LICENZA DI UCCIDERE
Il ‘cretino’ con la pistola
“Sono un cretino, non un Rambo. Sono solo una persona che ha creduto di fare il suo dovere. Non ho mai preso la mira, lo ripeterò sempre. Non sono un pazzo che rischia di colpire un’auto di passaggio: c’era un’autostrada di mezzo. I giornali mi avevano già condannato: in questo paese non c’è giustizia. Sono i prepotenti, i forti, quelli che sanno parlare bene, sanno raccontarti e rigirarti, ad avere la meglio. Non gli ignoranti morti di fame come me. Le persone oneste che hanno rispettato le leggi non valgono niente. Antipatica la mia voce, il mio accento meridionale e anche il mio cognome, Spaccarotella. Tutti hanno visto in me l’uomo forte che ‘spacca’, che uccide. Invece io sono un padre, un marito e un figlio”
(Luigi Spaccarotella)
Nella sua nota auto-assolutoria, l’agente Spaccarotella ha dimenticato di aggiungere l’unica cosa che conti davvero… una condanna per omicidio (colposo) “aggravato dalla previsione dell’evento”.
Tecnicamente, Luigi Spaccarotella è un ‘assassino’. Ma lui, al massimo, si reputa un “cretino”: un tipo un po’ imbranato che ha combinato una marachella. Nella fattispecie, ha solo sparato in testa ad un ragazzo di venticinque anni (un pericoloso Ultras! Un terrorista!).
Per la ‘Giustizia’ italiana, la vita umana ha un valore variabile… molto dipende dall’abito che indossi. Meglio se si tratta di una divisa. Per esempio, la vita di Gabriele Sandri (ammazzato l’11 Novembre 2007) vale 6 anni, certamente non di carcere giacché le uniche sbarre, che l’eroico Spaccaretella vedrà, sono quelle della porta girevole dietro la quale si fa ritrarre nella foto.

Una porta girevole come quella dei tribunali, da dove entri ed esci come se nulla fosse, collezionando pene senza certezza, con la stessa efficacia delle “grida” manzoniane.
Quello che più irrita, nella sua stucchevole indisponenza, non è il fatto che il sig. Spaccarotella, agente della Polstrada, abbia impugnato l’arma d’ordinanza con entrambe le mani per prendere meglio la mira, come dichiarato da ben 5 testimoni oculari sotto giuramento.
Non è il fatto che gli altri tre colleghi dell’agente imputato, presenti sul posto, non abbiano invece visto o sentito nulla.
A sconcertare, non è il fatto che i bossoli esplosi siano immediatamente scomparsi dalla ‘scena del crimine’, eliminando un prezioso elemento probatorio a riprova che Spaccarotella ha sparato due volte. Dunque, l’agente non ha esploso un solo colpo di avvertimento in aria, come invece sosteneva prima della deposizione dei testimoni. Questo proiettile, per misteriose e imperscrutabili Leggi della Fisica (conosciute solo dai legali del poliziotto) avrebbe dovuto compiere un tortuoso giro parabolico, avvitandosi in una spirale, fino a colpire l’auto sulla quale viaggiava lo sfortunato Sandri, a causa di strane deviazioni aeree.
A irritare, non sono la miriade di versioni contraddittorie depositate dalla difesa: Spaccarotella è inciampato ed ha sparato accidentalmente (sembra che tra il personale in servizio armato ci siano seri problemi di deambulazione!). Successivamente deve averci ripensato, sostenendo in aula di:
“aver alzato istintivamente il braccio ed è partito un colpo”
All’inizio, ad alzarsi è stato un braccio solo, finché (“forse”) si è aggiunto anche l’altro. E il colpo è esploso involontariamente, mentre correva, perché lui neanche lo sapeva di impugnare la pistola:
“Non mi sono reso conto di avere la pistola in mano mentre correvo. Ho fatto un gesto come per indicare, come per dire ‘sti stronzi… e ho sentito il botto”
Anzi no! Luigi Spaccarotella ha sparato da fermo, ma senza prendere la mira:
“Ho visto che erano saliti in macchina e mi sono fermato. Poi ho fatto un gesto come per indicarli. Mi sono reso conto di aver sparato quando ho sentito il colpo”
Evidentemente, l’agente Spaccarotella deve essere affetto da una insolita forma di sonnambulismo diurno: estrae la sua Beretta dalla fondina; libera la levetta della ‘sicura’; arma il ‘carrello’, facendo scivolare il colpo in canna; alza il ‘cane’ della pistola e invece di tenere il dito indice disteso con prudenza lungo il ‘ponticello’ dell’arma (come da regolamento), lo lascia poggiato sul grilletto finché, incidentalmente, preme e spara.
