Io li odio i nazisti della Padania. Odio il loro razzismo identitario, i loro deliri sulle questioni allogene e l’etnicismo alpino, l’arroganza e la pasciuta ignoranza dei plebei arricchiti. Odio queste cavallette che, sciamate in massa nell’odiato convitto romano, ingrassano nella greppia dei privilegi feudali di Montecitorio, sputando nel piatto in cui grufolano con gusto. Odio quel loro continuo balletto di estremismo tattico e moderatismo strategico, che sembra ricordare la peggior sinistra parolaia di inizio ‘900. Odio i teatrini osceni di un odontotecnico semianalfabeta del varesotto, vestito da Arlecchino, che conciona sulla Costituzione, blatera di ‘riforme’ e, da ministro della Repubblica italiana, inneggia alla secessione. Odio lo squallore di un senatúr cerobroleso, che sbrotola contro il ‘familismo’ e poi promuove il figlio demente a suo naturale erede politico, dimenticando che una trota non è un delfino. Odio le loro provocazioni a ciclo continuo, la loro grettezza umana, il deserto morale, che impasta le menti e contorce la pance degli ario-padani alle crociate… Contro i bambini stranieri, discriminati tanto da vivi quanto da morti: QUI! Contro tutto ciò che nella mitopoietica leghista contamina l’immaginifica purezza della comunità primordiale. Il weltanschauungpadano risiede nella demenziale serialità del suo retropensiero, del quale esistono estratti eloquenti di una più notevole collezione: QUI e ancora QUI. Perché la cosiddetta definizione identitaria, quando è debole o inconsistente, si nutre necessariamente di miti razziali nella ricerca di radici ancestrali, opportunamente depurate dai nuovi ausmerzen.
Odio i neo-borbonici di un meridionalismo accattone che rivendica autonomia e poteri, mentre agita l’elemosiniere per la solita questua di Stato. E tessono le lodi di Re Bomba, confondendo merda e cioccolata per mera affinità di colore, come se la sostanza (di medesima natura escatologica) potesse variare dai Savoia ai Borbone, vagheggiando l’esistenza fantasiosa di un Eden subissato dai molti torti sabaudi e inesorabilmente perduto. Odio quei querulanti organizzati, coi loro piagnistei, che dalla loro posizione di rendita all’ombra di amministrazioni parassitarie e inefficienti, sono specialisti insuperabili del chiagni e fotti e cumanna, senza a nulla rinunciare. Odio quelle panciute camarille di gorgoglioni, spesso ereditarie, che da oltre un secolo saccheggiano le terre del Sud, incistati nel caldo ventre della politica assistita e garantita dalla cosche elettorali del voto di scambio. Perché i mali, le miserie, le meschinerie, sono sempre di importazione aliena e mai autogeni nella loro realtà d’elezione, ma opportunamente declinati in un perenne moto assolutorio, come ogni altra responsabilità.
Ammiro invece quegli uomini liberi, mai quieti, che in ogni tempo e luogo hanno sovvertito le ridotte del conformismo, elevandosi al di sopra delle miserie dello spirito…
«Ho studiato gli uomini e la loro anima nei libri e nella realtà. Li ho trovati un impasto di comico, di plebeo, di vile. Ne sono rimasto nauseato. Da una parte i biechi fantasmi morali, creati dalla menzogna e dall’ipocrisia che dominano. Dall’altra parte le bestie sacrificali che adorano con fanatismo e vigliaccheria. Questo è il mondo degli uomini. Questa è l’umanità. Per questo mondo, per questi uomini e questa umanità, io sento ripugnanza. Plebei e borghesi si equivalgono. Sono degni l’uno dell’altro. Il socialismo non è di questo parere. Egli ha fatto la scoperta del bene e del male. E per distruggere questi due antagonismi ha creato altri due fantasmi: ‘Eguaglianza’ e ‘Fratellanza’ fra gli uomini… Ma gli uomini saranno uguali innanzi allo stato e liberi nel Socialismo… Ma quando i borghesi, che sono i pezzenti dello spirito, non vogliono saperne di essere uguali ai plebei, che sono i pezzenti della carne, allora anche il socialismo ammette, piagnucolando, la guerra. Sì, anche il socialismo ammette di uccidere e di espropriare. Ma in nome di un ideale di uguaglianza e di fratellanza umana… Di quella santa uguaglianza e fratellanza che incominciò da Caino ad Abele!»
