
Vincenzo Maruccio (18/08/1978), avvocato calabrese, ex consigliere dell’Italia dei Valori alla Regione Lazio, una straordinaria somiglianza con Al Capone, è solo l’ultimo soldato di quell’esercito in rotta, coi suoi ‘amministratori’ palustri, pagati a peso d’oro, che come frutti troppo maturi e già marci stanno cadendo in massa per spiaccicarsi tra le maglie della magistratura.
Cresciuto sotto l’ala protettiva di Antonio Di Pietro, il giovane Maruccio sembrava essere protagonista di un’incredibile ascesa all’ombra del tribuno molisano. Dall’oscura Vibo Valentia arriva nella grande città, facendo di Roma la capitale delle sue fortune personali: a 31 anni è assessore ai Lavori Pubblici (senza essere mai stato eletto) nella Giunta Marrazzo, andata precocemente a puttane (per l’esattezza, a transettoni); diventa poi capogruppo IdV sotto la giunta Polverini, finita anch’essa a cagne e porci prima della scadenza naturale.
Faccino glabro da bambolotto furbo, l’ambizioso Vincenzino sembra la copia sputata di Franco Fiorito, il batman ciociaro al consiglio regionale del Lazio.
Ma, per favore, quando parlate dell’onorevole Maruccio, non chiamatelo Robin… Lungi dall’essere un comprimario, è coprotagonista a pieno titolo nella saga laziale, dilatata ormai su scala nazionale. Praticamente, Vincenzino e Francone condividono lo stesso capo d’imputazione: peculato. Entrambe i capigruppo sono accusati di essersi fregati i fondi dalle casse del partito per uso personale, per lo stesso importo certificato (a crescere): 750.000 euro, spicciolo più spicciolo meno.
E tutti appartengono al nutrito gruppo del “tengo un mutuo da pagare”, meglio se si tratta di mega-appartamenti nelle zone più prestigiose (e costose) della città.
È probabile che le due giovani promesse della politica professionalizzata si incontreranno presto sul fatidico gradino di Regina Coeli, per entrare finalmente nel novero dei veri ‘quiriti’, loro burini d’adozione, in ossequio al famoso motto che accompagna da sempre l’antico carcere capitolino: “chi nun salisce ‘sto gradino nun è romano”…!
Comunque vada, qualunque siano le sorti dei vari Maruccio d’Italia (che, siamo certi, chiariranno presto la loro posizione dimostrando la propria innocenza), dagli Appennini alle Alpi, dalla Padania alla Trinacria, si ruba che è una meraviglia tanto vasta è la cuccagna, mentre inamovibili restano inchiodati al seggiolone.
Dell’infinita serie di idrovore umane che prosciugano senza posa le ricchezze del Paese, ovunque ci sia qualcosa da arraffare, è emblematico constatare come gran parte delle locuste coinvolte abbia meno di 42 anni… Alla faccia del tanto strombazzato “ricambio generazionale”!

Da sudditi a ladrone, rivolgiamo un sommesso ringraziamento all’insaziabile banda di predoni:
Caro “onorevole”
Ad essere sincero non abbiamo mai compreso bene perché ti chiamino così…
Infatti, abbiamo sempre pensato che l’Onore fosse una cosa seria. Ingenuamente, abbiamo associato il termine alla reputazione personale, improntata a dignità morale e rispettabilità, se possibile fondata su una condotta irreprensibile. In merito, non si è mai capito cosa diamine ci fosse di tale nei tuoi comportamenti. E francamente ci è sempre risultato difficile riconoscere come “onorevole”, gente che grufola tra peripatetiche cosce a marchetta, travestiti da maiali ed il nasino infarinato di polvere bianca… Che reputa il saccheggio della cosa pubblica, come parte integrante del proprio mandato elettorale… Che reputa un suo “precipuo dovere” piazzare amici, amanti e parenti, in ogni posto disponibile, gestendo le finanze come una cassa personale dove attingere a man bassa… che faccia dell’ignoranza una bandiera e del ladrocinio una professione… con legulei che fanno del Diritto meretricio e delle regole sollazzo… Ma insomma tu queste cose già le sai ed è inutile ricordarle, giacché non te n’è mai fregato un cazzo!

E così ti abbiamo osservato in silenzio, tant’è che tutto è diventato più chiaro…
Abbiamo pensato ai bastardi in camicia nera, che dalle fogne del nazi-fascismo discettano da sempre di “onore” e “fedeltà” canina, mentre brandiscono svastiche e manganelli.
Abbiamo pensato agli “uomini d’onore” di (dis)onorate società: parassiti criminali che intossicano il tessuto produttivo, devastando il territorio; campano di “pizzo” e “protezioni”, trafficando in voto di scambio da rivendere con gli interessi a politicanti compiacenti.
Abbiamo pensato ai retaggi feudali di una oligarchia castale, che traffica in titoli e prebende e privilegi, come gli antichi notabili del Basso Impero, dove la corruzione regnava sovrana ed i ladroni più rapaci si fregiavano del titolo di “honestiores” (i più onesti).
E allora si può convenire che mai definizione, “onorevole”, è stata più appropriata per indicare una simile masnada di predoni.

E tu che li hai votati e probabilmente continuerai a farlo nel segreto dell’urna hai ben poco da sorridere, giacché ciò che vedi è la tua immagine riflessa in uno specchio deformato.
Mutato nomine, de te fabula narratur.
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This entry was posted on 11 ottobre 2012 at 18:55 and is filed under Muro del Pianto with tags Al Capone, IdV, Italia, Italia dei Valori, Ladri, Liberthalia, Onore, Onorevoli, Politica, Regione Lazio, Vincenzo Maruccio. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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11 ottobre 2012 a 19:10
Stupendo!
12 ottobre 2012 a 01:17
Addirittura!?!
Grazie..:)
12 ottobre 2012 a 06:19
Lo so… era un complimento troppo ridotto.
La somiglianza tra Al Capone e Al Pappone mi ha fatto morire dal ridere.
Bravo. Molto efficace tutto quel che hai scritto.
12 ottobre 2012 a 14:43
Con simili complimenti, il mio ego, solitamente sottodimensionato, rischia di conoscere improvvise vampate..