Però lui di tutto questo non si è mai accorto: sono azioni avvenute a sua insaputa.
Aggiunge poi che lui non è che abbia una grande mira, perché al poligono ci va poco e non si è tenuto al passo coi “tiri di mantenimento”. Per questo estrae la pistola con tanta facilità.
Tuttavia, nei momenti di lucidità, qualcuno deve avergli fatto notare che chi spara da un lato all’altro di una carreggiata autostradale, lungo quattro corsie a scorrimento di traffico veloce, poteva ammazzare chiunque. Immaginate se avesse colpito l’autista di un autoarticolato, col TIR che continuava la sua corsa senza guidatore…
Allora, il nostro prode agente di Polstrada cambia di nuovo versione e, con la coerenza che lo distingue, dichiara:
“Non ho mai preso la mira, lo ripeterò sempre. Non sono un pazzo che rischia di colpire un’auto di passaggio: c’era un’autostrada di mezzo”
E che caspita! Aggiungiamo noi.
No, quello che più indispone sono le esternazioni pubbliche di Luigi Spaccarotella, di uno che per tutta la durata del processo si è avvalso della “facoltà di non rispondere”!
È l’insulso vittimismo all’insegna di un meridionalismo d’accatto che disgusta di più: la falsa retorica del “morto di fame”, l’immancabile manfrina del solito ‘sbirro’ sottopagato, il piagnisteo del povero ‘terruncello‘ perseguitato dal ‘sistema’ (del quale Spaccarotella è parte integrante)…
“In questo paese non c’è giustizia”
Vero! Infatti, non appena la Corte d’Assise di Arezzo ha letto la sentenza, il martire Spaccarotella sbotta:
“Ho pianto di gioia”
Perché evidentemente era molto deluso dalla sentenza. Tant’è che subito dopo precisa:
“Ho fatto bene a credere nella giustizia”
E con generosità dedica anche un nobile pensierino per la vittima (e per sé stesso):
“Io e Sandri siamo due poveracci coinvolti in una cosa più grande di noi. Lui è morto e ha avuto la peggio e io sono qui ad assumermi le mie responsabilità”
Anche se, attualmente, il sig. Spaccarotella, dopo la sospensione dal servizio, è afflitto da ben altre preoccupazioni:
“Ora il mio stipendio è dimezzato e non arrivo a mille euro. Ho dovuto vendere la casa perché non riuscivo a pagare il mutuo. Ne cercheremo un’altra, magari in affitto”
INCIDENTI DI PERCORSO
Per fortuna, il nostro eroe tornerà presto a indossare la divisa, ed impugnare la pistola, al servizio di noi tutti. Alla fine, tutto è bene ciò che finisce bene. In fondo, si è trattato di un piccolo inconveniente del mestiere. Cose che capitano…
Come a Ferrara, il 25 Luglio 2005, quando quattro agenti di polizia bastonano a morte un 18enne, Federico Aldrovrandi (un drogato! Un teppista impasticcato!), con tale violenza da riuscire a spezzare perfino un paio di manganelli contro il corpo inerme del ragazzo moribondo e… ammanettato!
Osservate il giovane Federico, prima e dopo il trattamento: una reazione assolutamente giustificata dall’imponenza fisica e dalla notoria pericolosità sociale del ragazzo incensurato. Per una questione di rispetto, la fotografia la trovate confinata in una apposita sezione del sito [qui].
L’assassinio di Aldrovandi, per lo Stato, vale una condanna a 3 anni e 6 mesi “per eccesso colposo in omicidio colposo” (alla quale dovranno essere applicati i benefici dell’indulto), a carico degli agenti di PS: Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani, Luca Pollastri, i quali dal servizio attivo non sono mai stati sospesi. E infatti pare fossero al G-8 de L’Aquila per mansioni di ‘ordine pubblico’. Perciò, mi raccomando! Se li incontrate per strada, non chiamateli ASSASSINI. Potreste essere puniti ai sensi dell’ Art. 341-bis del Codice Penale, per “offesa a pubblico ufficiale” (reato appena ripristinato):
“Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.
Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”
Come a Trieste, il 27 Ottobre 2006, quando il 34enne Riccardo Rasman (Un matto! Uno schizzato!) viene aggredito e massacrato nel suo monolocale, da altri quattro agenti di PS in ‘visita di cortesia’ a domicilio. Su Rasman, ci si è accaniti con tutta la violenza con la quale i vigliacchi, solitamente, si accaniscono contro i più deboli. (A proposito di Riccardo, potete leggere qui, anche qui e perfino qui). Coloro, che invece delle parole preferiscono la realtà cruda e brutale delle immagini, possono cliccare questo link.