Renzo Novatore “L’Espropriatore” Dalla rivista Iconoclasta! (26 novembre 1919)
della prima versione, essendo del nord, ne ho trovati un sacco (soprattutto mentre ero in situazioni cosiddette “da gente bene” o “crème della crème”). Della seconda versione, ho sentito parlar male da parte dei sovraccitati.
Buon 150o anniversario…
P.S. Non ti stimerò mai abbastanza per aver inserito Black Lagoon! Grazie infinite 🙂
@ Dicksick
Fa sempre piacere trovare nuovi estimatori, coi quali condividere idee e valori… si ha l’impressione di vivere in un’isola meno sperduta di quanto si creda e con più ampi orizzonti a disposizione.
Complimenti per la scelta del nick: io tendo a non prendermi mai troppo sul serio, ma con un simile nome tu mi batti alla grande!
@ Lady Lindy
Dalle mie parti, per fortunate questioni di posizione geografica, siamo immuni da certe idiozie razzial-identitarie… Di solito esprimiamo la nostra imbecillità in altri modi, generalmente meno dannosi.
Per smaliziato cinismo, c’arimbalza (quasi) tutto… ma, specialmente negli ultimi tempi, nella nostra cara e giovane Italia, tanto i “fratelli” del Nord quanto quelli del Sud con le loro sparate iniziano a stancarci un pochino e qualcosa comincia davvero a girare….!
150 anni di lotte, guerre, stragi, e sacrifici, una dittatura e una Guerra di Liberazione, per poi avere un Calderoli ministro, in un governo nazionale costituito per i suoi 4/5 da lombardi, veneti, e siciliani, che discettano di separazioni, come se ordinassero un caffè alla bouvette…e come nei peggiori divorzi parlano solo di soldi..!
L’ironia della storia a volte è atroce.
Ciao Sendivogius, mi hai fatto sbellicare con quel “dimenticando che una trota non è un delfino”…
Almeno compensa – in parte – il fatto che leggere questo post, mi ha intristito, perché vivendo in Ticino, non passa giorno della mia vita, che non abbia a che fare con i “cuginetti di Bossi”, che da buoni cugini, s-ragionano nella stessa maniera. Se poi ci aggiungi, che sono di origine siciliana, ti lascio immaginare…
Interessante invece, la scoperta del Renzo Navatore.
Anche per me è fonte di notevole irritazione il quadretto che descrivi nel tuo post. Vedo l’Italia sprofondare nella moda dell’ignoranza e della volgarità, nel compiacimento per l’ignoranza e la volgarità, e in questo clima prosperano i micro-localismi, che per loro natura sono prigionieri di orizzonti limitatissimi.
E come tu giustamente metti in evidenza, la logica che governa è solo quella dei soldi!
@ Mario
Conoscevo di nome la “Lega Ticinese”…
Grazie ai tuoi suggerimenti ed ai tuoi articoli, sto cominciando a conoscere e studiare meglio il prodotto…
Naturalmente, ho dato un’occhiata divertita al link che gentilmente mi hai voluto allegare… per quanto io non sia assolutamente un estimatore della fisiognomica, mi ha colpito l’imbarazzante sequenza di volti porcini, di profili lombrosiani, di cisposi sessantenni con rigoroso baffo (norico-retico?!?) d’ordinanza… Belle facce per teste vuote.
