L’inferno dentro: Putumayo Report

Pochi periodi storici hanno avuto l’intensità e le contraddizioni della Belle Époque, contraddistinta da uno sviluppo turbinoso nel pirotecnico susseguirsi di nuove scoperte in ogni ambito, di innovazioni tecnologiche e sperimentazioni culturali, a fronte di enormi miserie e grandi ingiustizie, mentre nelle cancellerie europee erano già in incubazione i germi che porteranno all’immane carneficina della prima guerra mondiale.
In tale contesto, gli orrori coloniali che si consumano nei dipartimenti d’oltremare delle potenze imperiali non susciteranno lo sdegno e le attenzioni indignate dell’opinione pubblica europea, come nel caso delle atrocità nel Putumayo. Ne abbiamo parlato in dettaglio QUI.
Nel corso del 1909, grazie ad una agguerrita compagna di stampa, il pubblico inglese apprende per la prima volta dei crimini perpetrati nella più assoluta impunità dalla Peruvian Amazon Company, specializzata nell’estrazione e nel commercio della gomma. Soprattutto, trova disdicevole che la dirigenza della multinazionale, artefice delle violenze denunciate, sia composta da illustri esponenti della buona società inglese.
Per sopire lo scandalo, e screditare i concorrenti sudamericani a favore del nascente mercato della gomma nell’India britannica, il governo decide di inviare una sua commissione d’inchiesta, col beneplacito delle autorità peruviane, che appuri i fatti e le eventuali responsabilità di cittadini britannici.
Sir Edward Grey, segretario del Foreign Office, affida la direzione della Commissione ad un funzionario di lungo corso, che si è già distinto in inchieste analoghe, rivelando al mondo le atrocità del Congo belga proprio nell’ambito della raccolta del caucciù, durante i suoi viaggi nel cuore più nero ed oscuro dell’Africa. A suo modo, è uno specialista della materia. Soprattutto è un diplomatico serio di comprovata esperienza, famoso (e contestato) per le sue campagne umanitarie. Si tratta di sir R.D.Casement.

Il sogno spezzato di Casement
 Roger David Casement (01/09/1864 – 03/08/1916), prima ancora che un idealista, fu un instancabile sognatore che nel corso della sua tormentata esistenza si trovò quasi sempre a declinare i suoi sogni negli incubi di realtà efferate.
Fu un uomo di grande sensibilità, di carattere mite ed estremamente riservato, che per una strana beffa delle circostanze di ritrovò per sua volontà ad operare spesso in contesti estremi, catapultato in situazioni ed in orrori che, probabilmente, ebbero conseguenze molto più dure e terribili sulla sua psiche di quanto egli non dette mai vedere. E che fecero di lui un uomo tormentato, desolatamente solo, alla disperata ricerca di radici che al volgere della sua vita credette di trovare in un nazionalismo esasperato, nell’alveo dell’irredentismo irlandese. Provato dalle sue esperienze, è possibile che ad un certo momento, nel 1912, abbia cominciato a perdere lucidità di analisi e senso della realtà.
Ovviamente, non fu esente da contraddizioni che, insieme ad una costante tendenza al sogno, ne determinarono anche la rovina. Roger Casement fu tutto ed il contrario di tutto…
Di origini irlandesi, era figlio di un ufficiale britannico di cavalleria, che aveva prestato servizio in India. Si trattava di un militare di carriera, fanaticamente devoto alla Corona inglese.
Fervente sostenitore della missione civilizzatrice dell’imperialismo europeo, divenne un irriducibile anti-colonialista.
Sebbene abbia vissuto in Irlanda non più di una manciata di anni, idealizzò a tal la sua terra natia da diventare un fanatico nazionalista. Fu un pacifista convinto, ma si mise organizzare sollevazioni armate.
Fu un poliglotta: parlava fluentemente il francese, conosceva il portoghese e ancor meglio lo spagnolo, comprendeva alcuni dialetti africani, ma nonostante tutti i suoi sforzi non riuscì mai ad imparare il gaelico che pure reputava la sua lingua madre.
Come diplomatico britannico, fece le sue fortune al servizio dell’Impero che lo colmò di riconoscimenti e di onori, ma non esitò a tradire l’Inghilterra nel momento più drammatico, organizzando un’insurrezione irlandese (Aprile 1916), reclutando volontari nel campo di prigionia tedesco di Limburg, con l’appoggio della Germania in guerra.
Gli inglesi non gli perdonarono mai un simile tradimento. Dalla Gran Bretagna, Roger Casement aveva avuto tutto: ammirazione, rispetto, riconoscimenti… Lo condannarono a morte, ma prima ne distrussero la reputazione pubblicando i famigerati Black Diaries, nei quali Casement aveva raccolto con rara ingenuità le sue fantasie omoerotiche.
Fu un cattolico praticante (convertito) e, a tutti gli effetti, un patriota irlandese. Come il più famoso Michael Collins, militava anche lui nella Irish Rupublican Brotherhood, ma nell’Irlanda indipendente e cattolicissima di Eamon De Valera finì quasi dimenticato o fu causa di imbarazzo per la sua omosessualità.

