(36) Cazzata o Stronzata?

Classifica FEBBRAIO 2012”

 “Ce lo chiede l’Europa..!”
Di tutte le stronzate (o cazzate), l’allocuzione europeista trascende i periodi temporali e non invecchia mai. È l’oncia di vasellina, a prova di scadenza, che solitamente accompagna ogni manovra tecnica o sperimentale che sia, nell’ormai consueto stupro dei corpi sociali.
Fino a prova contraria, “l’Europa” è un continente. Solitamente, “l’Europa” non scrive lettere ai governi; non verga diktat strategici da eseguire seduta stante e senza obiezioni. E, d’altra parte, in Europa non esistono organismi rappresentativi (e democratici) con un potere coercitivo vincolante nei confronti dei popoli sovrani. Certo non dispone di una simile autorità il Parlamento europeo e neppure la Commissione, in quanto sommatoria di una serie di interessi nazionali, dove gli Stati più forti (leggi Germania) fanno la differenza.
Sarebbe più esatto dire che a chiedere maggiori “sacrifici” con la solita incetta di tagli al finanziamento delle politiche sociali, regressione dei diritti, e privatizzazioni selvagge, secondo una ricetta monetarista tutta politica (e vecchia di almeno 30 anni), sono innanzitutto i banchieri, ansiosi di recuperate i crediti erogati ai tempi allegri della finanza derivata, e i “mercati internazionali”… ovvero la pletora di fondi d’investimento insieme ai grandi trust del capitale finanziario, che la crisi attuale hanno generato e fomentato con le loro speculazioni, in nome della deregulation. Evidentemente, tutti convinti che la “modernità” risieda nel ritorno alle condizioni sociali di primo ‘900 e il conflitto consequenziale a simili sperequazioni vada contenuto attraverso un inasprimento del controllo repressivo.
Le lettere dall’Europa, generalmente, vengono scritte sotto dettatura da una ristretta oligarchia di tecno-burocrati a stipendio pubblico ed incarichi in società private, incuranti dei conflitti di interessi che la tacita commistione genera. Può capitare poi che questi stessi “tecnici” vengano investiti di responsabilità governative e applichino le stesse prescrizioni da loro stessi formulate in altra sede, come se si trattasse di figure distinte, giustificando l’imprescindibilità della cura col fatidico “ce lo chiede l’Europa”, nell’assoluta identità di mandante ed esecutore delle “manovre tecniche”.
È interessante notare che quando gli istituti di credito vedevano rifondere dagli Stati i loro debiti di bilancio con miliardi di euro pubblici, provvedendo immediatamente ad aumentare i bonus di quei manager che li avevano condotti sull’orlo del fallimento, nessuno dei Soloni della finanza ebbe niente da eccepire sullo sperpero di risorse pubbliche e sull’erogazione a fondo perduto di soldi in uscita che avrebbero gravato sui saldi dei bilanci statali, incrementando il famigerato deficit sul PIL.
In questa prospettiva è ineffabile il tandem dei due Mario Bros, targati Goldman Sachs, che si passano la staffetta tra loro. Come funzionari europei scrivono di comun concerto la famosa letterina al governo fallimentare di B. con un vero e proprio programma politico, spacciato però per tecnico. Da mittenti del programma, si sostituiscono al destinatario, provvedendo alla sua messa in pratica. Vanno in pellegrinaggio a Wall Street e nella City di Londra, come moderni Mosé sul Sinai, e scolpiscono le loro personali “tavole della legge”. Il giorno dopo il principale organo stampa che alle borse anglosassoni fa capo, l’ultrareazionario WSJ, certifica il decalogo stilato per procura dalla coppia Monti-Draghi a nome del Dio Mercato. Tornati alle rispettive poltrone, BCE e Consiglio dei Ministri, i due tecnocrati possono dire: “Visto? Ce lo chiedono l’Europa e i mercati”. In realtà, si limitano a ripetere quanto opportunamente suggerito dai due in trasferta.
Ultima specialità della premiata ditta brussellese è il recente rapporto dell’OCSE, specializzata nel sostenere una tesi ed il suo esatto contrario a seconda della convenienza delle circostanze…

