MERKEL UNITED

“Non vivere bonum est, sed bene vivere”
Seneca (epistula 70,4)

Troppo a lungo rimasto in orbita nell’Iperuranio delle idee assolute, il Super-Mario di finanza e di governo prepara l’ennesimo pacchetto-capestro da presentare al prossimo vertice europeo con la vacua speranza di riuscire ad ammansire i ‘mercati’ e, soprattutto, ad ammorbidire il rigor teutonicus di Angelona Merkel, nell’illusione che l’inflessibile cancelliera elemosini al suo fedele cagnolino italico da riporto chissà quali concessioni…
Nel menù di prossima presentazione, in un imbarazzante dilettantismo [QUI], sono comprese una serie di misure raffazzonate il cui finanziamento consiste in un piano svendite di dubbia costituzionalità (il Governo non può disporre a piacimento dei beni di Regioni e Comuni), oltre ad un premio fedeltà per la premiata ditta Casini-Caltagirone, con una pioggia di miliardi per i Signori del mattone, opportunamente esentati (come le fondazioni bancarie) dal pagamento dell’IMU. Ma il piatto forte dell’indigeribile ricettario Monti-Fornero è una controriforma del lavoro, che qualora fosse esportata in Germania provocherebbe un’insurrezione popolare…

 «Il 22 giugno, quando Angela Merkel verrà a Roma, lui e Hollande le ricordino che lei è una tedesca dell’est, e che la Germania ci ha messo più di 10 anni e di 2 miliardi di euro (al confronto, quelli dati finora alla Grecia sono spiccioli) per riportare l’est, e non ancora del tutto, a un livello comparabile con il resto del paese. Le ricordi che Helmut Kohl cambiò il marco dell’est 1 a 1, facendo infuriare la Bundesbank il cui presidente subito dopo si dimise. Ma Kohl era uno statista e aveva una visione politica, mentre Karl Otto Pohl ragionava solo da tecnico. Kohl non ha detto ai tedeschi dell’est “adesso riducete i voltri salari della metà, poi vi aiuteremo”, come Merkel e i suoi sodali stanno facendo con i paesi in difficoltà. Le ricordi, Monti, che i greci, i portoghesi, gli spagnoli, sono europei, proprio come i tedeschi dell’est. O siamo ormai ridotti a considerare l’Europa solo come un grande mercato? La convinca, soprattutto, che sta trascinando tutti verso un disastro, che al minimo sarà una lunghissima depressione, ma che potrebbe avere anche conseguenze imprevedibili e drammatiche.»

 Carlo Clericetti
(07/06/2012)

In attesa di conoscere in dettaglio quale supplizio ci verrà riservato per l’esecuzione della sentenza, ci si crogiola nell’illusione di addivenire ad un compromesso, tramite le armi spuntate di una contrattazione a latere, con la Germania dell’indisponibile Merkel, la cui miopia politica è pari soltanto alla sua intransigenza mutuata da un inflessibile rigorismo d’ispirazione protestante.
È singolare in tal senso che tutte le speranze per il risollevamento della Grecia (ed il suo “inquadramento” all’ortodossia) siano riposte nel partito conservatore, Neo-Democratia, che ha precipitato il paese ellenico nel caos, falsificandone i bilanci e saccheggiandone le casse, per poi far cadere l’ultimo esecutivo (socialista) con un’opposizione serrata ai piani di rientro dal debito promossi dalla UE. Evidentemente, l’approccio al problema greco è assai poco ‘tecnico’ e molto più ‘politico’ (ideologico) di quanto non si voglia ammettere…
E in una riedizione sempre più evidente della “Depressione del 1929”, insieme alle inquietanti analogie con la Crisi di Weimar, forse è il caso di prestare maggiore attenzione di quanto non si sia fatto finora alla Weltanschauung germanica per comprendere meglio con chi in realtà si ha a che fare… Una prassi consigliabile soprattutto agli esangui progressisti dell’Europa meridionale, che si illudono di trovare una sponda nei socialdemocratici di un Paese, avvezzo alle ‘grosse koalition’ dove le differenze politiche e programmatiche diluiscono fino a scomparire.
Sensibili ai richiami storici del periodo che più di ogni altro si avvicina alle miserie del tempo presente, sarà il caso di riportare le considerazioni che proprio un tedesco, lo storico Joachim Fest, nella sua monumentale opera dedicata alla biografia di Adolf Hitler, dedicò alla “consequenzialità tedesca” con la sua aspirazione politica apolitica, attraverso un’insanabile “perdita di realtà”, che più di ogni altro spiegano la potenziale psicologia di un popolo e della sua Cancelliera…