@ Midhriel
Correrò il rischio di passare per un adulatore, ma Midhriel ha il raro dono di stimolare in me milioni di considerazioni, che mettono a soqquadro i miei archivi mentali..:)
Per l’occasione mi è tornato alla memoria un bell’articolo che avevo letto tempo fa sul tema delle “Piccole Patrie” e che dunque riporto:
PICCOLE PATRIE D’ EUROPA
di Andrea BONANNI La Repubblica
(14 giugno 2010)
L’Europa della crisi economica, della disunione politica e dell’euro sotto attacco scopre il gusto amaro dell’ingovernabilità. In Belgio i separatisti moderati diventano il primo partito delle Fiandre scalzando quarant’anni di monopolio DC. Il Paese, per ora, non pare sull’orlo dello smembramento. Ma la formazione di un nuovo governo con i socialisti, che trionfano nella parte francofona, appare assai problematica, proprio nel momento in cui Bruxelles deve assumere la presidenza di turno dell’Unione europea. Nella vicina Olanda lo scenario delle recenti elezioni non è molto dissimile: i democristiani di Balkenende che erano al governo precipitano e diventano il quarto partito. Socialisti e liberali escono alla pari dalle elezioni e la formazione di un esecutivo si prospetta difficile, per non dire impossibile, mentre l’estrema destra continua ad avanzare. In Slovacchia, dove si è votato l’altro ieri, la situazione di ingovernabilità è l’unico risultato elettorale: i socialdemocratici al potere restano il primo partito, ma non hanno più maggioranza. In Gran Bretagna le recenti elezioni hanno portato al primo esecutivo di coalizione in una improbabile alleanza tra conservatorie liberali che consacra la fine del bipartitismo e, forse, anche quella della governabilità garantita. In Germania l’alleanza tra democristiani e liberali guidata da Angela Merkel vacilla pericolosamente e la dc della «Cancelliera di ferro» è data in calo vertiginoso dai sondaggi. Esiste un nesso tra la confusione politica che esce a ripetizione dalle urne delle elezioni nazionali e la confusione della leadership europea nel suo complesso. Dopo il fallimento della Costituzione UE, dopo la travagliata «via crucis» del Trattato di Lisbona, l’Unione appare allo sbando. La crisi economico-finanziaria, nata negli Usa, si è scaricata sul Vecchio Continente lasciandolo prostrato e senza capacità di ripresa. La moneta unica è sotto attacco non a causa dei fondamentali economici, che sono migliori di quelli dell’ America o del Giappone, ma a causa dei fondamentali politici: la mancanza di un governo dell’economia che le capitali si ostinano a non volere. La presenza degli europei sulla scena mondiale è ridotta ai minimi termini. Obama ci snobba: annulla i vertici con la Ue e alla conferenza sul clima di Copenaghen preferisce accordarsi con la Cina a scapito dell’Europa. La Turchia, che un tempo pietiva di entrare nell’UE, cerca un proprio ruolo autonomo in Medioriente. La Russia ci tratta con condiscendenza. Israele ignora le nostre proteste. E alle Nazioni Unite, sulla mozione per la condanna dell’assalto alle navi dirette a Gaza, gli europei sono riusciti nel capolavoro di dividersi in tre: favorevoli, contrari e astenuti. In realtà, quello che una mediocre classe politica continentale paga a livello nazionale, è l’abbandono del progetto europeo. Forse non ne eravamo pienamente consapevoli ma, dalla Francia alla Finlandia, dall’Olanda ai Paesi dell’Est, il progetto di costruire un’Europa unita è stata l’unica vera proposta politica dell’ultimo mezzo secolo. Su di essa si sono costruite le fortune dei partiti democristiani, che l’avevano inventata, dei liberali, che l’hanno sostenuta, e anche quelle dei socialdemocratici, che l’hanno sposata tardivamente ma con maggiore entusiasmo. Perfino in Gran Bretagna, dove la maggioranza lo osteggia, il progetto europeo è stato per anni uno dei fili conduttori della politica nazionale su cui sono inciampati la Thatcher, John Major e indirettamente, con la rottura sulla guerra in Iraq, anche Tony Blair. Ora che questo progetto appare affossato, dimenticato, rimosso, le forze politiche tradizionali non hanno più una proposta credibile e legittimante da sottoporre al loro elettorato. E i cittadini, allo sbando, riscoprono il gusto perverso delle piccole patrie, dei separatismi, dei populismi, dei voti di protesta. Con il risultato di rendere ingovernabili anche quegli Stati che, a loro volta, con la loro miopia hanno reso ingovernabile e ingovernata l’Europa.
Grazie, lusingata 🙂
L’articolo che hai riportato sembra proprio in linea con il pensiero che cercavo di esprimere: c’è un ripiegamento verso il “piccolo” – il “privato”, se si vuole – che a mio avviso va letto da diverse prospettive.
Intanto è frutto di una politica miope, come perfettamente descritto nell’articolo di Bonanni, ma anche di una politica che è sempre più distante dal tessuto sociale, sempre più “casta” se non bieco personalismo. E’ il risultato di una subcultura familista e clientelare che ovviamente non può andare oltre i confini del clan, superati i quali non esiste collaborazione ma competizione. Esprime la stanchezza delle persone che non si riconoscono più in istituzioni che non fanno niente per cambiare le cose, e nello stesso tempo rappresenta il rimpicciolirsi e l’appiattirsi sul proprio piccolo mondo, così che quelle istituzioni e quella casta possano giovarsi dell’indifferenza generale per continuare a fare ciò che fanno.
