C’è Post@ per te…
Gli scherzi telefonici esistono fin da quando Alexander Bell fregò il brevetto a Meucci e si mise a produrre il fortunato aggeggio su scala industriale.
Considerati irresistibili da chi li fa, sono assai meno apprezzati da chi li riceve. E di solito vengono ricordati per quel che sono: un momento condiviso di umana stupidità. Se ne esistono di particolarmente sofisticati, nella maggioranza dei casi non si elevano oltre il livello di minchioneria congenita agli improvvisati autori, che spesso sono burloni troppo cresciuti nella convinzione di essere incredibilmente spiritosi.
Con simili presupposti, gli scherzi al telefono costituiscono da sempre un successo garantito, esteso ormai a trasmissioni radiofoniche e televisive che considerano la pratica come un facile espediente di intrattenimento dal sicuro ritorno di pubblico…
Molto prima di Teo Mammucari e Giuseppe Cruciani, la telefonata a sorpresa con sberleffo incorporato ha costituito a lungo il pezzo forte degli spettacoli teatrali di Beppe Grillo, senza peraltro mai eguagliare la complessità burlesca dei primi due. Con la raffinata comicità che da sempre ne contraddistingue le esibizioni, il Beppone nazionale, all’epoca poco più che quarantenne (era il 1992), era solito telefonare in diretta dal palco a qualche personaggio famoso, per farlo mandare graziosamente a quel paese dal pubblico in ludibrio non appena lo sventurato (o chi per lui) avesse sollevato la cornetta. Quindi il guitto riccioluto riattacava subito, sghignazzando compiaciuto con la sua degna platea a comando, insieme alla quale condividere l’eccitazione momentanea della trasgressione anonima a buon mercato, nella comune soddisfazione infantile di quei bimbetti che hanno bisogno di dire le parolacce per sentirsi grandi.
All’epoca (25/02/92), Andrea Barbato, un signore di un genere ormai estinto, dedicò al personaggio una delle sue “cartoline” (lettere aperte a personaggi più o meno celebri), esponendo tutte le sue perplessità con un pudore pressoché scomparso, accompagnato da un’ironia sottilissima, e la lungimiranza profetica di chi, con ogni evidenza, del fenomeno incipiente aveva già capito tutto con largo anticipo sui tempi…
Caro Beppe Grillo,
Avevo pensato dapprima di formare il numero verde del suo telefonino e di collegarmi con lei, come lei stesso invita a fare, durante lo spettacolo. Poi ho preferito che ciascuno resti a casa propria, lei sul palcoscenico davanti a platee entusiaste, io nello studio di “Cartolina”. Lei è bravissimo, esilarante, inarrivabile. Devo spendere subito gli aggettivi più lusinghieri di cui dispongo per due motivi. Il primo è che lei li merita davvero, con una comicità mai inutile, sempre in sintonia con quello che accade. Il secondo motivo è difensivo: spero di evitare la telefonata corale, che lei dedica a qualche personaggio della Tv o della cronaca, e durante la quale la platea, in coro, magistralmente diretta dal suo gesto, rivolge all’ignaro che ha risposto un invito molto esplicito e brusco. Una parola, un imperativo, che nella televisione di oggi appare persino blando, se si ascolta quello che viene detto da mattina a sera, ma che chi le parla, per quell’ipocrisia borghese che un tempo si chiamava educazione, non vuole ripetere in Tv davanti a due milioni di persone.
Abbiamo accolto con piacere il suo ritorno a teatro dopo qualche tempo di silenzio e sappiamo che ogni serata è trionfale. Anche perché lei ha avuto la trovata di applicare al teatro, grazie all’esistenza dei telefonini cellulari, una ricetta di successo della Tv. Cioé quello della telefonata dal vivo, in diretta. Ma qui non è il pubblico a telefonare a lei, o non quello soltanto. È più spesso lei, trascinandosi dietro la platea come il pifferaio magico, a telefonare a persone celebri, che in quel momento riscuotono l’unanime dissenso del suo pubblico. Sicché in case lontane, dentro apparecchi ai quali spesso risponde una segreteria, una governante o una mamma ignara, risuona il corale giudizio della platea, oggi di quella milanese, domani di altre città d’Italia. Divertente, no? Anzi, da torcersi dal ridere. Finalmente: uno sfogo comune, un levarsi la voglia, una cura contro la passività televisiva, contro tante cose ascoltate alle quali non si può replicare. Si levi alto il grido dunque, e pazienza se l’interlocutore non c’è, è assente, dorme, è fuori a cena, ha cambiato casa.
Rischiando di entrare nell’elenco di coloro che riceveranno questo messaggio corale, vorrei azzardarmi a muovere a un uomo libero e intelligente come lei, caro Grillo, qualche obiezione. Forse, se non altro, degna d’essere discussa. E la prima è questa: come fa lei ad assomigliare ogni sera alle sue platee, pur nel cambio di pubblico, di città, di società? Ci riesce centrando dei bersagli molto ovvi e inutili. Una specie di minimo comune denominatore delle antipatie, peraltro finte, degli italiani. Perché dovremmo castigare Sgarbi, Costanzo, Ferrara, o la Raffai? Siamo sicuri che siano loro i più degni, per dirla con un eufemismo, di essere mandati a quel paese? Non ci saranno personaggi più potenti, più pericolosi, sui quali magari il suo coro rischia di dividersi, e di non essere così unanime? Tanto più che quelle sono, come dicevo, delle finte antipatie, come dimostra il fatto che quegli eroi sono stati creati proprio dal pubblico e non da altri. E ora per liberarsi, per sentirsi intelligenti, partecipano al woodoo collettivo contro di loro.