Il processo per l’omicidio Rasman (una battaglia solitaria portata avanti dagli anziani genitori) si è concluso con una condanna definita “storica” dei tre poliziotti imputati: 6 mesi con la condizionale, la non menzione della pena, nessun provvedimento disciplinare.
Appunto, una “condanna storica”. Giustizia è fatta
Come nelle campagne perugine, il 12 Ottobre 2007, quando il 44enne Aldo Bianzino (un fricchettone! Un fattone!) viene arrestato per possesso di marijuana. Tradotto nel carcere di Capanne (PG), ne uscirà cadavere il giorno dopo.
Se volete saperne di più, potente intanto leggere qui e ancora qui.
Per la morte di Bianzino non pagherà nessuno, giacché in vita è rimasto solo il figliolo di 16 anni che certo non può permettersi le spese legali di un processo. E visti poi i risultati…
REPETITA IUVANT
“Dall’inizio del mio mandato, mi sto adoperando per approfondire, e anche correggere, tutte le modalità di intervento ‘in piazza’ anche avviando la costituzione della prima scuola di polizia per la tutela dell’ordine pubblico che sarà inaugurata il prossimo 3 dicembre [2008]. Abbiamo ai vertici dei reparti, investigativi e operativi in genere, persone pulite. Dal luglio dello scorso anno [2007], io sono il loro garante e mi assumo, come ho già fatto, la responsabilità per gli errori che possano commettere. Sto scrivendo l’ultimo capitolo della mia storia professionale e non lo macchierò certo per reticenza, per viltà o per convenienza.”
Antonio Manganelli.
Capo della Polizia
16 Novembre 2008
19 luglio 2009 a 18:44
bel blog!
mi abbono.
saluti!
19 Maggio 2010 a 12:56
GRAZIE
19 Maggio 2010 a 14:18
Grazie a te, Luca!
9 luglio 2010 a 09:22
Riccardo non ha buttato i petardi non ha ferito nessuno la sig.Romina Pollanz come si nota sul giornale Piccolo il giorno dopo il suo orecchio STAVA BENE , se la vede sul terazzino del vicino arzilla.Riccardo ha solo rifiutato di aprire la porta l’unica colpa meritevole di morte.Dov’è il SINDACO Dipiazza di Trieste il7/7/2010 al Telegiornale Regionale ha detto che Trieste è sua ,non ci ha dato mai risposta alle nostre lettere ne ha accettato di parlare con noi è rimasto in questi anni come tutti gli altri a GUARDARE ,VERGOGNA di Trieste uccidere un figlio che non ha fatto niente…….!!!!!!!!Hanno accontentato le persone FANATICHE. MAMMA DI RICCARDO
9 luglio 2010 a 14:19
E’ un’Italia incattivita, intollerante, meschina, e soprattutto vigliacca… che agita il bastone e arma la mano degli esaltati, ma non ha il coraggio di accettare le conseguenze delle proprie azioni, né di assumersene la responsabilità.
E’ l’Italia becera di quelli che distolgono sempre lo sguardo, che si voltano dall’altra parte per non vedere.
E’ l’Italia codarda di quelli che non vogliono essere coinvolti, che si tappano le orecchie per non sentire. Di quelli che hanno sempre paura (a prescindere) e hanno bisogno di trasformare il mondo in prigioni per sentirsi sicuri.
E’ l’Italietta immonda di quelli che si compiacciono della miseria del Male; di quelli che agitano il cappio; di quelli che “il più forte ha sempre ragione”. Del ‘benpensante’ che non vuole essere disturbato, che non sopporta presenze in dissonanza con il suo ristretto mondo di grettezze quotidiane.
E’ l’Italia miserabile di certi ‘cristiani devoti’ che agitano la croce cercando l’assoluzione, mentre infieriscono sugli inermi.
E’ il mondo che ha schiacciato ed umiliato Riccardo, colpevole di essere migliore. A noi il dovere di ricordarlo.
