LA NAVE MALEDETTA

La disastrosa sequela di incidenti che ha funestato le navi della Costa Crociere, in un crescendo di ovvietà giornalistiche, sembra aver scatenato la fantasia dei media, i quali già parlano di una “maledizione” che avrebbe colpito la flotta della sfortunata compagnia di navigazione.
D’altronde, bisognerebbe aggiungere che la categoria vanta già una nutrita casistica all’attivo…
Tuttavia, sul tema in questione, a noi piacciono le storie classiche e, se proprio dobbiamo scegliere, tra tutte le “navi maledette”, la nostra preferenza va indubbiamente alla vicenda della IVAN VASSILI che, insieme alla famosissima leggenda dell’Olandese Volante e del suo sventurato capitano Joost Van Straaten (ma il nome cambia a seconda delle versioni), è sicuramente uno dei casi più interessanti e probabilmente tra i più conosciuti dal pubblico italiano.
Se ancora non conoscete la storia della Ivan Vassili, il mercantile russo di inizio ‘900 infestato da una presenza demoniaca che spinge l’equipaggio al suicidio, potete leggere l’ottimo articolo di Francesco Lamendola [QUI], che sostanzialmente svela l’esistenza del ‘mistero’ ai cultori del genere in Italia, giacché ben pochi (prima della pubblicazione di Lamendola nel 2008) avevano mai sentito parlare della maledizione della Ivan Vassili.
È una “storia vera” così perfetta, e così ben confezionata, da essere con ogni probabilità… FALSA.
Francesco Lamendola, tra i pregi di una narrazione notevole, ha il merito di aver riportato le fonti con le quali verificare le informazioni:
 – Vincent Gaddis, “Invisible Horizons”, 1965.
 – Bobette Bryan, “Ivan Vassili, la nave infestata”.
 – R. De Witt-Miller, “Forgotten Mysteries”, New York, 194s.
 – Riv. “Coronet”, dicembre 1942.
 – Riv. “American Weekly”, 14 aprile 1940.
 – Richard Winer, “Ghost Ships”, Berkeley, 2000.

E già da qui nascono i primi dubbi…
Vincent H. Gaddis è l’uomo che in pratica ha inventato il mistero del Triangolo delle Bermuda, costruendoci sopra la sua fortuna di scrittore specializzato in fenomeni paranormali.
Fino a prova contraria, è Gaddis a citare per primo le fonti documentali che attesterebbero l’esistenza dello strano caso della ‘Ivan Vassili’, alla cui vicenda dedica due paginette scarse delle quasi 300 che compongono il suo Invisible horizons: true mysteries of the sea. L’opera, pubblicata nel 1965, è fuori edizione e quasi introvabile.
Per questo la versione più letta della storia è quella narrata dallo scrittore Richard Winer, nel suo più recente Ghost Ships: True Stories of nautical nigntmares, pubblicato nell’anno 2000.
La storia della Ivan Vassili è riportata nel primo capitolo dell’opera (The Ship of Doom) ed è attualmente il testo che va per la maggiore, dal quale attingono quasi tutti gli autori recenti, compresa Bobette Bryan: “The haunted ship (2004).
Se vi fidate, abbiamo abbozzato una rapida traduzione in italiano dall’opera di Winer:

«La ‘Ivan Vassili’ venne costruita nel 1897 a San Pietroburgo. Il suo scafo fu realizzato con piastre di metallo inchiodate tra loro, mentre il ponte e le sovrastrutture furono realizzate in legno.
La nave era stata concepita per il trasporto esclusivo di merci da un porto all’altro. Per la propulsione, era stata munita con un unico motore a vapore con tripla espansione; i suoi depositi potevano contenere abbastanza carbone, sufficiente a percorrere 2500 miglia ad una velocità di 8 nodi.
La ‘Ivan Vassili’ non rientra nella classifica delle cosiddette navi maledette o stregate, che vengono colpite dalla sventura durante il giorno della loro inaugurazione.
Non ci furono incidenti al momento del varo, che non avvenne di Venerdì 13. Il suo viaggio inaugurale si svolse senza problemi. Mantenne sempre lo stesso nome, fin da quando la sua chiglia fu posta in acqua. Insomma, non c’era un solo motivo per cui la ‘Ivan Vassili’ dovesse diventare una calamità galleggiante di orrore e morte.
Per cinque tranquilli anni, il mercantile svolse servizio di linea nelle acque del Mar Baltico e del Golfo di Finlandia. Poi, nel 1903, quando l’Impero Russo intraprese i suoi preparativi per la disastrosa guerra col Giappone, alla ‘Ivan Vassili’ fu ordinato di trasportare un carico di materiale bellico a Vladivostock, precedendo la flotta da guerra russa che la seguiva.
La rotta della nave a vapore passò dal Mare del Nord all’Antlantico e procedette verso sud seguendo la costa occidentale dell’Africa. Dopo aver effettuato il rifornimento di carbone a Cape Town, la ‘Ivan Vassili’ navigò verso Nord, lungo la costa orientale dell’Africa fino a Zanzibar dove terminò le sue scorte di combustibile e caricò una provvista extra di sacchi di carbone sul ponte della nave, per la lunga e asfissiante traversata dell’Oceano Indiano. Fino a questo momento, la navigazione era stata spedita, senza che vi fosse nulla di anomalo.
Tuttavia, durante il viaggio nell’Oceano Indiano, l’equipaggio ebbe la sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto a bordo della nave. Nessuno riusciva a dire con certezza che cosa fosse, ma tutti percepivano la presenza di una specie di entità invisibile. Gli uomini di guardia sul ponte durante le afose notti equatoriali, all’improvviso si sentivano investiti da un’aria gelida. Altri avevano la sensazione che qualcuno si trovasse accanto a loro, ogni volta che rimanevano da soli. Poi, una sera, un gruppo di marinai, rilassandosi poco prima del cambio della guardia, videro qualcosa che li lasciò in uno stato di shock traumatico. A terrorizzarli fu l’apparizione di una figura luminosa in forma umana, quasi trasparente, che attraversò il ponte e scomparve dietro una scialuppa. Ciò avvenne poco prima che la ‘Ivan Vassili’ raggiungesse Port Arthur, una base militare concessa alla Russia dalla Cina. Qualunque cosa fosse, sembrò prendere possesso della nave e cominciò a pretendere il suo tributo.
Una notte, prima che il vascello facesse il suo ingresso al porto, un marinaio si scagliò fuori con un urlo agghiacciante. A bordo prevale il panico e gran parte dell’equipaggio perse completamente il controllo dei nervi. Per trenta minuti, gli uomini si misero a correre sul ponte della nave come impazziti, urlando selvaggiamente. In questa mischia frenetica, un marinaio di nome Alec Govinski si staccò dagli altri e si lanciò oltre la balaustra, scomparendo tra le onde nere del mare.
Dopo di ché, in una manciata di secondi, era tutto finito. Ogni cosa, inclusi gli uomini posseduti, era ritornata alla normalità. Ad eccezione della perdita di Govinski sembrava che non fosse accaduto nulla. Dopo una pausa a Port Arthur per il rifornimento di carbone, la ‘Ivan Vassili’ riprese il suo viaggio verso Vladivostock. Durante il primo giorno non accadde nulla di strano. E pure il secondo giorno di navigazione si rivelò tranquillo. Ma durante la terza notte l’equipaggio fu ancora una volta sopraffatto dall’entità che sembrava aver preso possesso della nave. Dopo il delirio, le urla, e le crisi isteriche, gli uomini crollavano stremati sul ponte. E in seguito scoprivano che un’altro dei loro compagni era scomparso durante l’orgia di terrore, apparentemente gettandosi fuori bordo.
