
Italia 1993-2013. La sedicente ‘Seconda Repubblica’ si conclude così com’era cominciata: travolta dagli scandali e dalla corruzione, sulla scia di una nuova crisi economica. Tangenti SAIPEM e Finmeccanica; saccheggio indiscriminato dell’erario pubblico, con la devastazione del Sanità pubblica; i casi abnormi con le malversazioni in Lombardia e Lazio e Sicilia, in una sequela potenzialmente infinita…
La presunta ‘Terza Repubblica’ non sembra promettere auspici migliori.
La raffica di scandali bancari dallo IOR ad MPS, passando per la Banca Popolare di Milano, ricordano per molti aspetti il caso della “Banca Romana” (e siamo nel 1893!), con il crollo di un’intera classe politica e l’instaurazione di una serie di governi autoritari che condussero il Paese in disastrose avventure coloniali ed alla macelleria della Prima Guerra Mondiale, seminando i germi per l’ascesa del fascismo.
In tempi attuali, la fine del Ventennio berlusconiano si trascina agonizzante nel peggiore dei modi, senza risparmiarci l’imbarazzo degli ultimi sussulti prima della dipartita, col suo principale protagonista ridotto a mascherone funebre di se stesso. Non poteva mancare certo il testamento politico di questo gangster recidivo, che si reinventò “statista” e si impose come un vecchio sudicione. A imperitura memoria del suo operato, ci lascia un surreale elogio della corruzione, con istigazione a delinquere.
Nata sulla scia di “Tangentopoli”, la seconda Repubblica non ha debellato la corruzione, esplosa piuttosto a livelli mai visti. A cambiare è stata la percezione della medesima, nel frattempo diventata sfrontata nella certezza dell’impunità e nell’esibizione sguaiata del bottino, da parte di una oligarchia di parvenu al potere, senza altro titolo di merito se non l’arroganza e l’accumulazione compulsiva della “robba”.
A saltare sono stati i freni inibitori, gli anticorpi sociali, di un Paese invecchiato e immiserito moralmente da una mutazione antropologica regressiva. In questo, se l’Italia sembra imprigionata senza soluzione di continuità, in una sorta di loop temporale dall’eterno ritorno al sempre uguale, ad essere cambiati sembrano essere invece gli italiani (e non in meglio): incattiviti e soprattutto incarogniti; essendo passati troppi in fretta dallo sghignazzo al pianto, ma sempre inclini alla lagna.
Capita così di assistere al passaggio di consegne da un venditore di sogni ad un mercante di incubi, che lucra sulle ansie e le paure di un popolo allo sbando, blaterando di guerre mondiali e complotti.
Adesso, in merito alla situazione generale, si fa un gran parlare di “miscela esplosiva”, di “polveriera sociale”, e di altre pirotecniche metafore per descrivere una condizione ed una serie di sentimenti diffusi ma inespressi.
Con grande lucidità, Gad Lerner (29/01/13) ha parlato in proposito di “rabbia rassegnata”, come fenomeno introspettivo di vuoto permanente, nell’incapacità di uno sbocco propositivo e compartecipato:
«Nessuna pulsione rivoluzionaria. Manca fra noi l’orizzonte del rovesciamento delle gerarchie, dei dogmi classisti e tanto meno dei rapporti di produzione. La furia si ripiega su se stessa, fino a bruciare l’anima in cui s’è accesa.»
Ed è una “furia” senza sbocchi apparenti, circoscritta com’è ad una mera sommatoria di recriminazioni individuali e frustrazioni egoistiche di piccoli borghesi insoddisfatti e ancor più terrorizzati di retrocedere nella graduatoria sociale: il metro privilegiato con cui sembrano misurare le proprie azioni.
Tali sentimenti “delineano una rabbia debole che sembra ovattata. Rabbia di lamento e di protesta; rabbia gracile…. Un malessere sordo, difficilmente esprimibile in senso di comunità”.
Più modestamente, a noi sembra un rimestaggio di vecchi umori e pulsioni irrazionali, tipico di ogni momento di crisi in tempi di transizione. Non c’è niente di nuovo in una plebe, che sembra incapace di elevare lo sguardo al di sopra del proprio ombelico. Non v’è alcunché di ‘rivoluzionario’ in una “massa” che, lungi dall’essere critica, è più che altro sovrapposizione caotica di rancori, espressi nell’anonimato collettivo, e che per farsi coraggio diventa “folla” indistinta (la famosa gggente che non ce la fa più). Da sedurre e manipolare. La procedura, a livello psicologico, era già nota a personaggi del calibro di Gustave Le Bon (ne avevamo parlato QUI). Da allora non molto è cambiato.
In definitiva, il prodotto pare costante nel tempo, riproponendosi immutato con gli stessi meccanismi a cadenza ciclica, secondo schemi collaudati dalla consuetudine e da elementi peculiari che sembrano resistere intatti.
In una prospettiva diametralmente opposta, per fare un esempio, ci hanno ironizzato sopra con sarcasmo polemisti della caratura di un Curzio Malaparte [QUI] o Antonio Gramsci [QUI], abituati a confrontarsi con le piccole meschinità di un popolino più avvezzo alle piazze che alla coscienza di sé, alle rappresentazioni teatrali da avanspettacolo [QUI] piuttosto che alla drammaturgia corale.