Casement dichiara guerra all’impero di Julio Cèsar Arana
 Nel 1910 Roger Casement è ancora uno stimato diplomatico al servizio di Sua Maestà Britannica.
Il 21/07/1910 riceve una lettera del Foreign Office, con l’incarico di istituire una commissione d’inchiesta, con pieni poteri, per appurare le eventuali responsabilità di agenti britannici nei presunti crimini perpetrati dalla Amazon Puruvian Co. (APC) nel Putumayo, con la raccomandazione che per nessun motivo le indagini “dovranno arrecare offesa o noie ai governi dei paesi visitati”.
La commissione, su indicazione ministeriale e sotto la direzione di Casement, sarà composta da:
 Louis Harding Barnes, agronomo con esperienze dirette in Mozambico;
 Walter Fox, botanico;
 Edward Seymour Bell, imprenditore;
 Henry L. Gielgud, che in passato ha lavorato come contabile per la APC;
 Henry Reginald Bertie, colonnello dei Fucilieri del Galles, che si ammala quasi subito e rientra in patria.
Nel settembre del 1910 la Commissione giunge nella città peruviana di Iquitos, dove prende contatto con le autorità locali. Il clima è di bonaria ostilità nei confronti di quegli stranieri giunti da lontano, animati da tanti buoni propositi e che nulla sanno delle difficoltà che loro, veri pionieri, devono affrontare per portare la ‘civiltà’ tra i selvaggi della giungla.
La Casa commerciale di Julio Cèsar Arana, che di fatto controlla la Amazon Puruvian Company, si dimostra assolutamente collaborativa, a tal punto da mettere a disposizione della Commissione l’ammiraglia della sua piccola flottiglia fluviale, ovvero il suo miglior battello a vapore: El Liberal, col quale poter spostarsi comodamente attraverso i fiumi che attraversano il Putumayo.
Evidentemente, Arana è convinto che l’ispezione della commissione inglese sia poco più di una formalità; una di quelle eccentriche iniziative prese per galvanizzare l’opinione pubblica britannica, ma dalla quale non c’è da temere alcun serio inconveniente. Prima finiranno i loro controlli e prima si leveranno dai piedi. Tanto vale assecondare le velleità di questi etranjeros, controllando discretamente i loro movimenti.
Julio C. Arana ed i suoi sodali sanno che la Commissione è priva di qualsiasi potere coercitivo, né può porre vincoli di alcun genere. Si tratta infatti di un’inchiesta meramente conoscitiva. E in virtù del principio di extraterritorialità non può emettere sanzioni né provvedimenti giudiziari. Evidentemente, i funzionari della APC sottovalutano la fredda determinazione di Casement ed il suo zelo investigativo.
Roger Casement sa che non può incriminare direttamente Arana ed i suoi sgherri, quindi si muove si tre diversi filoni di indagine: verifica diretta delle condizioni di lavoro e le procedute applicate dalla Compagnia nelle singole stazioni di produzione; raccolta capillare di documenti; reperimento e protezione di testimoni, con l’istruttoria degli eventuali capi di imputazione (sfruttamento, sequestro di persona, riduzione in schiavitù, omicidio..). Nella fattispecie, si avvale delle testimonianze di una trentina di impiegati della Compagnia provenienti dalle Isole Barbados. In quanto sudditi di Sua Maestà, i barbadoregni sono soggetti alla legge britannica: eventuali reati da loro commessi o l’induzione a compiere atti delittuosi, sono sottoponibili alla legge penale inglese e dunque passibili di processo con la chiamata in giudizio dei mandanti dei delitti, ovvero dei funzionari della APC, che a questo punto diventano imputabili secondo le leggi vigenti anche nei paesi di appartenenza.
Dal 22 Settembre al 22 Novembre del 1910, Casement visita di persona le principali stazioni della Compagnia, interrogando testimoni e raccogliendo prove. Il frutto della sua indagine è un dettagliato rapporto di 136 pagine, conosciuto come “Libro Azzurro” o “Blue Book”, basato su sette settimane di viaggio nelle zone gommifere del Putumayo, ricomprese tra gli affluenti dell’Igaraparanà e Caraparanà. I risultati vengono riferiti al Parlamento inglese e pubblicati a Londra il 13/07/1913.