Non riesco a vedere soluzioni a breve termine: magari rispolverare il sogno europeo può essere davvero utile, ma se si propone come progetto politico, e non come puro e semplice “mercato comune”.
Purtroppo, negli ultimi tempi, seguendo le inquietudini della mia indole, il pessimismo della ragione tende a prevalere sull’ottimismo della volontà… così temo siamo entrati in una notte oscura, senza cieli stellati né leggi morali, dominata da un sonno comatoso che non lascia più spazio nemmeno ai sogni. Men che mai al sogno europeo, tramutatosi in un incubo monetarista, per una “Unione” abortita e immolata sull’altare degli speculatori, dei grandi interessi corporativi, e degli egoismi nazionali.
E tuttavia, proprio parafrasando Renzo Novatore, voglio continuare a credere che cento uomini (e DONNE), degni di questo nome, potrebbero fare quello che cinquecentomila “organizzati” incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare.
La lucidità delle tue analisi, l’intelligenza delle tue riflessioni e la passione civile che da esse traspira, conferma questa convinzione e mi lascia sperare nella possibilità di un mondo diverso, sicuramente migliore.
Ti ringrazio ancora per le parole di apprezzamento nei miei riguardi 🙂 Sai già che la stima è reciproca e ricambiata!
Cerco di fare quel che posso, con gli strumenti che ho: forse è passione civile, forse è solo il fatto di pensare a mio figlio. Proprio l’altro giorno gli ho detto che a lui e a quelli della sua generazione (ventenni) toccherà un compito di ricostruzione paragonabile a quello di un dopoguerra. L’opera sistematica di smantellamento dell’Italia (a beneficio di individui e trote) prosegue a ritmo sostenuto. Anche io voglio continuare a credere, come te, che un pugno di persone – degne di questo nome – possano cambiare le cose.
Bisognerà avere nervi saldi, grandi ideali, ed una forte coscienza civica per l’immane opera di ricostruzione civile che ci attende.
Forse potrebbe persino essere una grande opportunità…
20 febbraio 2011 a 20:59
Non posso che concordare in pieno.
20 febbraio 2011 a 22:06
della prima versione, essendo del nord, ne ho trovati un sacco (soprattutto mentre ero in situazioni cosiddette “da gente bene” o “crème della crème”). Della seconda versione, ho sentito parlar male da parte dei sovraccitati.
Buon 150o anniversario…
P.S. Non ti stimerò mai abbastanza per aver inserito Black Lagoon! Grazie infinite 🙂
21 febbraio 2011 a 00:51
@ Dicksick
Fa sempre piacere trovare nuovi estimatori, coi quali condividere idee e valori… si ha l’impressione di vivere in un’isola meno sperduta di quanto si creda e con più ampi orizzonti a disposizione.
Complimenti per la scelta del nick: io tendo a non prendermi mai troppo sul serio, ma con un simile nome tu mi batti alla grande!
@ Lady Lindy
Dalle mie parti, per fortunate questioni di posizione geografica, siamo immuni da certe idiozie razzial-identitarie… Di solito esprimiamo la nostra imbecillità in altri modi, generalmente meno dannosi.
Per smaliziato cinismo, c’arimbalza (quasi) tutto… ma, specialmente negli ultimi tempi, nella nostra cara e giovane Italia, tanto i “fratelli” del Nord quanto quelli del Sud con le loro sparate iniziano a stancarci un pochino e qualcosa comincia davvero a girare….!
150 anni di lotte, guerre, stragi, e sacrifici, una dittatura e una Guerra di Liberazione, per poi avere un Calderoli ministro, in un governo nazionale costituito per i suoi 4/5 da lombardi, veneti, e siciliani, che discettano di separazioni, come se ordinassero un caffè alla bouvette…e come nei peggiori divorzi parlano solo di soldi..!
L’ironia della storia a volte è atroce.
P.S. Black Lagoon è più di un mito..:)
21 febbraio 2011 a 08:49
Ciao Sendivogius, mi hai fatto sbellicare con quel “dimenticando che una trota non è un delfino”…
Almeno compensa – in parte – il fatto che leggere questo post, mi ha intristito, perché vivendo in Ticino, non passa giorno della mia vita, che non abbia a che fare con i “cuginetti di Bossi”, che da buoni cugini, s-ragionano nella stessa maniera. Se poi ci aggiungi, che sono di origine siciliana, ti lascio immaginare…
Interessante invece, la scoperta del Renzo Navatore.
