A proposito del carattere degli italiani, qualcuno ha detto che la loro forma ideale di governo è la signoria tardo-rinascimentale. Fondata sull’arbitrio dei potentes, la signoria urbana è un fenomeno di derivazione clanica: un patto tra famiglie per la gestione oligarchia del potere (ereditario), a struttura gerarchica, incentrata nella figura autocratica di un Dominus che progressivamente accentra su di se tutte le funzioni pubbliche. La devozione al ‘Signore’ (profano), o per meglio dire la deferenza clientelare attraverso la piaggeria servile nei confronti del padrone di turno, costituisce a sua volta un meccanismo di promozione sociale: il modo più semplice per avere accesso a cariche e vantaggi diversamente preclusi, grattando via le briciole lasciate cadere apposta nel sottobosco del potere. Per le elite, è invece il sistema migliore per consolidare interessi e profitti, ricercando la protezione del Principe, o condizionandone l’azione col proprio sostegno (economico) tutt’altro che disinteressato. Luogo di aggregazione per eccellenza non è l’agorà, tanto cara alle democrazie elleniche, ma la ‘piazza’ plebea, in cui il Principe beneficia i sudditi più fedeli e dispensa i suoi proclami, mentre la massima elevazione resta l’ammissione alla corte del sovrano. Sarà per questo che gli italiani quando ragliano l’Inno di Mameli, storpiandone sistematicamente le strofe, starnazzano con convinzione “Stringiamci a corte” perdendo per strada la seconda “o” di ‘coorte’ (che ha tutt’altro significato).
«La nuova corte, simile in questo a quelle della prima età moderna, è il regno dei servi volontari, dei cortigiani, dei buffoni e, ovviamente, delle cortigiane…. In Italia si è infatti affermato un potere che non è né arbitrario, né autoritario, né dispotico, né illegittimo, ma è enorme e con la sua stessa esistenza distrugge la libertà dei cittadini.»
Nello specifico, le parole del filosofo Viroli si riferivano al Pornonano ed al suo sottosistema di governo, ma nella pratica conservano una validità universale; a dimostrazione di quanto il modello sopravviva a se stesso, tanto da rigenerarsi ogni volta impermeabile ai mutamenti. Perché se il servilismo di certi italiani è una costante endogena, in grado di riproporsi intatta e con poche variazioni nel corso dei secoli, nessun affrancamento servile sarà possibile fintanto che a prevalere saranno gli schiavi innamorati delle loro catene, alla continua ricerca di un padrone da servire. Oppure, per dirla con le parole di Malcolm X, “negri da cortile e negri da fatica”.
E siccome la categoria abbonda a tutti i livelli, mentre la madre dei cretini si ostina a non usare contraccettivi, con cadenza regolare per ogni cambio del guardiano, nell’alternanza dei medesimi, si omaggia il sovrano con roboanti proclami (a pagamento) di imperitura devozione, da parte degli aspiranti domestici in cerca di stabile assunzione a corte, in dimenticabilissime profusioni di fedeltà a scadenza contrattuale. Sono i 1.000 e più cretini, quelli che “ci mettono la faccia”, ansiosi di mostrarsi al mondo in tutta la loro metafisica minchioneria di servizio. A suo tempo, nel Febbraio del 2012, era stata la volta degli studenti bocconiani con la loro “Lettera aperta” all’allora presidente del consiglio, rigorosamente non eletto: il criogenico Mario Monti. L’appello riformatore si distingueva per le contorsioni stilistiche, col quale questo grumo fighettino di studenti bocconiani, aspiranti padroni di domani, descrivevano la loro insostenibile condizione di privazione in cui sono costretti, nel timore sia loro negata nel prossimo futuro la legittima pretesa a fottere il prossimo loro per diritto di nascita e di reddito. Per questo rivolgevano la supplica al loro ex rettore, mettendosi a disposizione per i lavoretti domestici. La lettera, tutta incentrata sui temi della precarietà occupazionale e sulla riforma del mercato del lavoro, raggiungeva punte di puro surrealismo col quali questi privilegiati figli di papà, con assunzione già pronta come dirigenti nelle fabbrichette di famiglia o attività già avviata nello studio professionale paterno, grufolavano qualcosa su “protezioni sociali” e “apartheid sociale” scacazzando senza vergogna nella greppia dove si ingozzano a sbafo da generazioni:
