Grullo a 5 Stelle
Povero Beppe Grillo, in arte Grullo!
Invece di depositare il contrassegno della lista elettorale presso l’apposito ufficio del Ministero dell’Interno, come da più di mezzo secolo prevede la Legge (n.361 del 30/03/1957), e preoccuparsi
della fila, è così impegnato a corteggiare i fascisti di Casa Pound e improvvisare comizietti davanti al Viminale, con le sagome di cartone del MoVimento ensifero che ridono a comando ad ogni menata del Guru, da farsi scavalcare da un gruppo di truffatori professionisti, specializzati in contraffazione elettorale, facendosi battere sul tempo nella registrazione di una lista che è un falso spudorato dell’originale M5S.
Lo squallido giochino, molto in voga da almeno 30 anni, rientra in quel fenomeno vergognoso e tutto italiano, conosciuto in ambito elettorale col nome di “Liste civetta”: in pratica una truffa legalizzata (e piuttosto marchiana), contro la quale solitamente ci si premunisce con largo anticipo, tramite registrazione di logo e nome e varianti, affidandosi a legali specializzati.
Nell’inconveniente, con tutta la sprovvedutezza dei neofiti, sono incappati anche i neo-movimenti
di Ingroia e del robot Monti… Ma non ditelo a Beppe Grillo, tanto non gli par vero di poter agitare a costo zero gli stracci logori del vittimismo professionista, dove il delirio persecutorio si fonde con le manie di grandezza che contraddistinguono l’istrione.
Con Lui, l’ordinario si trasmuta in straordinario e tutto si trasforma in complotto esclusivo, in congiura ordita ai suoi danni… Le scandalose inefficienze dell’ufficio elettorale, la vergognosa disorganizzazione del ministero, che chiunque abbia mai avuto a che fare con una tornata elettorale conosce benissimo, diventa una caso personale, una cospirazione ad personam organizzata dal ‘sistema’ per boicottare la dirompente carica rivoluzionaria del “capo politico” che si crede l’ombelico del mondo, del Messia defraudato della vittoria.
E non contento inscena furbescamente lo psicodramma con tanto di pantomima inclusa, minaccia di ritirarsi dalla competizione elettorale, strepitando e chiedendosi chissà quale cospirazione internazionale si celi dietro cotale attentato!
Per una volta, vogliamo prestare soccorso al povero perseguitato, travestito da Calimero…
In merito al ricorso contro la lista-patacca, all’idiota ed ai suoi dummies ricordiamo come la summenzionata legge elettorale preveda:
Art.14
1. I partiti o i gruppi politici organizzati, che intendono presentare candidature nei collegi uninominali o liste di candidati, debbono depositare presso il Ministero dell’interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere le candidature nei collegi uninominali o le liste medesime nelle singole circoscrizioni. All’atto del deposito del contrassegno deve essere indicata la denominazione del partito o del gruppo politico organizzato.
2. I partiti che notoriamente fanno uso di un determinato simbolo sono tenuti a presentare le loro liste con un contrassegno che riproduca tale simbolo.
3. Non è ammessa la presentazione di contrassegni, sia che si riferiscano a candidature nei collegi uninominali sia che si riferiscano a liste, identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli usati tradizionalmente da altri partiti.
3 bis. Ai fini di cui al terzo comma costituiscono elementi di confondibilità, congiuntamente od isolatamente considerati, oltre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali, nonché le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalità politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento.
3 ter. Non è ammessa, altresì, la presentazione di contrassegni effettuata con il solo scopo di precluderne surrettiziamente l’uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso.
4. Non è ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore.
Art. 16
1. Il Ministero dell’interno, nei due giorni successivi alla scadenza del termine stabilito per il deposito, restituisce un esemplare del contrassegno al depositante, con l’attestazione della regolarità dell’avvenuto deposito.
2. Qualora i partiti o gruppi politici presentino un contrassegno che non sia conforme alle norme di cui all’art. 14, il Ministero dell’interno invita il depositante a sostituirlo nel termine di 48 ore dalla notifica dell’avviso.