«Dalla durezza nei propri confronti derivava la giustificazione della durezza nei confronti altri, e la capacità, letteralmente pretesa, di camminare sui cadaveri era preceduta dal sacrificio del proprio io […] nella cui compiaciuta brutalità è sempre all’opera un travolgente risentimento sociale, intellettuale o umano, che per quanto debolmente aspira alla comprensione.
L’aspirazione morale era integrata e sovrastata dalla convinzione di essere portatori di una particolare missione: dal sentimento cioè di essere implicati in uno scontro di dimensioni apocalittiche, di obbedire ad una “legge superiore”, di essere gli agenti di una idea, di rispondere insomma alle immagini ed alle parole d’ordine di una coscienza propriamente metafisica.
[…] La deficienza in fatto di comprensione umana…. null’altro era se non l’espressione di tale perdita di realtà. Era questo l’elemento davvero inequivocabile, caratteristicamente tedesco…. ed è lecito ritenere che da esso parta più di un filo che si prolunga bene addentro al passato tedesco.

[…] Dalla sua posizione geografica centrale, al popolo tedesco già precocemente erano venuti gli stati d’animo di chi si sente accerchiato, di chi è sempre sul chi vive, che avevano trovato una terribile conferma nella Guerra dei Trent’anni, allorché il paese si era trovato ad essere trasformato in un deserto solo scarsamente abitato. Il retaggio più gravido di quel conflitto fu la traumatica sensazione dell’essere abbandonati al proprio destino, nonché una profonda paura per tutti gli stati di caos, che per generazioni e generazioni sono state mantenute e sfruttate dai ceti dominanti indigeni e stranieri. La pace, che era considerata il primo dovere del cittadino, era considerata in pari tempo anche la prima richiesta posta dal cittadino alle autorità. Queste si sentivano chiamate a tener lontani dal paese paura e disastro, e l’ideologia della classe dominante protestante ha portato acqua a questa visione delle cose. […] Le categorie, così irresistibilmente suggestive per la coscienza tedesca, dell’ordine, della disciplina e del rigore nei propri stessi confronti…. traggono origine da siffatte, indimenticabili, esperienze storiche…. che visibilmente evocava(no) il radicato istinto di difesa contro situazioni di caos.
[La Germania…] ha disseminato ovunque rocciosi ammassi di pensieri con le quali le epoche future hanno potuto erigere i propri edifici. Il radicalismo intellettuale della Germania era senza pari, ed era questa caratteristica a conferire allo spirito tedesco grandezza e una tipica intrepidità. Ma per quanto attiene alla realtà, esso era poco più dell’incapacità ad atteggiamenti pragmatici, in cui pensiero e vita apparissero conciliati e la ragione divenisse ragionevole. Era cosa di cui poco si curava lo spirito tedesco che era, nella vera accezione del termine, asociale e in sostanza non è mai stato né a destra né a sinistra, bensì soprattutto in celebrata contraddizione alla vita: incondizionato e concentrato in se stesso, sempre nell’atteggiamento “non posso altrimenti”, con la sua pressoché apolitica “tendenza agli abissi intellettuali” (Thomas Mann), stando ai cui margini, più che scorgere la banale realtà umana, si vedevano precipitare eoni e procelle universali; e, per quanto riguardava la vita, questa era rimessa all’aiuto divino.
[…] Il disprezzo per la realtà corrispondeva ad una disistima sempre più marcata per la politica…. e a tutt’oggi il pensiero politico in Germania ha conservato alcunché di quelle solenni tonalità grazie alla quale esso si sa, sia moralmente che intellettualmente, al di sopra della realtà comune. Sottesa a questo atteggiamento, allora e in seguito, v’è stata l’aspirazione ad un ideale di “politica apolitica”, che rifletteva la debolezza frutto di un’impotenza politica perdurante immutata. A parte una piccola minoranza, costantemente costretta, l’opinione pubblica in Germania non ha avuto rapporti con la politica, e non di rado anzi ne ha ricavato confusione e imbarazzo: la politica è rimasta sempre una faccenda di difficile comprensione, cui ci si obbligava a credere e, secondo un’opinione diffusa, un motivo di estraniazione da sé.
[…] È uno stato d’animo che ha trovato il proprio culmine spirituale, fitto di contorte confessioni nelle “Considerazioni di un impolitico” di Thomas Mann pubblicate nel 1918, le quali si ergevano a difesa della fratellanza tedesca…. alla tradizionale aspirazione della politica apolitica

  Jaochim Fest
HITLER. Una biografia [Pag.543 e ss]
Garzanti Libri – Milano 2005

Non sembrerebbe che sia cambiato poi molto…
Il bionico prof. Monti avrà bisogno molto più di una buona dose di fortuna e dovrà portare in pegno agli appetiti rigoristi della Merkel ben più della proverbiale libbra di carne… la nostra!

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3 Risposte a “MERKEL UNITED”

  1. Ti leggo per imparare a capire meglio la politica, sei un ottimo insegnante.
    🙂
    Fluck

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