Quando la ‘Ivan Vassili’ raggiunse Vladivostock, una dozzina di uomini dell’equipaggio cercò di disertare ancor prima che fossero aperti i boccaporti della nave.
Furono tutti riacciuffati e ricondotti a bordo. Il mercantile fu posto sotto la sorveglianza armata dei soldati per impedire altri tentativi di diserzione.
Dopo essere stata scaricata, la nave riprese la via del mare alla volta di Hong Kong. Il viaggio fu un incubo. Per quattro volte l’equipaggio della nave cadde in preda al terrore durante la rotta verso sud. Dopo i primi due casi di panico collettivo, uno dei membri dell’equipaggio si suicidò. Poi fu la volta di uno dei fochisti che morì di paura. La quarta crisi avvenne proprio in prossimità della baia di Hong Kong. Poco prima di approdare, il capitano Sven Andrist si getto fuori bordo dal ponte più alto della nave e affogò. Dopo aver attraccato ad Hong Kong, l’intero equipaggio, ad eccezione dell’Ufficiale in seconda, Christ Hansen, e di cinque marinai scandinavi, disertò. Hansen prese il comando della nave e reclutò una nuova ciurma di marinai e mozzi indiani, salpando alla volta di Sydney in Australia. Il viaggio proseguì senza problemi, almeno fino alla notte precedente l’arrivo a Sydney, quando il Christ Hansen si suicidò con un colpo di rivoltella.
Ancor prima che la ‘Ivan Vassili’ fosse ancorata alla banchina del porto, l’equipaggio cominciò a disertare. Tutti, ad eccezione del nostromo Harry Nelson, sbarcarono a terra e si dileguarono tra la folla di Sydeney. Con l’aiuto di Nelson, gli agenti della compagnia riuscirono a trovare un capitano che non credeva ai fantasmi. Tuttavia, dovettero impiegare quattro mesi prima di riuscire a reclutare un nuovo equipaggio che non avesse mai sentito parlare dei tragici eventi che avevano sconvolto la nave. La ‘Ivan Vassili’ salpò nuovamente, diretta a San Francisco con un carico di filati. Nell’arco di una settimana, fu preda di un’altra ondata di terrore. Due marinai impazzirono e vennero confinati sotto sorveglianza. Entrambi morirono la mattina successiva. Il giorno seguente, il capitano che non credeva ai fantasmi si infilò la canna di un revolver nella bocca e premette il grilletto. L’equipaggio si rifiutò di proseguire oltre il viaggio. Con l’aiuto del Primo Ufficiale e di coloro che tra l’equipaggio ancora mantenevano una parvenza di controllo, Harry Nelson prese il comando della nave e cambiò rotta alla volta di Vladivostock. Non appena arrivarono al porto della città russa, l’intero equipaggio, compreso Harry Nelson, abbandonarono la nave. Nonostante gli incentivi, i premi, gli aumenti di paga, ogni tentativo di reclutare un nuovo equipaggio per la ‘Ivan Vassili’ fu un fallimento. Nessuno voleva avere a che fare con la nave della morte. Per anni, la nave rimase all’ancora nella baia. Non si riuscì a trovare un solo guardiano disposto a trascorrere una notte a bordo della nave degli orrori.
“Il fuoco” – dicevano gli uomini di Vladivostock che avevano trascorso la loro vita in mare – “è il solo modo per distruggere il male che si annida a bordo della nave”. E il fuoco fu.
Essi videro il ponte della nave che bruciava e crollava avvolgendo tra le fiamme la stiva numero due. Mentre il rivestimento in ferro del vascello cominciava a deformarsi, la ‘Ivan Vassili’, ancora in fiamme, fu staccata dagli ormeggi e trainata a lardo da un rimorchiatore. Gli interni dello scafo continuarono a bruciare fino al mattino successivo, quando la nave cominciò ad inclinarsi sul lato destro. La nave iniziò allora ad affondare, dapprima lentamente, fino a collassare sul fianco scivolando sotto la superficie del mare. Gli uomini a bordo del rimorchiatore affermarono di aver sentito un urlo lugubre e raggelante levarsi dalla carcassa dello scafo, proprio un istante prima che la nave della morte affondasse.
Nessuno seppe mai quale fosse l’origine del male che aveva posseduto la ‘Ivan Vassili’