3. Sono sottoposte all’Ufficio centrale nazionale le opposizioni presentate dal depositante avverso l’invito del Ministero a sostituire il proprio contrassegno o dai depositanti di altro contrassegno avverso l’accettazione di contrassegno che ritengano facilmente confondibile: a quest’ultimo effetto, tutti i contrassegni depositati possono essere in qualsiasi momento presi in visione da chi abbia presentato un contrassegno a norma degli articoli precedenti.
4. Le opposizioni devono essere presentate al Ministero dell’interno entro 48 ore dalla sua decisione e, nello stesso termine, devono essere notificate ai depositanti delle candidature e delle liste che vi abbiano interesse. Il Ministero trasmette gli atti all’Ufficio centrale nazionale, che decide entro le successive 48 ore, dopo aver sentito i depositanti delle candidature e delle liste che vi abbiano interesse.
Perciò, meno sceneggiate e più fatti!
In merito invece alla fantomatica identità dei contraffattori (“Chi c’è dietro?”), noi abbiamo impiegato meno di cinque minuti per sciogliere l’arcano…
Lo specialista in materia si chiama Renzo Rabellino; piemontese, si presenta così:
“Nato a Torino il 12/09/1958, imprenditore, sposato padre di un figlio. È segretario nazionale del Movimento NO EURO; vicesindaco di Sambuco (CN) dove risiede; dal 2001 consigliere della Circoscrizione IV di Torino. Militante dal 1980 nei movimenti autonomisti Union Piemonteisa prima e Piemont Autonomista poi, è stato il fondatore della Lega Nord nel 1989; consigliere regionale del Piemonte dal 1990 al 1995. Dal 1995 Consigliere Comunale a Osasco (TO), Massello (TO) e Cissone (CN) e per cinque anni nella Comunità Montana Val Chisone e Germanasca nel periodo preolimpico.”
Più prosaicamente, è un pataccaro esperto in parassitismo politico. A giudicare dai fatti, la sua principale attività imprenditoriale pare consista nell’operare azioni di disturbo politico, attraverso la creazione di liste civetta assemblate in serie, presumibilmente per raggranellare i soldi dei rimborsi elettorali.
Sua è l’idea della “Lista Monti” (Samuele), ma in passato si era già presentato con una lista Lega Padana-Piemont e una “Lista Cota” (Nadia) sempre per il Piemonte, la lista “Verdi-Verdi”…
Naturalmente, Grillo lo conosce bene visto che l’inossidabile Rabellino ha tentato più volte di sfruttarne il nome per i propri fini. Nella fattispecie ci aveva già provato con: “Amici di Beppe Grillo”… “Lista del Grillo”… “Grilli parlanti”… e sempre diffidato dal comico genovese.

Tipico prodotto dei villaggi della pedemontana, è il classico Bertoldo di provincia che si crede diabolicamente furbo, almeno a giudicare dal livello dei mezzucci coi quali sembra arrabattarsi per sbarcare il lunario…
Nel 1990 la Lega Nord (della quale sostiene essere tra i fondatori) lo fa eleggere consigliere regionale per il Piemonte, salvo espellerlo dal partito tre anni dopo.
Ovviamente, Rabellino è un convinto sostenitore di quell’immane idiozia, conosciuta come “signoraggio bancario”: ossessione prediletta da ogni deficiente che si riconosca nei deliri del complottismo. Da questo punto di vista, il suo capolavoro è costituito dal movimento No-Euro di cui è segretario nazionale.
Quando non è impegnato a clonare liste e fantasticare su autonomismi e devoluzioni tribali, il nostro eroe bazzica gli ambienti neo-fascisti, galleggiando tra le formazioni di estrema destra: dalla Fiamma Tricolore a La Destra, passando per Forza Nuova.