C’è un giudice a Lima
 Nello stesso periodo, anche il governo peruviano sembra scuotersi dal suo torpore…
Nel 1907, ci aveva provato senza successo il giornalista ed editore Benjamin S. Rocca, desaparecido.
Nel 1908, lo scrittore Rafael Uribe pubblica un dettagliato resoconto (Por la América del Sur) sulle violenze, gli abusi ed i rapimenti, gli espropri, e gli assassini compiuti dalle milizie mercenarie della Casa Arana. Ma Uribe è colombiano, come colombiane sono la maggioranza delle vittime. E dunque ciò non giova allo spirito patriottico del Perù, né le accuse meritano di essere presa in considerazione.
Nel 1909 la campagna di stampa avviata dallo statunitense Walter E. Hardenburg è la mina che fa saltare un muro di gomma, finora creduto impenetrabile.
Nell’estate del 1910, il presidente Augusto B. Leguìa, su pressione di Stati Uniti e Gran Bretagna, invia nel Putumayo un magistrato con poteri speciali, per fare chiarezza sulle presunte atrocità commesse dagli impresari del caucciù ai danni delle popolazioni locali, avviando le eventuali azioni giudiziarie col supporto delle forze di polizia.
Con l’arrivo della commissione Casament, il governo peruviano si rende infatti conto che, per salvare la faccia, non può dilazionare oltre il suo intervento, nonostante la consolidata rete di protezioni della quali gode Julio C. Arana. Del resto, nella procura di Lima continuano ad accumularsi le denunce e le testimonianze. L’inchiesta viene affidata al giudice Carlos A. Valcàrcel, uno dei magistrati più stimati di tutto il Perù. Ha fama di persona integerrima ed è considerato un incorruttibile.
Il giudice Valcàrcel non è nuovo ai crimini del Putumayo. Completamente isolato, ma intenzionato ad appurare la verità, nel 1905 Valcàrcel si affida segretamente al fotografo e geografo francese Eugene Robuchon, che ha già visitato la regione del Putumayo tra il 1903 ed il 1904.
Nel 1906 Robuchon scompare misteriosamente senza lasciare traccia, mentre attraversa i territori amazzonici sotto il controllo della Casa Arana. Non verrà mai più ritrovato.
Pertanto, senza scorta né protezioni, il giudice Carlos Valcàrcel deve muoversi con circospezione, se non vuole essere vittima lui stesso di strani ‘incidenti’.
Minacciato di morte ed inseguito dai sicari di Arana, sarà costretto ad abbandonare precipitosamente il Perù per rifugiarsi a Panama, non prima di aver però consegnato gli atti della sua inchiesta contro gli uomini della Compagnia:

«Victor Macedo, il capo de La Chorrera, è uno di quei miserabili assassini, che solitamente danno libero sfogo ai propri istinti omicidi senza inibizioni: si diverte ad uccidere e bruciare vivi i pacifici abitanti della giungla. Uno degli atti di ferocia commessi da questi sciagurati nemici del genere umano fu commesso durante il carnevale del 1903 (nel mese di Febbraio), e si trattò di un crimine abominevole e orribile. Sfortunatamente, circa 800 indiani Ocaina giunsero a La Chorrera per consegnare il caucciù che essi avevano estratto… Dopo aver pesato il raccolto, l’uomo che li comandava, Fidel Velarde, afferrò 25 di loro e li accusò di lassismo. Questo fu il segnale per Macedo ed i suoi complici per ordinare che sacchi imbevuti di benzina fossero posti addosso agli indiani a mo’ di tunica e venissero dati alle fiamme. L’ordine venne prontamente eseguito