 Richard Winer
 “Ghost Ships: True Stories of nautical nigntmares”
 Berkeley Books; New York, 2000.

R.Winer è una garanzia. È un altro autore fissato a lungo col Triangolo delle Bermuda, che per l’esattezza chiama “Triangolo del Diavolo”, prima di concentrare i suoi interessi sulle case stregate.
Tra i documenti storici da tutti citati, ma da nessuno riportati nella versione originale, spiccano due famose riviste popolari negli USA degli anni ’40 del secolo scorso. Praticamente 35 anni dopo il presunto verificarsi degli orrori della Ivan Vassili.
Nella fattispecie parliamo di:
1) American Weekly, venduto in supplemento al Washington Times-Herald. Nello specifico si tratta del numero pubblicato il 14 Aprile del 1940, dove la vicenda della ‘Ivan Vassili’ verrebbe narrata per la prima volta in assoluto al Cap. VII: “Fiery phantoms and noisy specters.
Il condizionale è d’obbligo perché l’articolo (a parte il titolo) sembra introvabile.
2) Coronet Magazine (del gruppo editoriale Esquire), in un articolo del Dicembre 1942, presumibilmente scritto dal famoso (all’epoca) editorialista Richard DeWitt Miller.

Secondo V.H.Gaddis, il suo collega DeWitt Miller avrebbe riportato la storia della Ivan Vassili in “Forgotten Mysteries”. Pubblicata nel 1947, l’opera è una raccolta dei migliori articoli di Richard DeWitt Miller su eventi soprannaturali e casi paranormali. Alle navi maledette, l’Autore dei “misteri dimenticati” dedica tutto il quarto capitolo dal titolo inconfondibile: “Damned Ships”.
Peccato che noi abbiamo avuto modo di leggere i “Forgotten Mysteries” di Miller dove, pur a cercarla con buona volontà, della Ivan Vassili e della sua maledizione proprio non c’è traccia!
In tempi più recenti, prodigo di informazioni è un certo Norman A. Rubin, giornalista israelo-americano, che aggiunge nuovi dettagli ed una divertente variante all’insegna della più classica delle ghost stories, guardandosi bene dal rivelare però le fonti.
La vulgata comune vuole infatti che la ‘Ivan Vassili’ sia stata posseduta da un’entità demoniaca, imbarcata nei pressi di Zanzibar, insieme ad un carico di carbone. Che si trattasse di un Loa, o qualche altro spirito annidato in uno degli alberi abbattuti e utilizzati come combustibile per le caldaie a vapore della nave, e per questo animato da spirito di vendetta, la leggenda non lo dice ma lo lascia supporre.
Secondo Rubin invece il vascello sarebbe stato infestato dal fantasma di uno degli operai addetti alla costruzione delle scafo e rimasto imprigionato chissà come tra le paratie della nave, durante i lavori di ristrutturazione della nave prima del viaggio alla volta di Vladivostock. Lo spettro si sarebbe manifestato con l’aspetto etereo di un’ombra cenciosa con un martello di legno, che era solito sbattere sulle pareti in ferro della nave.
Norman Rubin è altresì prodigo di dettagli, tanto da fornire le misure esatte della nave ed il numero esatto dei membri dell’equipaggio: 39 uomini con un pugno di ufficiali scandinavi al comando del capitano Sven Anders ed il Primo Ufficiale Christian Hansen.
Sempre secondo Rubin, il mercantile avrebbe effettuato servizio di linea e trasporto passeggeri nel Mar Baltico per conto della Russian East Asiatic Company, una consociata della danese EAC.
Peccato solo che nella flotta della compagnia di navigazione russo-scandinava non risulta sia mai esistito un cargo a vapore col nome di “Ivan Vassili”. L’elenco lo potete consultare QUI.
Ma le incongruenze, a volerle cercare, sono numerose… Ad esempio, i nominativi dei due ufficiali in comando sembra nascondere un gioco di parole, che richiama alla mente il nome di Hans Christian Andersen, poeta e scrittore danese, famosissimo per le sue fiabe. E, in fin dei conti, la storia della Ivan Vassili altro non è se non una riuscitissima fiaba nera, costruita oltreoceano sulla falsariga dei racconti pubblicati su riviste di genere come Weird Tales. I richiami alle storie dell’orrore con ambientazione marinara di William Hope Hodgson sono evidenti, ma non mancano certe atmosfere che si possono ritrovare anche in Linea d’ombra di Joseph Conrad. Soprattutto, il viaggio della ‘Ivan Vassili’ sembra ricalcato sulla falsariga di quello compiuto dal ‘Demeter’, col suo ingombrante ospite notturno, e raccontato da Bram Stoker in “Dracula“.
Tuttavia, il vero mistero è perché mai nel 1903 una comune nave da carico russo-danese avrebbe dovuto circumnavigare l’intero continente africano per raggiungere il porto siberiano di Vladivostock, invece di passare attraverso il Canale di Suez, già operativo da quasi quarant’anni..!!
La Ivan Vassili è una storia ben riuscita che ci ricorda, se ce ne fosse ancora bisogno, come il mondo sia pieno di gonzi pronti ad abboccare ad ogni panzana.

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2 Risposte a “LA NAVE MALEDETTA”

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