Per rendere l’idea del personaggio, Rabellino si era già presentato alle elezioni politiche del 2008 come segretario della Lista No Euro – Grilli parlanti, in quella che lui stesso ribattezzò “Operazione Alias”:
«La lotta per ottenere voti e consensi da parte degli elettori confrontandosi con altri partiti più grossi è però molto difficile, così il candidato premier della lista, Renzo Rabellino, decide di mettere in moto l’operazione Alias. Essa consiste nel candidare nelle varie regioni degli omonimi di personaggi politici, per risultare in questo modo più visibili, inducendo alla confusione eventuali votanti; così facendo essi hanno inserito in quasi tutte le circoscrizioni elettorali per il senato l’imprenditore piemontese Giuseppe Grillo, seguito a ruota da Pericle Barlusconi (leader dei Pensionati e Invalidi).»
D’altronde, le cialtronate del personaggio sono note da anni. Persino “Il Giornale” dedica un articolo al funambolico falsario di liste in un ispirato articolo del 2010 [QUI] in cui si può leggere:
«Rabellino, vecchia volpe sabauda a suo agio nel sottobosco dei consigli, da quelli di condominio a quelli regionali, a suo modo è un genio. Un incrocio tra Totò falsario e quei tarocchi tipo i jeans Lewis o le scarpe Naik. La sua peculiarità, infatti, sta nell’ideare liste civetta con l’intento di gabbare elettori disattenti a colpi di omonimie, simboli simili e altri specchietti per allodole.
[…] Riavvolgendo il nastro della sua carriera, si arriva alle Politiche 2008, quando le carte bollate riguardarono Beppe Grillo. Anzi, riguardarono due Beppi Grilli. Il comico genovese e il 54enne Giuseppe Grillo detto Beppe, nato a Bra, che il nostro incontrò a una raccolta firme e candidò a premier tra le proteste generali. Con secondo in lista tale Pericle Barlusconi.»Marco Zucchetti
Il Giornale – 02/03/10
Per la sua indefessa attività di pataccaro, questo cialtrone matricolato è stato condannato nel 2010 a due anni e dieci mesi di reclusione, subito dopo che si era presentato invano alle elezioni regionali del Piemonte nel 2009 con l’appoggio di nove liste tra le quali vale la pena di ricordare: “Pensionati e invalidi”; “No privilegi politici”; “Moderati”; “AutomobiLista”; “Forza Toro”.
Nell’Ottobre 2010 il Tribunale di Torino predispone nei confronti di Enzo Rabellino:
«la sospensione dei diritti elettorali e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. L’accusa, sostenuta dal pm Patrizia Caputo, aveva chiesto una condanna a quattro anni di reclusione. Tre le firme in una delle liste a sostegno di Rabellino c’era anche quella dell’attrice Luciana Littizzetto che, chiamata a testimoniare nel corso del processo, ha negato di aver firmato.»
La notizia la trovate pubblicata su “La Stampa” [QUI].
Il Grullo a 5 stelle però fa finta di scoprire uno come Rabellino soltanto ora, tanto gli torna comodo l’utile idiota di turno per la coesione della setta.
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14 gennaio 2013 a 21:14
questo Rabellino non lo conoscevo! Mi hai aperto un mondo. Sei proprio bravissimo a reperire tutte le informazioni… il fatto è che più cose scopro, meno le mie idee si chiariscono… beh, è normale. Vedremo come andranno le cose.
Ci sono alcune liste, fra l’altro, che sarebbe carino segnalare: quella del bunga bunga, quella Pane Pace Lavoro o qualcosa del genere, Moderati In Rivoluzione e tante altre geniali idee.
14 gennaio 2013 a 21:55
La mia preferita rimane in assoluto Mirella Cece, con la fondamentale lista “Sacro Romano Impero“: 20 anni di indefessa, imperturbabile, minchioneria esibita con costanza nel tempo.