Ciao…
PS Grazie per la “L”!
21 febbraio 2011 a 10:47
Anche per me è fonte di notevole irritazione il quadretto che descrivi nel tuo post. Vedo l’Italia sprofondare nella moda dell’ignoranza e della volgarità, nel compiacimento per l’ignoranza e la volgarità, e in questo clima prosperano i micro-localismi, che per loro natura sono prigionieri di orizzonti limitatissimi.
E come tu giustamente metti in evidenza, la logica che governa è solo quella dei soldi!
22 febbraio 2011 a 01:07
@ Mario
Conoscevo di nome la “Lega Ticinese”…
Grazie ai tuoi suggerimenti ed ai tuoi articoli, sto cominciando a conoscere e studiare meglio il prodotto…
Naturalmente, ho dato un’occhiata divertita al link che gentilmente mi hai voluto allegare… per quanto io non sia assolutamente un estimatore della fisiognomica, mi ha colpito l’imbarazzante sequenza di volti porcini, di profili lombrosiani, di cisposi sessantenni con rigoroso baffo (norico-retico?!?) d’ordinanza… Belle facce per teste vuote.
@ Midhriel
Correrò il rischio di passare per un adulatore, ma Midhriel ha il raro dono di stimolare in me milioni di considerazioni, che mettono a soqquadro i miei archivi mentali..:)
Per l’occasione mi è tornato alla memoria un bell’articolo che avevo letto tempo fa sul tema delle “Piccole Patrie” e che dunque riporto:
PICCOLE PATRIE D’ EUROPA
di Andrea BONANNI
La Repubblica
(14 giugno 2010)
L’Europa della crisi economica, della disunione politica e dell’euro sotto attacco scopre il gusto amaro dell’ingovernabilità. In Belgio i separatisti moderati diventano il primo partito delle Fiandre scalzando quarant’anni di monopolio DC. Il Paese, per ora, non pare sull’orlo dello smembramento. Ma la formazione di un nuovo governo con i socialisti, che trionfano nella parte francofona, appare assai problematica, proprio nel momento in cui Bruxelles deve assumere la presidenza di turno dell’Unione europea. Nella vicina Olanda lo scenario delle recenti elezioni non è molto dissimile: i democristiani di Balkenende che erano al governo precipitano e diventano il quarto partito. Socialisti e liberali escono alla pari dalle elezioni e la formazione di un esecutivo si prospetta difficile, per non dire impossibile, mentre l’estrema destra continua ad avanzare. In Slovacchia, dove si è votato l’altro ieri, la situazione di ingovernabilità è l’unico risultato elettorale: i socialdemocratici al potere restano il primo partito, ma non hanno più maggioranza. In Gran Bretagna le recenti elezioni hanno portato al primo esecutivo di coalizione in una improbabile alleanza tra conservatorie liberali che consacra la fine del bipartitismo e, forse, anche quella della governabilità garantita. In Germania l’alleanza tra democristiani e liberali guidata da Angela Merkel vacilla pericolosamente e la dc della «Cancelliera di ferro» è data in calo vertiginoso dai sondaggi. Esiste un nesso tra la confusione politica che esce a ripetizione dalle urne delle elezioni nazionali e la confusione della leadership europea nel suo complesso. Dopo il fallimento della Costituzione UE, dopo la travagliata «via crucis» del Trattato di Lisbona, l’Unione appare allo sbando. La crisi economico-finanziaria, nata negli Usa, si è scaricata sul Vecchio Continente lasciandolo prostrato e senza capacità di ripresa. La moneta unica è sotto attacco non a causa dei fondamentali economici, che sono migliori di quelli dell’ America o del Giappone, ma a causa dei fondamentali politici: la mancanza di un governo dell’economia che le capitali si ostinano a non volere. La presenza degli europei sulla scena mondiale è ridotta ai minimi termini. Obama ci snobba: annulla i vertici con la Ue e alla conferenza sul clima di Copenaghen preferisce accordarsi con la Cina a scapito dell’Europa. La Turchia, che un tempo pietiva di entrare nell’UE, cerca un proprio ruolo autonomo in Medioriente. La Russia ci tratta con condiscendenza. Israele ignora le nostre proteste. E alle Nazioni Unite, sulla mozione per la condanna dell’assalto alle navi dirette a Gaza, gli europei sono riusciti nel capolavoro di dividersi in tre: favorevoli, contrari e astenuti. In realtà, quello che una mediocre classe politica continentale paga a livello nazionale, è l’abbandono del progetto europeo. Forse non ne eravamo pienamente consapevoli ma, dalla Francia alla Finlandia, dall’Olanda ai Paesi dell’Est, il progetto di costruire un’Europa unita è stata l’unica vera proposta politica dell’ultimo mezzo secolo. Su di essa si sono costruite le fortune dei partiti democristiani, che l’avevano inventata, dei liberali, che l’hanno sostenuta, e anche quelle dei socialdemocratici, che l’hanno sposata tardivamente ma con maggiore entusiasmo. Perfino in Gran Bretagna, dove la maggioranza lo osteggia, il progetto europeo è stato per anni uno dei fili conduttori della politica nazionale su cui sono inciampati la Thatcher, John Major e indirettamente, con la rottura sulla guerra in Iraq, anche Tony Blair. Ora che questo progetto appare affossato, dimenticato, rimosso, le forze politiche tradizionali non hanno più una proposta credibile e legittimante da sottoporre al loro elettorato. E i cittadini, allo sbando, riscoprono il gusto perverso delle piccole patrie, dei separatismi, dei populismi, dei voti di protesta. Con il risultato di rendere ingovernabili anche quegli Stati che, a loro volta, con la loro miopia hanno reso ingovernabile e ingovernata l’Europa.
