Parola di Presidente

Giorgio Napolitano

Chiedermi di non firmare non significa proprio nulla! Perché poi dopo qualche giorno il Parlamento approva un’altra volta la legge e a qual punto io sono obbligato a promulgare. Me lo impone la Costituzione. Non lo sapete che funziona così e che questi sono i miei doveri istituzionali?

   03/10/2009 – Giorgio Napolitano,
   Presidente della Repubblica Italiana

 Siamo proprio sicuri che sia così?!?
Una legge non si approva in pochi giorni, per tutta una serie di motivi procedurali che il presidente Napolitano dovrebbe conoscere bene, appunto per dovere istituzionale.
Per questo leggiamo direttamente dalla
Costituzione, Sez. II inerente la formulazione delle leggi.
Ai ‘profani ignoranti’ il testo può risultare macchinoso, ma è sicuramente esplicativo:

Art. 72

  Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.
  Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.
  Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
  La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

Insomma, la stesura e l’approvazione di un disegno di legge non è roba che si liquida in pochi giorni. E ciò avviene, come nel nostro caso, anche  nella conversione di un decreto-legge, secondo quanto previsto dalla Costituzione

vignetta-costituzione-berlusconi

In ogni caso, il Presidente della Repubblica è (quasi) sempre obbligato a promulgare le leggi che il Parlamento sottopone alla sua firma. Tuttavia, la Costituzione prevede anche 30 giorni di tempo per ponderare ed esaminare il testo in questione. E  non ci sembra che nello specifico si trattasse di un procedimento d’urgenza.  Di  certo, il definitivo avvio dello ‘scudo fiscale’ avrebbe richiesto un po’ più di prudenza e di pudore… Non  di una firma a tempo di record, che offende tutti gli italiani onesti che abbiano un minimo di senso civico!

Art. 73

  Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
  Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
  Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione [sulla Gazzetta Ufficiale], salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.

 Perché tanta fretta Mr President?!?
Forse perché un ritardo nei tempi di promulgazione avrebbe provocato uno sforamento nei termini di applicazione della grande sanatoria pro-evasori e, nei fatti, la mancata applicazione?
Ma questo non è un problema del Quirinale!
Forse perché la mancata attivazione dello ‘scudo fiscale’ avrebbe costretto il governo ad approntare  più concreti e seri provvedimenti di bilancio e di copertura finanziaria.
E sarebbe stato un male?

Art. 74

  Il Presidente della repubblica prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
  Se le Camere approvano nuovamente la legge questa deve essere promulgata.

Questo è un Paese distratto, addormentato. Una repubblica dove le massime Istituzioni sembrano quasi intimidite: ben attente a non disturbare i voleri dell’Imperatore, che altrimenti potrebbe dare in escandescenze se non assecondato nelle sue pretese. “Sennò chi lo regge più!” Più attente ad arginarne gli appetiti, piuttosto che contrastarne le pulsioni estreme, aspettando che passi la nottata in una democrazia in ostaggio.
E mentre il grosso dell’opposizione dorme beata tra le braccia di Morfeo, l’indignazione sembra circoscritta alla lucidità di poche voci isolate:

 SCUDO FISCALE ATTO TERZO, OVVERO L’ENNESIMA BEFFA
 PER LA GENTE ONESTA

   TREMONTI FA IL FILOSOFO
   MA POI PREMIA I TRUFFATORI

“Lo scudo fiscale, un regalo agli evasori, porterà pochi soldi nelle casse dello Stato e molti in quelle delle banche che il ministro Giulio Tremonti accusa di strangolare l’economia reale.
Se Obama riuscirà a metter pace tra israeliani e palestinesi, potremo forse affidargli un’ancor più complessa missione diplomatica: riconciliare Giulio con Tremonti, il moralista con il manovratore di scudi fiscali, il fustigatore della mala finanza con il ministro più amato da evasori, truffatori e falsificatori di bilanci aziendali. Le due metà dell’inquieto mondo tremontiano, il filosofo dell’economia e il furbetto del governino, sono in guerra e divise da un astio che la pratica del potere non placa, anzi, di giorno in giorno accentua.
Che c’azzecca, come direbbe Di Pietro, il Tremonti ispirato lettore dell’enciclica Caritas in veritate («È una guida per la politica», ebbe a definirla il Nostro, «insegna che l’interesse non è il tasso di sconto ma il bene generale») con il testo in cui Benedetto XVI scrive che «la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto che la giustizia riguarda tutte le fasi dell’attività economica… Il reperimento delle risorse, i finanziamenti… hanno ineluttabilmente implicazioni morali»? Che c’entra il pensoso studioso che esalta nei suoi libri la responsabilità sociale «…verso sé stessi, verso la propria famiglia, verso la propria comunità… verso il passato (gli anziani), verso il presente, verso il futuro» (La paura e la speranza, pag. 91) con il politico che per la terza volta in sette anni (2001, 2002, 2009) premia chi esporta illegalmente denaro, eludendo quella responsabilità «verso la propria comunità» e «verso il futuro» (le tasse evase oggi sono spese in più per le generazioni di domani) che, nella filosofia del Tremonti A, sarebbe il cardine decisivo del nuovo assetto sociale?
Ma del Tremonti che parla come se l’etica l’avesse inventata lui e che al G8 dell’Aquila vantava la definizione di uno «standard legale» che avrebbe rimesso a posto i finanzieri allegri di tutto il mondo, alla fine prevale sempre il Tremonti B: quello che ora gli ispira un provvedimento che perdona reati come il falso in bilancio e la fatturazione falsa (uno dei sistemi più usati per esportare capitali in nero), le false comunicazioni sociali e la distruzione di documenti contabili. Non contento, il Tremonti B ha anche liberato gli operatori finanziari dall’obbligo di quelle fastidiose segnalazioni che consentivano, di tanto in tanto, di intervenire sul riciclaggio di denaro. Se voi foste dei mafiosi non gli vorreste bene? La politica del condono fiscale è fallimentare ma non per questo è meno politica. Se siamo costretti a reiterarla così spesso vuol dire che non funziona, o funziona poco e male. Consente però a Tremonti di ripetere il mantra «niente nuove tasse», basato in realtà su una doppia finzione.
Le nuove tasse ci sono ma portano un altro nome (per esempio, i 500 euro per la regolarizzazione delle badanti, odiosa tassa sulle famiglie e sugli anziani). Al resto provvede la nemmeno tacita “legalizzazione” dell’evasione, premiata ogni due anni con un bel condono di Stato. Con l’ultima invenzione del Tremonti B, trionfante sul dolente Tremonti A, secondo gli ottimisti torneranno in Italia circa 100 miliardi di euro.
Gli sghignazzanti ex evasori (o falsificatori di bilanci o riciclatori di denaro sporco) pagheranno una ridicola tassa del 5 per cento sul capitale (in Gran Bretagna è il 44%, negli Usa il 49%) e torneranno lindi. Lo Stato (anzi, la presidenza del Consiglio, perché i quattrini andranno in un fondo apposito a disposizione del premier Berlusconi) metterà da parte, se tutto andrà bene, 5 miliardi di euro, meno di un terzo di quanto finora investito nell’Abruzzo del terremoto. Le banche incasseranno il resto. Proprio le perfide banche che il Tremonti A regolarmente accusa di strangolare l’economia reale. Obama, pensaci tu.”

  Famiglia Cristiana’ – Fulvio Scaglione

Ma dell’indegno provvedimento, firmato con tanta solerzia dal presidente Napolitano, si parla anche qui  e  qui.
Forse sarebbe servito un atto di maggior coraggio… Una dote sempre più rara.

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