalla Camera attraverso più o meno tortuose manovre ed agguati, tanto che una crisi veniva regolarmente qualificata come un assalto, ed il Ministero rappresentato da una traballante diligenza postale…….
      Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria. Con 300 mila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.
      Gli avversari sono rimasti nei loro rifugi: ne sono tranquillamente usciti, ed hanno ottenuto la libera circolazione: del che approfittano già per risputare veleno e tendere agguati
      …… Ho costituito un Governo di coalizione e non già coll’intento di avere una maggioranza parlamentare, della quale posso oggi fare benissimo a meno, ma per raccogliere in aiuto della Nazione boccheggiante quanti, al di sopra delle sfumature dei partiti, la stessa Nazione vogliono salvare. Ringrazio dal profondo del cuore i miei collaboratori, ministri e sottosegretari: ringrazio i miei colleghi di Governo, che hanno voluto assumere con me le pesanti responsabilità di questa ora

      Cesarino ha capito che per prendere il potere oggi non servono “300.000 giovani armati di tutto punto“. Né bastano 3.000 alla Leopolda, intenti a sparare tweets, e una trentina di finanziatori pronti a mettere a disposizione quattrini e relazioni riservate. Molto più utili ed efficaci di un “milione di baionette”. Per questo, il Parlamento non ha nemmeno bisogno di chiuderlo, semplicemente lo ignora. E si fa autoconferire dai suoi manipoli (quelli sì misticamente pronti) deleghe in bianco.

  5. Er Cicala Says:

    – Atteggiandosi al boss… prende fiato e par rispondere al messaggio sopra…-

    ” Un son mica di Fucecchio! ”

    Mi sa che confondi Robespierre con Lafayette…

    ” Io sto solo co’ frati e zappo l’orto. ”

    – torna il silenzio, poi il volto si contrae in una sonora risata che avvolge la bacheca –

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