Ma soprattutto vale la pena di ricordare l’ostinazione fantasiosa di tal BEPPEciRILLO.it:
17 gennaio 2013 a 14:09
Se parliamo ci CIALTRONI andrebbero messi alla gogna tutti quei partiti che sino a ieri hanno occupato le poltrone/poltoncine delle istituzioni presenti in questo burlesko paese prendendoci per i fondelli da 20 anni a questa parte …. l’unica differenza tra i pataccari e i politici di oggi è che i primi camuffano alla luce del sole , i secondi lavorano sotto traccia ma il risultato non cambia !
17 gennaio 2013 a 15:20
Caro Rosario,
Il problema è che questi “cialtroni” e/o “pataccari” vengono sistematicamente (ri)votati ad ogni tornata elettorale, da un corpo elettorale che, a prescindere dai rumori di pancia, non è affatto migliore dei suoi degni “rappresentanti” quando non addirittura peggiore di loro, ma ha la presunzione di ritrovare la verginità ad ogni deiezione.
Il problema non è la “casta”, ma la servitù. E gli italiani, fatte le debite eccezioni, sono un popolo che si vende per poco…
Il loro ideale è un Re Travicello:
Al Re Travicello
Piovuto ai ranocchi,
Mi levo il cappello
E piego i ginocchi;
Lo predico anch’io
Cascato da Dio:
Oh comodo, oh bello
Un Re Travicello!
Calò nel suo regno
Con molto fracasso;
Le teste di legno
Fan sempre del chiasso:
Ma subito tacque,
E al sommo dell’acque
Rimase un corbello
Il Re Travicello.
Da tutto il pantano
Veduto quel coso,
«È questo il Sovrano
Così rumoroso?»
(s’udì gracidare).
«Per farsi fischiare
Fa tanto bordello
Un Re Travicello?
Un tronco piallato
Avrà la corona?
O Giove ha sbagliato,
Oppur ci minchiona:
Sia dato lo sfratto
Al Re mentecatto,
Si mandi in appello
il Re Travicello».
Tacete, tacete;
Lasciate il reame,
O bestie che siete,
A un Re di legname.
Non tira a pelare,
Vi lascia cantare,
Non apre macello
Un Re Travicello.
Là là per la reggia
Dal vento portato,
Tentenna, galleggia,
E mai dello Stato
Non pesca nel fondo:
Che scienza di mondo!
Che Re di cervello
È un Re Travicello!
Se a caso s’adopra
D’intingere il capo,
Vedete? di sopra
Lo porta daccapo
La sua leggerezza.
Chiamatelo Altezza,
Chè torna a capello
A un Re Travicello.
Volete il serpente
Che il sonno vi scuota?
Dormite contente
Costì nella mota,
O bestie impotenti:
Per chi non ha denti,
È fatto a pennello
Un Re Travicello!
Un popolo pieno
Di tante fortune,
Può farne di meno
Del senso comune.
Che popolo ammodo,
Che Principe sodo,
Che santo modello
Un Re Travicello!
Giuseppe Giusti
(1841)
17 gennaio 2013 a 15:44
Grazie della sollecita risposta, ma per quel popolo onesto c’è però una possibilità di cambiare o, meglio, dare inizio al vero cambiamento esercitando la sovranità che ci appartiene e che nessuno può legalmente impossessarsene o donare a non meglio precisati organismi internazionali: l’atto del voto stesso ovvero la presenza nei seggi elettorali del registro dei verbali, previsto dalla Legge, nel quale possiamo far annotare le nostre motivazioni nel rifiutare la scheda elettorale, senza che questa venga annullata né consegnata nulla. Chiedere di verbalizzare il proprio rifiuto per il sistema di governo, magari non riconoscendone ne la rappresentatività, ne la moralità ne la legittimità, o addirittura invocarne un altro, è esercitare pienamente un proprio diritto previsto dalla stessa Legge! Questo dissenso sarebbe certificato, scritto nero su bianco e non avrebbe l’anonimo peso nullo dell’astensione o della scheda nulla! E’ l’ultimo tentativo per non arrivare a soluzioni cruente e drammatiche che, ahimè, si stanno profilando in un futuro molto prossimo. Saluti
17 gennaio 2013 a 16:21
E’ bene precisare che condivido totalmente l’iniziativa e tutte le forme motivate di astensione critica.