«Le imprese italiane, per offrire nuova occupazione e competere a livello internazionale, devono poter “stare sul mercato”. Abbiamo forti speranze ed una notevole fiducia in questo esecutivo, crediamo insomma che sia il momento giusto per osare. Chiediamo che si rinunci definitivamente al clima di discriminazione nei confronti dei giovani. […] Oggi imprenditore e lavoratore si muovono nella stessa direzione e condividono i medesimi obiettivi, entrambi vogliono il bene dell’azienda. Si aggiunga che il «nanismo» del settore imprenditoriale è anche cagionato da norme oggi superate, che hanno finito per imporre un regime di incertezze in cui risulta vincente il precariato come modello d’impiego, specie per i giovani. Non ci stiamo: proprio perché crediamo di valere molto, ci diciamo pronti alla sfida. Si valutino merito, creatività e talento: si premino i più bravi attraverso un nobile sistema di incentivi economici e sociali. Quella che auspichiamo è anche una riforma culturale, i nostri padri oggi vivono nella bambagia delle tutele grazie ad un “dispetto generazionale”: siamo costretti noi tutti a soccombere rispetto alle mille garanzie che le generazioni che ci hanno preceduti si sono arbitrariamente assegnate. È tempo di ristabilire le priorità e allocare con equità i necessari sacrifici: l’egoismo dei protetti, l’ingordigia dei privilegiati sono malattie che rischiano di ammorbare il nostro avvenire. Scommettiamo senza indugio nella flessibilità e distribuiamo lealmente le tutele: sono queste le nostre richieste, in sintesi.»
La soluzione è il licenziamento, libero e selvaggio come i bollenti spiriti padronali di questi ardenti bambocci, poiché i diritti e le tutele dei lavoratori sono un “dispetto generazionale” per gli arroganti rampolli del padrone in ansia da prestazione. Sono quelli che si comprano (coi soldi di papà) la laurea in economia, ma che con ogni evidenza non sanno tirar di conto, o sono troppo ottusi nella loro saccente presunzione, per poter lontanamente capire che la differenza tra i figli dell’imprenditore e lavoratore risiede nel reddito e nella discriminazione di opportunità che da questo consegue. È per tale motivo che la stragrande maggioranza degli studenti italiani NON potrebbe mai permettersi l’iscrizione alla Bocconi… Ed è un fatto che alcuni di questi ‘figli’ eternamente ggggiovani sembrino di gran lunga più stronzi dei ‘padri’.
Con l’avvento del Bambino Matteo, se possibile, i toni della vulgata agiografica hanno raggiunto livelli messianici. Per ritrovare simili profusioni di fede, bisogna forse rievocare la retorica staraciana dei Cinegiornali Luce ai tempi del fascio, quando c’era Lui…
«Il nostro Paese sta vivendo una delle sue più difficili stagioni. L’indeterminatezza delle scelte, il continuo rinvio delle decisioni, il declino dei suoi valori popolari hanno portato l’Italia sul limite del baratro che potrebbe avere conseguenze ben più drammatiche di quanto visto fin qui. A questa urgenza sta cercando di rispondere Matteo Renzi con un governo creato con la decisione ed il cipiglio di una volontà giovanile che non cerca sconti né per sé né per le scelte da affrontare. È comprensibile che questa azione trovi critiche, ostacoli, e anche attriti. Ma non è accettabile che si lasci il suo sforzo privo dell’appoggio dei cittadini che si identificano con la sua volontà di non mollare, di battersi e di cercare un futuro per l’Italia e per i suoi giovani. Noi, semplici italiani, con questo piccolo gesto intendiamo rompere il muro di silenzio che ha avvolto il Presidente del Consiglio dopo i duri attacchi di questi giorni. Noi come tanti altri desideriamo andare avanti. Insieme a chi ci crede. Matteo Renzi sta cercando di farlo. Noi siamo con lui.»
Ormai siamo alle verità di fede! L’annuncio è stato pubblicato a pagamento sulle pagine del Corriere della Sera. Per la serie: il culo del padrone è il posto più morbido dove mettere la lingua. Segue a sciolta, la scarica di un centinaio di firme che sembrano un selezione scelta di personaggi fantozziani: dal Visconte Cobram alla Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mar, passando per la Giulia Sofia di Maurizio Crozza!