18 luglio 2010 a 17:30
Vi ringraziamo ,per non dimenticare Riccardo tutti i colpevoli devono essere puniti noi sappiamo che sono molti ,non sono colpevoli solo chi lo ha buttato nel sacco ,ma anche chi teneva il sacco . Riccardo se la aspettava che sarebbe morto ,difatti disse al padre come doveva essere la bara quando sarebbe morto ,alla madre disse che sarebbe venuta molto presto sulla sua tomba a piangere ,di sepellirlo davanti casa sotto l’olivo ..tienimi vicino a te mamma qualsiasi cosa succede ,ora sappiamo perchè aveva questi pensieri ,e aveva ragione ,il biglietto di minaccia di morte lo tormentava , a noi non parlo’ mai di questo , non voleva spaventarci o pensava di risolvere la cosa da solo ,i dottori del centro di salute mentale di Domio volevano dissero portarlo via una volta per sempre ,come mai avevano questa insistenza a chi disturbava la presenza di Riccardo ????? Gli agenti dissero quando era morto –cosi’ non disturberà piu’ nessuno . Allora il loro intervento non era per 2 petardi o per il ferimento di un timpano , mostrato poi dai verbali che queste dichiarazioni erano INFONDATE , i motivi erano ben altri , cosa fa la Magistratura , dove guardano i Giudici ,dove sono le indagini , perchè non ci considerano cittadini Italiani , non vogliono sapere non vogliono vedere . Famiglia Rasman
20 luglio 2010 a 14:58
Stati Uniti: 4 agenti rischiano la pena di morte. hanno ucciso un invalido e un minorenne
lug 14
rasmanriccardoSenza categoria Commenti disabilitati
Quattro agenti della polizia di New Orleans sono stati formalmente incriminati per omicidio per una sparatoria avvenuta in città nel 2005, nei giorni immediatamente successivi all’uragano Katrina, e rischiano l’ergastolo, se non addirittura la condanna a morte. I procuratori federali hanno formalizzato complessivamente 27 capi di imputazione nei confronti di sei poliziotti del Dipartimento di New Orleans, e per quattro di loro è stato configurato il reato di omicidio. Gli episodi a cui le accuse fanno riferimento riguardano l’uccisione a New Orleans di due persone, un uomo di 40 anni con problemi di disabilità, e un ragazzo minorenne di 17 anni. Furono uccisi a colpi d’arma da fuoco, e secondo i procuratori federali gli agenti incriminati lo fecero intenzionalmente.
Per questo per i quattro incriminati si potrebbe addirittura arrivare alla pena di morte, mentre gli altri due sono accusati di aver cercato di ostacolare le indagini e rischiano un lungo periodo di carcere. I procuratori federali nel formalizzare le accuse hanno precisato che gli agenti al momento degli omicidi erano armati con fucili d’assalto AK-47 e che utilizzarono le loro armi in due episodi distinti, a poca distanza l’uno dall’altro. Il ministro della Giustizia Usa, Eric Holder, alla luce di queste incriminazioni, in una conferenza stampa a New Orleans ha dichiarato: «Abbiamo fatto un grosso passo avanti nell’amministrazione della giustizia, nel rafforzamento della pubblica sicurezza, e nel ripristino della fiducia nei confronti del dipartimento di polizia di questa città. Non tollereremo comportamenti sbagliati da chi ha giurato di proteggere la sicurezza pubblica».
(http://www.leggo.it/articolo.php?id=72486)
Più estesamente, in inglese:
http://news.yahoo.com/s/ap/20100714/ap_on_re_us/us_katrina_bridge_shootings
21 luglio 2010 a 01:19
Di sovente accade che, al di là delle buone intenzioni di facciata, certi “comportameni sbagliati” vengano tollerati eccome; d’altra parte, perfino incoraggiati, quanto meno indirettamente, con l’implicita garanzia di una sorta di impunità di fatto, che si traduce nella sospensione delle garanzie, sostituite da una specie di ‘diritto di polizia’… Certe sentenze e determinati fatti di cronaca stanno lì a dimostrarlo.