Purtroppo, per una questione puramente formale, temo che la verbalizzazione delle motivazioni del non-voto nel registro del segretario di seggio, non sia una opzione contemplata dalla Legge elettorale (che nella fattispecie è sempre la 361/57).
In genere ci si limita a registrare la scheda bianca tra le nulle.
Sull’argomento, il testo è vago e molto è rimesso all’iniziativa del “presidente di seggio”, che di solito va in tilt e chiede consigli al messo comunale che opta per l’annullamento.
Art. 74
1. Il verbale delle operazioni dell’Ufficio elettorale di sezione è redatto dal segretario in doppio esemplare, firmato in ciascun foglio e sottoscritto, seduta stante, da tutti i membri dell’Ufficio e dai rappresentanti dei candidati nel collegio uninominale e delle liste presenti.
2. Nel verbale dev’essere presa nota di tutte le operazioni prescritte dal presente testo unico e deve farsi menzione di tutti i reclami presentati, delle proteste fatte, dei voti contestati (siano stati o non attribuiti provvisoriamente alle liste o ai candidati) e delle decisioni del presidente, nonché delle firme e dei sigilli.
3. Il verbale é atto pubblico.
Invece, un casino incredibile ed inaspettato scoppia di solito quando si vota un partito e si lascia la scheda aperta in bella vista sul tavolo del ‘presidente’… In teoria la scheda andrebbe annullata, ma poi si devono affrontare gli scontri all’arma bianca tra gli “osservatori di lista” inviati dai singoli partiti e presenti allo spoglio…
Personalmente, SCONSIGLIO vivamente la pratica perché si può incorrere in pesanti sanzioni penali, ai sensi dell’Art.74:
Art. 44
1. Il presidente della sezione è incaricato della polizia dell’adunanza. Può disporre degli agenti della Forza pubblica e delle Forze armate per fare espellere od arrestare coloro che disturbino il regolare procedimento delle operazioni elettorali o commettano reato.
2. La Forza non può, senza la richiesta del presidente, entrare nella sala delle elezioni.
3. Però, in caso di tumulto o di disordini nella sala o nelle immediate adiacenze, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza richiesta del presidente, ma non contro la sua opposizione, entrare nella sala delle elezioni e farsi assistere dalla Forza.
4. Hanno pure accesso nella sala gli ufficiali giudiziari per notificare al presidente proteste e reclami relativi alle operazioni della sezione.
5. Il presidente può, in via eccezionale, di sua iniziativa, e deve, qualora tre scrutatori ne facciano richiesta, disporre che la Forza entri e resti nella sala dell’elezione, anche prima che comincino le operazioni elettorali.
6. Le autorità civili ed i comandanti militari sono tenuti ad ottemperare alle richieste del presidente, anche per assicurare preventivamente il libero accesso degli elettori al locale in cui è la sezione, ed impedire gli assembramenti anche nelle strade adiacenti.
7. Quando abbia giustificato timore che possa essere turbato il regolare procedimento delle operazioni elettorali, il presidente, uditi gli scrutatori, può, con ordinanza motivata, disporre che gli elettori, i quali abbiano votato, escano dalla sala e non vi rientrino se non dopo la chiusura della votazione.
8. Può disporre altresì che gli elettori, i quali indugino artificiosamente nella votazione, o non rispondano all’invito di restituire la scheda riempita, siano allontanati dalle cabine, previa restituzione della scheda, e siano riammessi a votare soltanto dopo che abbiano votato gli altri elettori presenti. Di ciò è dato atto nel processo verbale.
In questo Paese, persino l’astensione, se esercitata con coscienza, è una pratica complicata.
29 luglio 2013 a 11:35
Credo che il termine più corretto per definire quel rebellino (minuscola dovuta) sia “parassita”.