In rigoroso ordine alfabetico, tra i “semplici italiani”, conquistati dal “cipiglio di una volontà giovanile” e senza sconti (in un governo ovviamente non eletto), si segnalano:
«Alberto Milla, classe 1931. Già fondatore della banca Euromobiliare ai tempi di Carlo De Benedetti, di cui oggi è vicepresidente, presiede anche Equita Sim, una delle società di intermediazione regine a Piazza Affari guidata da Francesco Perilli. Poi c’è Anna Cristina du Chene de Vere, presidente della finanziaria Ida e vicepresidente di Publitransport, società leader nella pubblicità guidata dai fratelli Fabrizio e Federico. Brilla fra i 108 il nominativo di Antonio Perricone: sarà il Perricone amministratore delegato di Amber Capital, società di gestione nel cui board c’è persino Carlo De Benedetti, o il Perricone già in Rcs e oggi presidente di Ntv, operatore ferroviario privato lanciato da Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle e Intesa, oggi in grave tensione finanziaria? Poi c’è Clarice Pecori Giraldi: classe 1961, fiorentina (tanto per cambiare), è il nume tutelare in Italia della grande società internazionale di aste. Christie’s. Non manca Federico Schlesinger, un top manager di Intesa Sanpaolo. Poi fra i 108 c’è una sfilata di cognomi aristocratici: Alessandra Ferrari de Grado, Federico Lalatta Costerbosa (socio anche del sito Linkiesta.it), Gerolamo Caccia Dominioni (ex amministrato delegato di Benetton) e Claudio Biscaretti di Ruffia, che insegna alla Bicocca di Milano. Senza dimenticare l’ultima in ordine alfabetico dei 108: Vannozza Guicciardini, autorevole membro del FAI.»
E, a meno che non si tratti di clamorose omonimie, spiccano i nomi di avvocati, amministratori delegati, aristocratici, e buona parte del nuovo gotha di poteri deboli che hanno trovato nel ‘renzismo’ la loro nuova sponda in uno stretto abbraccio di “classe”. È l’Italia che non arriva alla fine del mese.
Il primo fan di Renzie è il Cavaliere che probabilmente gli darà in successione un altro ventennio, in quella democrazia allargata più che allagata, in cambio della clemenza a suo dire dovuta, che tanto declama in ogni sede, vedi quel quarto grado di giudizio accolto formalmente ed “in progress” nelle sedi europee…
😉 Temo che i fan del garrulo Telemaco fiorentino, tra i who is who, siano più numerosi di quanto non sembrino…
Renzi-Grillo-Berlusconi si completano a vicenda: ognuno ha bisogno dell’altro nella profana trimurti del populismo che vive di antipolitica.
Magari mi sbaglio, ma non credo nelle sorti radiose del renzismo dilatato in un altro ventennio di potere personalistico.
Ho infatti la (piacevole) sensazione che il “fenomeno” non supererà l’estate del 2015, quando il pallone gonfiato esploderà in tutte le sue contraddizioni e verrà dimenticato altrettanto in fretta (Monti docet).
“Ho infatti la (piacevole) sensazione che il “fenomeno” non supererà l’estate del 2015,…”
Spero sinceramente che tu abbia ragione e lo considero di buon auspicio.. personalmente sono abbastanza scettico.
L’unica forza che può arginare la neo-piovra (M5S a parte), è solo la minoranza PD sempre che riesca a trovare la forza per qualche energica iniziativa.
Mentre scrivo, su “La7”, sta andando in onda “Otto e mezzo” di Floris, e sta passando un’intervento di Cuperlo che tra l’altro afferma ” …non c’è partito senza disciplina.. ma è altrettanto vero che non c’è disciplina senza partito” ……
Seguiremo eventuali sviluppi rimanendo in vigile attesa.
Personalmente, sulla c.d. “minoranza pd”, come immagino avrai già intuito, sono molto scettico ancor più che critico…
Il loro metro di misura del mondo, ed unico termine di riferimento politico, è “il Partito”. E non si sono nemmeno accorti che quel partito neanche esiste più, ridotto com’è a mero contenitore di consensi liquidi (e dunque volubili), nella sua evoluzione post-ideologica in catch-all-party.