21 luglio 2010 a 17:33
Trieste:Licenza per assassinare? Dieci uomini in uniforme stroncano la vita di un invalido militare. Riccardo Rasman. I suoi genitori vivevano in una cittadina vicino a Trieste . La guerra ha cambiato i confini e loro si sono trovati in uno stato totalitario comunista . Allora fecero una scelta come molti altri Italiani :abbandonarono tutto quello che avevano per venire a vivere nel loro paese ,I’Italia . Riccardo fu allevato a Trieste .Sano ,laborioso ,allegro ,affettuoso,come i suoi genitori e sua sorella. Durante il servizio militare in Aeronautica gli si sviluppo’ un grave scompenso mentale in conseguenza di gravi atti di nonnismo subiti fisicamente psicologicamente. Lo stato riconobbe la grave condizione ,80% di invalidità e di conseguenza gli assegno’una pensione di invalidità in relazione al suo servizio militare . Per una persona che soffre di disturbi mentali a Treste la vita è molto più difficile che in qualsiasi altro posto . Trieste è la città dove l’ospedale psichiatrico è stato distrutto senza creare alternative,condannando il malato alla strada ,alla prigione ,alla morte . I leggendari PSICHIATRI diTrieste usano metodi molto strani di trattamento .Continuavano a dire alla famiglia che se Riccardo mostrava segni di aggressività dovevano denunciarlo alla polizia .Lo hanno pure scritto sulla cartella clinica . Ma Riccardo subi’ anche altre cattiverie ,da altre persone .Riccardo aveva monocale dell’Ater ,che usava raramente .Un giorno trovò affisso sulla porta un biglietto con una scritta :” per morto Riccardo vedrà tra qualche tempo questa posizione “ Questa scritta a mano libera ,ci sono anche due date diverse che rivelano perchè di tanta rabbia . Una sera Riccardo saluta i suoi genitori dicendo ci vediamo fra qualche ora vado a dare un’ occhiata al monolocale e poi vado a cena da amici. Era quasi un mese che non ci andava .ERA appena entrato in casa con lui aveva il suo cane si toglie le scarpe gli da, da mangiare al cane sente un botto davanti alle sue finestre esce sul terazzino e vede il suo vicino Cavallaro Roberto che dal suo terrazino con la Romina Pollanz figlia del custode che abita al nono piano gridare come una pazza ,se non smetti di buttare petardi chiamiamo la polizia , chi SA cosa avrà pensato Riccardo,???? avranno bevuto!!!!.Lui non sa che di sotto c ‘erano già 2 agenti che avevano pensato di inventarsi il ferimento di un timpano .LA madre di Romina sapeva già tutto ,-anche per questo c’è una spiegazione- e dal 9 piano chiama la centrale dicendo che al 4piano c ‘era Rasman che buttava petardi ,grossi petardi come bombe. Ma non menziona del ferimento a sua figlia ,difatti se era sul terrazzino al 4 piano non c’era nessun ferimento. Ora ci chiediamo chi ha buttato i petardi se i 2 petardi sono scoppiati davanti alle finestre di Riccardo.?????? Domanda interessante che ha una risposta . Non serve raccontare cosa è sucesso in seguito lo sapiamo bene ,ma è interessante sapere le affermazioni di almeno 2 agenti dopo che Riccardo era morto “cosi’non disturberà più nessuno” COSI ‘viene da chiedersi a chi dava cosi’ fastidio da portarlo sino alla morte???? perchè i giorni sucessivi i vicini hanno dichiarato che non avevano più vita da quando Riccardo abitava li’ che era sempre ubriaco ,è dimostrabile che non dissero la verità. Dissero che quella sera lo avevano visto bere in cucinino questo è falso, non potevano vedere l’interno perchè i vetri del cucinino sono bianchi non trasparenti ,come si può notarlo anche dalle foto sul giornale Piccolo. L’aptosia difatti dimostrò che non aveva alcool in corpo noi abbiamo trovato una bottiglia di cocacola ,e le foto fatte quella sera dimostrano che nel frigorifero non c’era nulla da mangiare ,questo conferma anche che non era mai li .ma hanno avuto anche il tempo di mettere una bottiglia vuota di vino fuori dalla porta ,per far vedere che era fuori di se , proprio una cattivera per far vedere quello che non c’era .Comunque anche se Riccardo avrebbe fatto dei danni non era questo il modo di agire non erano autorizzati a ucciderlo ci sono i tribunali a posta per giudicare i trasgressori e la pena di morte non esiste nel nostro paese ancora ,ameno che non abbiano eseguito un ordine superiore , difatti dissero che avevano fatto il loro dovere ,il dovere si fa quando c’è un comando .Se per 2 petardi meritava la morte ,loro che lo hanno massacrato cosa meritano???? L’ispettore Ragazzi Paolo cosa merita che si è inventato il ferimento di un timpano ??? E’straordinario come hanno pensato di fare, solo una mente studiata poteva modificare sul posto i reali fatti ,scritti in seguito però nei verbali. Pensavano che nessuno mai li leggerà ?? ci dispiace questa e stata una idea azzardata. FAMIGLIA RASMAN http://riccardorasman.altervista.com
4 febbraio 2012 a 00:27
Dai un distintivo e una pistola ad uno stronzo ignorante a vrai fatto di lui un delinquente.
ACAB! ACAB! ACAB!
Vi spaccheremo il culo!