MASSA ACRITICA
«La semplicità e l’esagerazione dei sentimenti delle folle le preservano dal dubbio e dall’incertezza.
[…] Non essendo la folla impressionata che da sentimenti eccessivi, l’oratore che vuole sedurla deve abusare delle affermazioni violente. Esagerare, affermare, ripetere, e non mai tentare di nulla dimostrare con un ragionamento, sono i procedimenti di argomentazione familiari agli oratori di riunioni popolari.»Gustave Le Bon
“Psicologia delle folle”
(1895)
Nell’estate del 1921, dinanzi all’irrazionalismo dilagante e fanatizzato dei grandi movimenti di massa, che di lì a poco avrebbero precipitato l’Europa nel ventre oscuro del totalitarismo, il contestato Sigmund Freud dava alle stampe una delle sue opere meno note: “Psicologia delle masse e analisi dell’io”, sui processi di massificazione alla base della psicologia dei gruppi, strappati alla logica del branco e sprofondati nell’anonimato della folla con la quale condividere pulsioni e paranoie.
Nel tentativo di tracciare le linee di una teoria comportamentale delle masse, Freud attinge ampiamente dalla “Psicologia delle folle” di Gustave Le Bon (della quale avevamo già avuto modo di parlare QUI) e da “La psiche collettiva”, pubblicata appena un anno prima da William McDougall.
Coerente con la sua fama, Freud inquadra l’analisi sociologica dei comportamenti collettivi nell’immancabile cornice pansessualista, secondo cui è la pulsione erotica a tenere unita la massa, tramite una serie di relazioni “amorose” (rapporto di tipo sadomasochista col leader, inteso alla stregua di un padre uranico) che costituiscono l’essenza della psiche collettiva alla base del movimento massificato. Per Freud si tratta di una vita psichica collettiva, dove suggestione e libido si intrecciano con innamoramento e ipnosi, fino alla totale identificazione col Capo carismatico (Padre-Dio-Padrone) che incarna l’ideale collettivo della massa, orientata dall’inconscio piuttosto che dalla coscienza.
«All’interno di una massa e per influsso di questa, il singolo subisce una profonda modificazione della propria attività psichica. La sua affettività viene straordinariamente esaltata, la sua capacità intellettuale si riduce in misura considerevole, entrambi i processi tendendo manifestamente a eguagliarlo agli altri individui della massa; si tratta di un risultato che può venir conseguito unicamente tramite l’annullamento delle inibizioni pulsionali peculiari a ogni singolo e attraverso la rinuncia agli specifici modi di esprimersi delle sue inclinazioni».
In questo “legame libidico” di identificazione totale, il singolo si trasforma in “individuo collettivo”, fino a regredire in uno stato di “orda primordiale” simile alla condizione di bambini immaturi, con la perdita progressiva dell’autonomia personale e delle capacità critiche.
«Possiamo dire che gli estesi legami affettivi da noi individuati nella massa bastano a spiegare uno dei suoi caratteri: la mancanza di autonomia e d’iniziativa nel singolo, il coincidere della reazione del singolo con quella di tutti gli altri, l’abbassamento del singolo – per così dire – a individuo collettivo. Ma, se la consideriamo come un tutto, la massa presenta anche altre caratteristiche. Segni tipici come l’indebolimento delle facoltà intellettuali, lo sfrenarsi dell’affettività, l’incapacità di moderarsi o di differire, la propensione a oltrepassare tutti i limiti nell’espressione del sentimento e a scaricarla per intero nell’azione, forniscono un inequivocabile quadro di regressione dell’attività psichica a uno stadio anteriore, affine a quello che non desta meraviglia trovare nei selvaggi o nei bambini. Questo ci ricorda quanti di questi fenomeni di dipendenza appartengano alla costituzione normale della società umana, quanto poca originalità e quanto poco coraggio personale si trovino in questa, quanto ogni singolo sia dominato dagli atteggiamenti di un’anima collettiva che si manifestano come peculiarità razziali, pregiudizi sociali, adesione a regimi totalitari e così via.»
L’individualità dei singoli, col crescere dell’elemento passionale (e irrazionale), libidico e illusorio, defluisce nella cosiddetta “anima della massa”, inteso come un tutto rassicurante e coerente in una dimensione sempre più primitiva, dove a prevalere non è la coerenza logica dell’insieme bensì la pulsione gregaria: deresponsabilizzante e speculare all’onnipotenza del leader.
«La massa è impulsiva, mutevole e irritabile.
[…] Non sopporta alcun differimento dalla realizzazione di un desiderio. Prova una sensazione di onnipotenza; per un individuo che fa parte di una folla non esiste la nozione dell’impossibile.
La folla è straordinariamente influenzabile e credula; manca di senso critico, niente per essa è inverosimile. Pensa per immagini che si richiamano le une alle altre per associazione, come negli stati in cui l’individuo dà libero corso alla propria immaginazione, senza che un’istanza razionale intervenga a giudicare sul grado della loro conformità alla realtà. I sentimenti della folla sono sempre molto semplici e molto esaltati. Essa non conosce il dubbio né l’incertezza.
La folla giunge subito agli estremi. Un accenno di sospetto si trasforma immediatamente in indiscutibile evidenza. Una semplice antipatia diventa subito odio feroce.
Portata a tutti gli eccessi, la folla è influenzata solo da eccitazioni esasperate. Chiunque voglia agire su di essa non ha bisogno di dare ai propri argomenti un carattere logico: deve presentare immagini dai colori più stridenti, esagerare, ripetere incessantemente la stessa cosa.
[…] Nelle folle possono coesistere le idee più opposte, senza reciproco ostacolo e senza che dalla loro contraddizione logica derivi un conflitto. Ora, la psicanalisi ha dimostrato che tutto ciò si verifica anche nel caso di un soggetto infantile o del nevrotico.
Inoltre la folla è molto sensibile alla forza magica delle parole, che hanno il potere sia di provocare nell’anima collettiva le tempeste più violente, sia di placarla.
[…] E infine le folle non hanno mai provato il desiderio della verità. Chiedono solo illusioni delle quali non possono fare a meno. Danno sempre la preferenza al surreale, piuttosto che al reale.»Sigmund Freud
“Psicologia delle masse e analisi dell’io” (1921)
Newton Compton (Roma, 2012)
21 agosto 2013 a 13:51
L’ha ribloggato su Beppe Grillo re-blogging.
24 agosto 2013 a 02:49
trovo l’approccio psicanalitico limitativo…o almeno lo trovavo tale. adesso di fronte a quello che vedo, posso solo convenire.
24 agosto 2013 a 14:05
Personalmente, ho sempre privilegiato l’analisi sociologica, con una certa tendenza “storicistica”…
Come te, trovo l’approccio psicanalitico altrettanto limitativo, ma nella nostra contemporaneità certi fenomeni sociali rasentano più la psicopatologia che altro. Dunque la psicanalisi torna ottima per interpretare l’evento.
13 dicembre 2013 a 10:10
Grazie per lo spunto.
Trovo l’analisi di Freud estremamente attuale, acuta, precisa.
Molti dei tratti da lui descritti ritrovano un risconto universale nella storia dell’umanità, tra l’altro termini come anima collettiva et similia si confanno ad un ambiente esoterico che sicuramente Freud ben conosceva.