22 febbraio 2011 a 20:54
Grazie, lusingata 🙂
L’articolo che hai riportato sembra proprio in linea con il pensiero che cercavo di esprimere: c’è un ripiegamento verso il “piccolo” – il “privato”, se si vuole – che a mio avviso va letto da diverse prospettive.
Intanto è frutto di una politica miope, come perfettamente descritto nell’articolo di Bonanni, ma anche di una politica che è sempre più distante dal tessuto sociale, sempre più “casta” se non bieco personalismo. E’ il risultato di una subcultura familista e clientelare che ovviamente non può andare oltre i confini del clan, superati i quali non esiste collaborazione ma competizione. Esprime la stanchezza delle persone che non si riconoscono più in istituzioni che non fanno niente per cambiare le cose, e nello stesso tempo rappresenta il rimpicciolirsi e l’appiattirsi sul proprio piccolo mondo, così che quelle istituzioni e quella casta possano giovarsi dell’indifferenza generale per continuare a fare ciò che fanno.
Non riesco a vedere soluzioni a breve termine: magari rispolverare il sogno europeo può essere davvero utile, ma se si propone come progetto politico, e non come puro e semplice “mercato comune”.
23 febbraio 2011 a 00:28
Purtroppo, negli ultimi tempi, seguendo le inquietudini della mia indole, il pessimismo della ragione tende a prevalere sull’ottimismo della volontà… così temo siamo entrati in una notte oscura, senza cieli stellati né leggi morali, dominata da un sonno comatoso che non lascia più spazio nemmeno ai sogni. Men che mai al sogno europeo, tramutatosi in un incubo monetarista, per una “Unione” abortita e immolata sull’altare degli speculatori, dei grandi interessi corporativi, e degli egoismi nazionali.
E tuttavia, proprio parafrasando Renzo Novatore, voglio continuare a credere che cento uomini (e DONNE), degni di questo nome, potrebbero fare quello che cinquecentomila “organizzati” incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare.
La lucidità delle tue analisi, l’intelligenza delle tue riflessioni e la passione civile che da esse traspira, conferma questa convinzione e mi lascia sperare nella possibilità di un mondo diverso, sicuramente migliore.
23 febbraio 2011 a 12:33
Ti ringrazio ancora per le parole di apprezzamento nei miei riguardi 🙂 Sai già che la stima è reciproca e ricambiata!
Cerco di fare quel che posso, con gli strumenti che ho: forse è passione civile, forse è solo il fatto di pensare a mio figlio. Proprio l’altro giorno gli ho detto che a lui e a quelli della sua generazione (ventenni) toccherà un compito di ricostruzione paragonabile a quello di un dopoguerra. L’opera sistematica di smantellamento dell’Italia (a beneficio di individui e trote) prosegue a ritmo sostenuto. Anche io voglio continuare a credere, come te, che un pugno di persone – degne di questo nome – possano cambiare le cose.
23 febbraio 2011 a 21:33
Bisognerà avere nervi saldi, grandi ideali, ed una forte coscienza civica per l’immane opera di ricostruzione civile che ci attende.
Forse potrebbe persino essere una grande opportunità…