Seconda obiezione. Non nego il valore comico, liberatorio, una tantum, di una bella imprecazione lanciata all’indirizzo giusto. Ma lei crede davvero che la sacrosanta rabbia, la furia contro i poteri, le corruzioni, le meschinità, le inefficienze, le arroganze, vengano soddisfatte, sanate, da una trasgressione verbale? Da un grido insultante da curva calcistica? Trasformando per un solo istante il professionista, il funzionario, e le loro signore in esseri urlanti e vituperanti? A scopi terapeutici, dice un giornale, ma io ne dubito. Che terapia è questa? È la strada maestra dell’illusione qualunquistica, dello sberleffo fine a se stesso, della vendetta anonima pronunciata da una poltrona in penombra: l’unico che si espone, che fa il suo mestiere, è lei.
E poi, siamo sicuri che questo lavacro di insulti a persone assenti, che per di più non rappresentano coloro che hanno mandato il nostro Paese in pezzi, non finiscano per benedire proprio quelle persone? Si sa che nulla è più ambito di ricevere una vignetta, una parodia, un’imitazione. E ora magari un insulto. Le telefoneranno per chiederli. Servono molto, specie in campagna elettorale.
Caro Grillo, le platee hanno di buono che cambiano ogni giorno, ma l’Italia è sempre lì, eterna nei suoi errori, a prova di insulto.
Un saluto da Andrea Barbato
(25 febbraio 1992)
Andrea Barbato
“Altre Cartoline”*
Nuova Eri – S&K; 1992
In seguito (e siamo nel 2000), Beppe Grillo passerà a distruggere a martellate i computer sul palcoscenico (“come un bambino ci voglio guardare dentro”), prima che Casaleggio gli insegnasse come usarli per far quattrini…
Venti anni dopo il 1992, imparata la lezione e messa a profitto l’arte, ripropone lo stesso sketch con rinnovato successo (ma senza il telefono), a consumo di un pubblico ancor più istupidito e docilmente ubbidiente di allora, e la medesima confusione mentale. In merito, potete trovare QUI una piccola antologia sull’involuzione illogica del Grillo-pensiero, nell’assoluta assenza di senso. Ad ogni modo, la semina ha dato i suoi frutti… Attualmente, le sue degne protuberanze animate in Parlamento delirano, nella piena regressione adolescenziale di chi crede di essere tornato all’okkupazione della scuola, con assemblea autogestita permanente e “argomenti a piacere”.
«*L’Italia ritratta nelle “Cartoline” è abitata da un ceto politico mediocre e furbesco, parolaio e incolto. Forse è un quadro troppo fosco, anche perché bisogna aggiungervi un paesaggio inquinato, monumenti frananti, istituzioni fragili, mafie e clientele aggressive. Ma mi auguro che si senta la presenza, come un grande coro silenzioso, di una popolazione che continua a sperare nel meglio sia pure per strade sempre incerte e tortuose. A mia discolpa, potrei concludere così: se continuo a vivere in questo paese, a emozionarmi e indignarmi davanti alle sue cronache, a spedire messaggi e pianificare altre serie di Cartoline, è perché credo che ci sia modo di fabbricare un futuro meno sconsolante del presente.»
A.Barbato
(1992)
L’Italia è un paese che non invecchia. Al massimo peggiora.
Correlati
This entry was posted on 11 aprile 2013 at 19:00 and is filed under Kulturkampf with tags Andrea Barbato, Beppe Grillo, Cartoline, Cultura, Degrado, Educazione, Italia, Liberthalia, Regressione culturale, Scherzi telefonici, Società, Spettacolo, Vaffanculo. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.
12 aprile 2013 a 15:46
“Molto prima di Teo Mammucari e Giuseppe Cruciani, la telefonata a sorpresa con sberleffo incorporato…”
Cruciani: un altro personaggio fosco e irritante. Di solito mi ascolto, quando riesco, “Focus Economia” con Sebastiano Barisoni e mi sbrigo a cambiare stazione radio quando finisce, per non rischiare di sentire il nauseante tono di voce del becero qualunquista Cruciani.
L’Italia non ha bisogno di questi personaggi. Il problema è che gli italiani (o una gran parte) hanno bisogno di questi personaggi.
“L’Italia è un paese che non invecchia. Al massimo peggiora.”
L’Italia peggiora sempre di più, ma non durerà per sempre, ormai siamo agli sgoccioli.
12 aprile 2013 a 16:18
Personalmente, ti confesso che Cruciani non lo posso soffrire. E’ uno di quei rari casi in cui provo una antipatia a pelle, istintiva e irrazionale.
12 aprile 2013 a 17:45
Credo che, in un ipotetico dialogo faccia a faccia con Cruciani, sia quasi impossibile non arrivare alle mani.
Farebbe bestemmiare Gesù Cristo in persona per quanto è insopportabile.
13 aprile 2013 a 19:25
la funzione, come spesso abbiamo notato, è un po’ la stessa degli spettacoli circensi e dei gladiatori nell’antica Roma.
Intanto, ti ringrazio per avermi fatto scoprire Barbato, o meglio per avermelo fatto vedere sotto una luce inedita. Penso che fra poco mi darò alla caccia per trovare “altre cartoline”!
14 aprile 2013 a 16:45
Io ne conservo una copia nella mia ‘piccola’ biblioteca domestica… Quando a primavera tutti si dedicano al cambio di stagione, di solito impiego una mezza giornata a spolverare i volumi (almeno una volta all’anno!) e così mi è ricapitato tra le mani… Vista l’attualità, quale migliore occasione per riproporre la “cartolina”..:)
6 Maggio 2013 a 18:57
L’ha ribloggato su Beppe Grillo re-blogging.