 Tecnostrutture all’attacco
 di CARLO CLERICETTI
(24 febbraio 2012)

 «Un pesante uno-due. Prima Mario Draghi, che nell’intervista al Wall Street Journal dichiara morto il modello sociale europeo. Subito dopo l’Ocse, con un rapporto in cui il capitolo sull’Italia sembra scritto sotto dettatura (di Mario Monti?) e ci prescrive privatizzazioni e meno tutele sui contratti di lavoro standard. Il pressing delle tecnostrutture per orientare le scelte politiche si fa sempre più intenso, ma purtroppo batte sempre sugli stessi tasti, mentre appare assai più distratto su altri argomenti che pure meriterebbero qualche attenzione. È forse il caso di ricordare ogni tanto che la crisi che dura ormai da quattro anni e di cui non si intravvede ancora la fine non è stata provocata né dal modello sociale europeo, né dalla proprietà pubblica o privata delle imprese di servizi e tanto meno dalla presunta rigidità dei contratti di lavoro. La crisi è stata provocata da un sistema finanziario globale del tutto fuori controllo, che ha tuttora bisogno di tassi sottozero per non bloccarsi – ossia dell’aiuto degli Stati – e che ciò nonostante nella maggior parte dei casi macini profitti che si traducono in compensi stellari per un pugno di manager. Intanto le Borse sono tornate sui massimi di inizio crisi: ma non dovevano riflettere l’andamento dell’economia reale? Ma allora l’economia reale sta andando benissimo e non ce ne siamo accorti? E quella ventina di milioni di posti di lavoro (nella sola area Ocse) che mancano all’appello rispetto al periodo pre-crisi?
Dal governatore della Bce ci si aspetterebbe che parlasse, più che di modelli sociali, di regole per la finanza. Lo stesso Draghi, nella sua veste di presidente del Financial Stability Board, ne ha proposte varie che restano tutt’ora lettera morta. Non sarebbe il caso che insistesse su quelle? Non dovrebbe, ad ogni sua uscita pubblica, ricordare che molti dei fattori che hanno provocato la crisi, e che sono stati individuati anche da quell’organismo da lui presieduto, sono ancora com’erano nel 2007? I commercialisti italiani (e, si suppone, anche quelli di altri paesi) ricevono pubblicità dai paradisi fiscali in cui si specifica che “per quanto possibile, si agisce in modo legale” e questo fatto non viene ritenuto rilevante dall’OCSE e dalla BCE?
L’Ocse, poi, quando parla di flessibilità del lavoro dovrebbe fare molta attenzione. C’è chi ricorda che nell’ormai lontano 1994 l’organizzazione pubblicò un ponderoso rapporto di quasi 500 pagine, il Jobs Study, che sarà la base delle concezioni – anche attuali – di come governare il mercato del lavoro. I punti essenziali erano che le politiche macroeconomiche non servono per aumentare l’occupazione, che si debbano eliminare protezioni contro i licenziamenti, che la contrattazione dev’essere strutturata in modo da consentire la flessibilità dei salari verso il basso. Ma qualche anno dopo la congiuntura favorevole generò un forte aumento dell’occupazione: tra il ’97 e il 2001 in Europa si crearono oltre 10 milioni di nuovi posti.
Così, nel rapporto sulle prospettive dell’occupazione del 1999 la prospettiva cambia radicalmente. In generale, vi si dice, i paesi europei hanno mantenuto lo stesso livello di protezione del lavoro, anzi “la quasi totalità dei paesi ha imposto vincoli aggiuntivi alle imprese nei casi di licenziamenti collettivi (…) I confronti internazionali suggeriscono che il livello di protezione dell’occupazione ha effetti scarsi se non nulli sui livelli di disoccupazione globale, mentre può averne piuttosto sulla sua composizione demografica (…) Le analisi statistiche, basate sulle regressioni, confermano che la protezione dell’occupazione può avere un effetto positivo sul tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, senza comportare effetti negativi sugli altri gruppi“.
Oggi l’Ocse sembra aver dimenticato quella sua analisi, per tornare indietro a quella del ’94. È successo qualcosa che ha fatto cambiare nuovamente idea? Sembra vero il contrario. Come si sa, oggi il solo paese che può vantare una disoccupazione inferiore (seppur di poco) ai livelli pre-crisi è la Germania, campione del modello sociale europeo, mentre gli Usa, campioni della massima flessibilità di lavoro e salari, ne sopportano ancora un tasso quasi doppio rispetto al 2007.
Queste esternazioni, dunque, si potrebbero definire “le ricette separate dai fatti”. Peccato che poi i fatti continuino a chiedere il conto, un conto molto salato.»