Oggi la non-mobilitazione può contare sull’illusione di farsi coscienza e “partecipazione” nell’anomia diffusa di rassicuranti limbi virtuali, tanto accattivanti quanto fittizi, che pongono seri limiti ed un monito a chi cerca di convogliarne le potenzialità verso una prospettiva più ampia di coinvolgimento…
«Sul web ciascuno può scrivere la sua invettiva e provare la falsa ebbrezza di far parte di una collettività, riunita da migliaia di ‘mi piace’ o anche solo dalla cancellazione del nemico. Galvanizzata dalla capacità di leader virtuali che sublimano in decibel privi di sonoro il disagio, la protesta, la denuncia. Ma vuoi mettere la soddisfazione di avergliele cantate – col nickname che preserva il tuo anonimato – al bersaglio del momento? Fin troppo ovvio è riconoscere in Beppe Grillo il re di queste innocue maledizioni, portavoce di una rabbia tradotta in grossolani calembour o sotto forma di invettiva scurrile. Capita a tutti noi di provare ammirazione per la creatività in rete, senza accorgerci di come essa ci imprigioni in una solitudine, per l’appunto, rabbiosa.
(…) Recitare l’indignazione è l’ultima specialità di troppi conduttori televisivi benestanti, ma è anche il nuovo business dei falsi portavoce del popolo. Basti pensare a Beppe Grillo (…) Lui è il capoccia degli arrabbiati. Non esprime l’ira di Dio né una aspirazione di giustizia sociale, ma solo la miseria di un cattivo sentimento deprivato della speranza.»
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This entry was posted on 15 febbraio 2013 at 17:35 and is filed under A volte ritornano with tags Anomia, Beppe Grillo, Corruzione, Folla, Gad Lerner, Gustave Le Bon, Italia, Liberthalia, Massa, Plebe, Popolo, Rabbia rassegnata, Seconda Repubblica, Silvio Berlusconi, Società. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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19 febbraio 2013 a 07:12
Non dimenticherei lo scandalo sanità toscana iniziato con il buco del bilancio della USL di Massa Carrara, ma comprende anche la USL di Siena quando era direttore generale Laura Benedetto prima di convolare a nozze con il governatore Enrico Rossi
19 febbraio 2013 a 14:09
Io non mi dimenticherei nemmeno del vento solare che può generare vere e proprie tempeste magnetiche. Una cosa del genere, a certi livelli di intensità potrebbe sovraccaricare i trasformatori delle centrali di riduzione e creare veri e propri black-out nei centri abitati.
19 febbraio 2013 a 19:16
fa male, ma sii conseguente con il tuo nick e abbandona un partito che non merita la tua passione.
20 febbraio 2013 a 10:19
Ciao Gabriella, io penso ai tanti cittadini italiani che stimo alle persone a cui voglio bene non posso fargli questo. Non posso lasciare il paese in mano ad una associazione a delinquere con banditi inetti guidati dall’odio e/o dalla voglia di denaro, non posso farlo. Quando sento parlare Tremonti e rianalizzo tutti i danni da lui fatti senza pudore e per incompetenza, non riesco a dire “sono tutti uguali”. Per quanto mi sia impegnato ad avere questa visione, non ci sono riuscito. L’inettitudine la pochezza tecnica la stupidità il volgare propagandare per meri fini elettorali da parte di un ministro così importante ci ha portato nel baratro. Purtroppo mi piace studiare, l’economia le scienze e cerco di analizzare tutto senza ideologia, ecco ti posso dire che è questa destra becera che ci ha portato al collasso, e lo dico dopo aver studiato con occhio critico la situazione da 20 anni. Qualcuno la vede diversamente? nessun problema ognuno è libero di fare le proprie scelte. Ma per l’idea che mi sono cotruito da solo senza interferenze con lo studio e la dedizione, non posso abbandonare le tante persone che stimo e a cui voglio bene. Un altra vittoria di questa destra, sarebbe l’inizio della sofferenza vera per tante persone. A volte sento dire “L’Italia si merita Berlusconi” forse è vero ma non risco ad essere così cinico, forse deriva dalla bontà di cuore che ho ereditato in (piccola) parte ma mia madre. Non posso tradire la mia visione del mondo i miei studi e il mio antagonismo contro questo sistema e tutte le persone che ci fanno parte. Perchè i banditi sono stati votati dalla gente da nostri concittadini, con cui non trovo nulla in comune e che combatto nelle piccole cose ogni giorno. Non posso fargli un regalo del genere…..NO.
Ecco a cosa mi ribello, il mio essere ribelle non è quello che si trova nei film, o essere rivoluzionario, mi ribello alle porcherie e ai soprusi della gente fatti ogni giorno, e in quelle battaglie come la mia oggi a volte mi sento veramente solo. Ma questo è il mio destino.
20 febbraio 2013 a 14:33
è nota come sindrome dell’ultimo giapponese: morto Berlusconi verremo a avvertirvi che la guerra è finita.