Del vecchio PCI (berlingueriano), che di pecche ne aveva a iosa, praticamente il PD conserva solamente la parte più deleterea, mutuata dall’antica struttura leninista di apparato: centralismo democratico e disciplina coercitiva interna. Tutto il resto, dalle istanze ‘rivoluzionarie’ all’operaismo, la centralità dei lavoratori e la (abusata) “questione morale”, dalla tutela dei diritti all’estensione delle protezioni sociali, il ruolo dell’economia a partecipazione pubblica in funzione sociale, il ruolo fondamentale del parlamento e la decentrazione dei poteri istituzionali, per passare alla struttura collegiale e consultiva, che veniva però imbrigliata nei burocratici “comitati centrali” (che non rimpiango di certo, ma che avevano il pregio di avere nel segretario un medium e non un dominus), sono stati rottamati. Nel bene e nel male, senza distinzione alcuna tra pregi e limiti e difetti. E’ il classico bambino eliminato insieme all’acqua sporca.
E bisogna pure dire che la maggior parte degli obiettivi sopra elencati sono sempre rimasti circoscritti nel novero delle intenzioni ideali, spesso smentite nei fatti.
Ho scritto tutto questo pippone di preambolo, per dirti che i vari Gianni “Cogito” Cuperlo (Io Penso) e Stefano Fassina (o il suo Doppelgänger) sono totalmente incapaci, per forma mentis, limiti culturali e generazionali, di immaginare se stessi oltre gli schemi e le strutture del vecchio partito. Quindi per spirito di appartenenza, prima ancora che per ubbidienza, ingoieranno qualsiasi boccone verrà cacciato loro in gola, seduti sulla sponda del fiume e sperando che le cose e la corrente facciano il proprio corso, aggiustandosi da sole…
La loro proiezione dialettica è completamente avulsa dall’antitesi e ricerca perennemente la sintesi, evita il “conflitto” in ogni sua forma, optando per un profluvio di tesi che nel nuovo corso renzista restano lettera morta.
Non arriveranno mai alla rottura vera: sono gli ultimi esponenti ‘romantici’ di un mondo politico e di una concezione della res-publica, prossima alla scomparsa. E come i dinosauri sono destinati all’estinzione, incapaci di adattarsi ai tempi o di incidere davvero per un cambiamento radicale. In quanto “riformisti”, neanche potrebbero: accettano l’esistente per ciò che è, optando per correzioni minimali.
Poi, per quel poco che vedo io, la “sinistra” interna del PD è completamente annichilita. Subisce passivamente l’osmosi democristiano-dorotea del renzismo, sperando la nottata passi presto. E se i “vecchi” si rifugiano nella nostalgia del passato, ho ben scarsa fiducia nei confronti dei gggiovani, considerati in quanto tali come categoria indistinta e senz’altro pregio se non l’età (lo spaccato indegnamente rappresentato in parlamento è eloquente): se penso alla querula e presuntuosissima generazione dei “trenta-quarantenni” (i miei coetanei) mi vengono i brividi, tanto li conosco bene!
12 ottobre 2014 a 10:42
Il primo fan di Renzie è il Cavaliere che probabilmente gli darà in successione un altro ventennio, in quella democrazia allargata più che allagata, in cambio della clemenza a suo dire dovuta, che tanto declama in ogni sede, vedi quel quarto grado di giudizio accolto formalmente ed “in progress” nelle sedi europee…
12 ottobre 2014 a 16:08
😉 Temo che i fan del garrulo Telemaco fiorentino, tra i who is who, siano più numerosi di quanto non sembrino…
Renzi-Grillo-Berlusconi si completano a vicenda: ognuno ha bisogno dell’altro nella profana trimurti del populismo che vive di antipolitica.
Magari mi sbaglio, ma non credo nelle sorti radiose del renzismo dilatato in un altro ventennio di potere personalistico.
Ho infatti la (piacevole) sensazione che il “fenomeno” non supererà l’estate del 2015, quando il pallone gonfiato esploderà in tutte le sue contraddizioni e verrà dimenticato altrettanto in fretta (Monti docet).