È la variante “tecnica” del solito gioco delle tre carte.

  Hit Parade del mese:

01. L’ARTE DI FOTTERE

[17 Feb.] «Chi guadagna 500 euro al mese è uno sfigato per varie ragioni. Io ho sempre guadagnato di più perché mi sono fatto un mazzo tanto e per merito.»
(Giorgio Stracquadanio, il Parassita Miracolato)

02. COMPLOTTO PADANO

[17 Feb.] «Il fatto di vedere su tante prime pagine dei giornali, soprattutto del Nord, un’enfatizzazione dell’emergenza neve a Roma è francamente sospetto. Non vorrei ci fosse una strategia nordista per mettere in cattiva luce Roma»
(Gianni Alemanno, il Sindaco nevoso)

03. FRAINTENDIMENTI

[20 Feb.] «Non esiste nessun atteggiamento omofobo da parte mia, ma semplicemente la difesa di regole di buona educazione che devono valere per tutti, etero ed omosessuali»
(Carlo Giovanardi, il Tollerante)

04. LA SOFISTICATA METAFORA

[23 Feb.] «Avrei difeso Celentano anche se avesse detto che gli omosessuali vanno mandati nei campi di sterminio»
(Lucia Annunziata, Defensor Civitatis)

05. L’OSCURA MINACCIA

[21 Feb.] «Il nostro Paese è minacciato dal terrorismo internazionale e dall’eversione interna»
(Massimo D’Alema, il Gustav Noske del bestemmia party)

06. OPPORTUNITÀ PERDUTA

[14 Feb.] «Il no del governo Monti alla candidatura di Roma ai Giochi Olimpici e Paralimpici del 2020, è un danno considerevole all’immagine della nostra Nazione nel mondo, in termini di credibilità, solidità e coesione. Mi domando come sia possibile chiedere a un qualsiasi investitore internazionale di credere nell’Italia se un governo chiamato a rilanciare la nostra economia decide di bloccare una candidatura forte, autorevole e condivisa da tutte le Istituzioni. I Giochi avrebbero rappresentano una grande occasione di crescita e sviluppo economico, per guardare al futuro con ottimismo. L’Italia ha perso oggi un’irripetibile opportunità»
(Giorgia Meloni, Occhioni Belli)

07. MAMMA RAI PAGA LA GIOIELLERIA PER ME

[23 Feb.] «Mi avete rovinato l’immagine. Nella mia città cosa penseranno? Mi sento scarnificato e dolente. Dolente ma combattivo.»
(Guglielmo Rositani, l’Impenitente Scroccone)

08. SALTO NEL BUIO

[06 Feb.] «Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso, nella stessa città e magari accanto a mamma e papà, ma occorre fare un salto culturale.»
(Anna Maria Cancellieri, la Modernista)

09. ASPIRAZIONI TECNICHE

[05 Feb.] « Non vogliamo che non esista la possibilità di licenziare, ma che chi è stato licenziato sia aiutato dalle istituzioni e dall’azienda di trovare in tempi ragionevoli una nuova occupazione.»
  (Elsa Fornero, Mater Lacrimarum)

10. CI MANCAVA PURE TWITTER

[23 Feb.] «Nei supermercati vendono croste di formaggio, per stare ai livelli dei redditi dei pensionati»
(Pierluigi Bersani, Spalla comica)

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