Valcàrcel certifica anche l’attività di stupratore seriale di Bartolomé Zumaeta, che era solito seviziare le indigene dopo averle violentate. Da notare che il figlio, Pablo Zumaeta, era uno dei maggiorenti di Iquitos e tra i principali soci di Julio C. Arana (nonché il cognato); mentre il sovrintendente de La Chorrera, in pratica svolgeva le funzioni di capo della polizia nella provincia di Iquitos. Quindi il giudice Valcarcel spiccò una serie di ordini di arresto contro 237 impiegati della Peruvian Amazon Co. con le accuse di stupro, tortura e omicidio.
Ad affiancare il magistrato, c’è il dottor Romulo Paredes, direttore del giornale El Oriente, che fa parte della commissione ispettiva inviata ad Iquitos e partecipa a tutti gli accertamenti.
C’è da dire che gran parte del futuro rapporto di Casement si basa in gran parte sul lavoro del giudice Valcarcel ed in particolar modo sulle evidenze di Romulo Paredes.
Ad ogni modo, gli ordini di arresto vennero bloccati dal tribunale di Iquitos, controllato dagli Arana, e il giudice Valcàrcel si ritrovò a sua volta sospeso e costretto ad espatriare in tutta fretta, per salvare la pelle.
Dal suo esilio panamense, nel 1913 pubblicò nel El proceso del Putumayo. Sus secretos inauditos. Nello stesso anno, vennero altresì pubblicati: Il Libro Rosso del Putumayo dell’inglese Norman Thomson ed il “Blue Book” di Roger Casement.


Tanto rumore per nulla?
 Naturalmente, il rapporto Casement non pose fine ai crimini nel Putumayo.
Julio Cesar Arana si presentò all’opinione pubblica peruviana come un benefattore ed un civilizzatore, che agiva nell’interesse nazionale e contro le prevaricazioni dei coloni colombiani. Il governo di Lima dichiarò che non poteva permettersi di sostenere i costi di una guarnigione militare aggiuntiva che presidiasse in pianta stabile gli immensi territori del Putumayo. Nonostante le pressioni del governo statunitense e britannico, degli oltre 200 ordini di arresto, solo nove vennero effettivamente eseguiti. Gli arrestati vennero immediatamente posti in libertà provvisoria e approfittarono per dileguarsi.
Ad ogni modo, la Peruvian Amazon Co. non si riprese mai del tutto dal colpo e finì più che altro danneggiata dalla nascente concorrenza del caucciù indiano. A rimetterci però furono soprattutto gli sventurati azionisti della compagnia, che videro crollare il valore delle proprie quote.
Julio C. Arana, i cui possedimenti fondiari avevano un’estensione grande quasi quanto la Francia, a parte qualche seccatura iniziale, non ebbe a subire grossi danni dall’inchiesta: pagò un indennizzo ai coloni colombiani, e risolse il tutto con una bella ristrutturazione aziendale che lasciò sostanzialmente intonso il suo gigantesco patrimonio. Certo dovette accettare il fatto che i suoi schiavi tornassero in libertà e che gran parte dei suoi possedimenti venissero ceduti alla Colombia.
Naturalmente, si riciclò presto in politica, facendosi eleggere senatore e promuovendo una serie di leggi (ad personam) per la tutela dei diritti di proprietà dei magnati amazzonici (cioè lui stesso). Nel decennio dal 1920 al 1930 venne ripetutamente rieletto e promosse una serie di iniziative legislative, con le quali si diminuiva le tasse e si attribuiva canoni agevolati e defiscalizzazioni per l’estrazione del petrolio nei territori di sua proprietà nel Putumayo, regalandosi pure una serie di concessioni esclusive. Ovviamente, tutto a norma di legge! Come ultima beffa, nel 1916 inviò una lettera a Roger Casement, detenuto in attesa di esecuzione, dicendogli che, nonostante tutto, “lo perdonava“. Da sempre, i malvagi la notte dormono bene.

 FINE (2/2)

> prima parte:  “IL PARADISO DEL DIAVOLO”

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