15 ottobre 2014 a 03:08
“Ho infatti la (piacevole) sensazione che il “fenomeno” non supererà l’estate del 2015,…”
Spero sinceramente che tu abbia ragione e lo considero di buon auspicio.. personalmente sono abbastanza scettico.
L’unica forza che può arginare la neo-piovra (M5S a parte), è solo la minoranza PD sempre che riesca a trovare la forza per qualche energica iniziativa.
Mentre scrivo, su “La7”, sta andando in onda “Otto e mezzo” di Floris, e sta passando un’intervento di Cuperlo che tra l’altro afferma ” …non c’è partito senza disciplina.. ma è altrettanto vero che non c’è disciplina senza partito” ……
Seguiremo eventuali sviluppi rimanendo in vigile attesa.
15 ottobre 2014 a 13:48
Personalmente, sulla c.d. “minoranza pd”, come immagino avrai già intuito, sono molto scettico ancor più che critico…
Il loro metro di misura del mondo, ed unico termine di riferimento politico, è “il Partito”. E non si sono nemmeno accorti che quel partito neanche esiste più, ridotto com’è a mero contenitore di consensi liquidi (e dunque volubili), nella sua evoluzione post-ideologica in catch-all-party.
Del vecchio PCI (berlingueriano), che di pecche ne aveva a iosa, praticamente il PD conserva solamente la parte più deleterea, mutuata dall’antica struttura leninista di apparato: centralismo democratico e disciplina coercitiva interna. Tutto il resto, dalle istanze ‘rivoluzionarie’ all’operaismo, la centralità dei lavoratori e la (abusata) “questione morale”, dalla tutela dei diritti all’estensione delle protezioni sociali, il ruolo dell’economia a partecipazione pubblica in funzione sociale, il ruolo fondamentale del parlamento e la decentrazione dei poteri istituzionali, per passare alla struttura collegiale e consultiva, che veniva però imbrigliata nei burocratici “comitati centrali” (che non rimpiango di certo, ma che avevano il pregio di avere nel segretario un medium e non un dominus), sono stati rottamati. Nel bene e nel male, senza distinzione alcuna tra pregi e limiti e difetti. E’ il classico bambino eliminato insieme all’acqua sporca.
E bisogna pure dire che la maggior parte degli obiettivi sopra elencati sono sempre rimasti circoscritti nel novero delle intenzioni ideali, spesso smentite nei fatti.
Ho scritto tutto questo pippone di preambolo, per dirti che i vari Gianni “Cogito” Cuperlo (Io Penso) e Stefano Fassina (o il suo Doppelgänger) sono totalmente incapaci, per forma mentis, limiti culturali e generazionali, di immaginare se stessi oltre gli schemi e le strutture del vecchio partito. Quindi per spirito di appartenenza, prima ancora che per ubbidienza, ingoieranno qualsiasi boccone verrà cacciato loro in gola, seduti sulla sponda del fiume e sperando che le cose e la corrente facciano il proprio corso, aggiustandosi da sole…
La loro proiezione dialettica è completamente avulsa dall’antitesi e ricerca perennemente la sintesi, evita il “conflitto” in ogni sua forma, optando per un profluvio di tesi che nel nuovo corso renzista restano lettera morta.
Non arriveranno mai alla rottura vera: sono gli ultimi esponenti ‘romantici’ di un mondo politico e di una concezione della res-publica, prossima alla scomparsa. E come i dinosauri sono destinati all’estinzione, incapaci di adattarsi ai tempi o di incidere davvero per un cambiamento radicale. In quanto “riformisti”, neanche potrebbero: accettano l’esistente per ciò che è, optando per correzioni minimali.
Poi, per quel poco che vedo io, la “sinistra” interna del PD è completamente annichilita. Subisce passivamente l’osmosi democristiano-dorotea del renzismo, sperando la nottata passi presto. E se i “vecchi” si rifugiano nella nostalgia del passato, ho ben scarsa fiducia nei confronti dei gggiovani, considerati in quanto tali come categoria indistinta e senz’altro pregio se non l’età (lo spaccato indegnamente rappresentato in parlamento è eloquente): se penso alla querula e presuntuosissima generazione dei “trenta-quarantenni” (i miei coetanei) mi vengono i brividi, tanto li conosco bene!